l'analisi

Netflix rimane il re dello streaming, ma le idee dove sono?

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Non è stata una bella cerimonia degli Oscar per lo streaming. Solo una striminzita statuetta è andata a Netflix, per il corto La meravigliosa storia di Henry Sugar di Wes Anderson, ma diciamo che non si trattava propriamente del candidato su cui l’azienda puntava di più.

Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui..

Non è stata una bella cerimonia degli Oscar per lo streaming. Solo una striminzita statuetta è andata a Netflix, per il corto La meravigliosa storia di Henry Sugar di Wes Anderson, ma diciamo che non si trattava propriamente del candidato su cui l’azienda puntava di più; è stato infatti del tutto ignorato Maestro, il biopic su Leonard Bernstein di e con Bradley Cooper (sette nomination e nessun premio). Ad Apple TV non è andata meglio, anzi, considerando che aveva un peso massimo – in tutti i sensi, se consideriamo la durata di tre ore e mezza – come Killers of the flower moon: dieci candidature per il film di Martin Scorsese, rimasto pure lui a bocca asciutta.

Non una sorpresa, considerando che il thriller con De Niro e Di Caprio non era andato benissimo già nella stagione dei premi che precedono gli Oscar (come i Golden Globes), ma comunque un segnale. Sono lontani i fasti dell’anno scorso, quando Niente di nuovo sul fronte occidentale aveva fatto il pieno. E come ogni volta, in base ai risultati, ci si interroga su cosa questo significhi: è il ritorno del grande cinema nelle sale? È l’antipatia di Hollywood verso quelli che sono ancora considerati come dei parvenu? È il segnale che la tv streaming ha finito le idee? Nulla di questo, o un po’ di tutto?

Sono finite le guerre dello streaming?

Certo, Oscar a parte, guardando i dati la situazione per Netflix – che ha rinsaldato la sua posizione di dominio – appare rosea. Il colosso ha consolidato la sua posizione di leader nel settore dello streaming a pagamento, potendo vantare 260 milioni di clienti a livello mondiale, un numero ben superiore a quello dei suoi diretti concorrenti, e con oltre 13 milioni di abbonati in più nel solo quarto trimestre. Dal canto loro, le azioni di Netflix hanno registrato un’impennata di circa il 90% nell’ultimo anno, raddoppiando quasi il loro valore, segnale di una fiducia rinnovata da parte del mercato. Per questo, in tanti hanno dichiarato conclusa la cosiddetta guerra dello streaming, con la “N” rossa a trionfare: a sostegno della tesi, anche il fatto che i viali stiano concedendo in licenza più programmi di un tempo a Netflix, tra cui anche vecchi successi di HBO come Six Feet Under o Insecure, dopo anni di esclusiva per le proprie piattaforme proprietarie. Anche altre strategie, come la lotta sempre più intensa alla condivisione delle password e l’introduzione di un piano supportato da pubblicità più economico per attrarre il pubblico più attento ai costi (a proposito: su SOSTariffe.it si possono trovare i piani più convenienti per lo streaming tv di questi mesi), hanno permesso di arrivare ai risultati attuali. Così, l’utile netto è passato da 55 a 938 milioni di dollari nel quarto trimestre, grazie a un aumento dei ricavi del 12,5%.

L’adolescenza dei millennial, il target perfetto

C’è la tentazione di dire che con numeri così floridi (o con un rivale così irraggiungibile) non c’è da preoccuparsi più di tanto dei contenuti, per nessuno dei concorrenti. Meglio ancora, andare sull’usato sicuro: visto che alcuni franchise sono stati spremuti a sufficienza – il Marvel Cinematic Universe perde colpi su colpi, e anche Star Wars forse non ha più molto da dire – niente di meglio di giocare sull’effetto nostalgia dei millennial, riesumando in altre forme alcuni dei fumetti e dei cartoni a cui sono più affezionati fin dai tempi dell’adolescenza. E così rieccoci con la versione live action di Avatar: the Last Airbender, One Piece (da poco rinnovato per una seconda stagione), Percy Jackson e Scott Pilgrim vs. the world.

Nonostante gli ottimi dati di visione, la qualità di queste rivisitazioni non è sempre stata all’altezza delle aspettative. Alcune serie, malgrado il buon seguito, sono state criticate per la loro eccessiva fedeltà al materiale originale (senza rischi, insomma) o per la gestione un po’ affrettata della narrazione. Una tendenza che ha portato a una riflessione sul valore creativo effettivo di questi adattamenti, con alcuni critici che hanno messo in discussione la loro necessità.

All’orizzonte c’è anche la sostenibilità

C’è da dire che il finanziamento della produzione di contenuti originali richiede investimenti colossali, e che lo sciopero degli sceneggiatori di certo non ha aiutato chi voleva puntare su storia inedite. Si è fatta, in più di un caso, di necessità virtù. Del resto Netflix ha speso miliardi di dollari in contenuti ogni anno, una strategia che ha certamente pagato in termini di crescita degli abbonati e di engagement, ma che solleva interrogativi sulla sostenibilità finanziaria a lungo termine. Con la concorrenza che aumenta e i margini di profitto sotto pressione, Netflix ora deve trovare un equilibrio tra il continuare ad alimentare la sua crescita attraverso prodotti nuovi e il mantenere una struttura di costi gestibile, che non comprometta la sua salute finanziaria.

Inoltre l’impronta ecologica della produzione di contenuti è diventata fonte di preoccupazione crescente. La produzione cinematografica e televisiva è un’industria ad alta intensità energetica, e mentre Netflix si è impegnata a raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette di gas serra entro il 2022, il percorso verso una vera sostenibilità ambientale è complesso. L’aspetto della sostenibilità è sempre più importante non solo per gli investitori e i regolatori, ma anche per un pubblico globale sempre più consapevole delle questioni ambientali.

Le chiavi per il futuro dello streaming

La sostenibilità, nel contesto dello streaming, comprende anche la capacità di mantenere una base di abbonati in crescita in un mercato saturo. L’introduzione di un piano supportato da pubblicità mira a rendere il servizio accessibile a un pubblico più ampio, ma solleva domande su come questa mossa influenzerà l’esperienza dell’utente e la percezione del marchio. La cosiddetta “fatica da abbonamento” tra i consumatori è un problema reale, da quando gli spettatori sono sommersi da una tale abbondanza di opzioni da potersi permettere (da un altro punto di vista sono obbligati, perché avere tutto costa decisamente troppo) di scegliere volta per volta quali servizi attivare.

La prossima era dello streaming, con Netflix in una posizione di leadership, sarà caratterizzata da diversi fattori chiave. Innanzitutto l’innovazione tecnologica continuerà a giocare un ruolo cruciale. La piattaforma ha già esplorato formati interattivi, come visto in Bandersnatch di Black Mirror, e si prevede che sperimentazioni simili diventino più frequenti, per coinvolgere il pubblico in modi sempre più immersivi.

Inoltre l’espansione globale e la localizzazione dei contenuti saranno essenziali per conquistare mercati emergenti e diversificare l’offerta. La popolarità di serie non anglofone su Netflix, come La Casa de Papel (Spagna) e Squid Game (Corea del Sud), dimostra l’appetito crescente per storie diverse e culturalmente innovative. Infine, l’industria dello streaming si muoverà inevitabilmente verso una maggiore integrazione con altre forme di media e tecnologia. La convergenza tra piattaforme di streaming, social media, gaming e realtà virtuale/aumentata offrirà nuove opportunità per creare esperienze di intrattenimento: rimane da vedere se tutto questo basterà a far dimenticare un’originalità sempre più difficile da trovare.

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