La net neutrality, nata negli Usa per volontà di Obama ma poi abolita da Trump, è in vigore nella Ue da più di due anni. Un bilancio della legge da parte della commissione Europea è fissato per quest’anno, ma sarà magro. I politici di Bruxelles avevano fatto molte promesse, sostenendo che la Net neutrality avrebbe portato più innovazione e avrebbe contribuito a difendere i diritti degli utenti, ma a quanto pare “la legge sta producendo il risultato opposto”. John Strand, fondatore e Ceo della società di consulenza Strand Consult, boccia senza mezzi termini la Net neutrality europea, affermando che di fatto la legge viene usata dai regolatori “per restringere i prodotti e i servizi Internet che i consumatori vogliono, mentre le piattaforme della Silicon Valley hanno aumentato le loro quote di mercato nella Ue. Inoltre, il gap d’investimento digitale è cresciuto e l’Europa è 2 anni in ritardo rispetto agli Usa e all’Asia nel rollout del 5G”, si legge nel report di Strand Consult “Net Neutrality in EU after 2 years: Why the operators keep losing the battle against net neutrality regulation”.
Nel mirino di Strand Consult finisce il Berec (Body of European Regulators for Electroinc Communications), l’organismo che raccoglie le diverse Autorità nazionali, reo a suo dire di reinterpretare la legge per realizzare la sua personale visione di internet in modo poco trasparente.
Come?
In primo luogo, secondo la società di consulenza danese, l’obiettivo del Berec è creare un regime regolatorio de facto sulla misurazione della velocità di Internet “per favorire alcuni tipi di tecnologie rispetto ad altre, una chiara violazione della neutralità tecnologica prevista dalla normativa Ue”, sostiene Strand.
In secondo luogo, il Berec promuoverebbe monitoraggi gratuiti di velocità delle reti e pratiche di traffic management con strumenti di misurazione finti in crowdsourcing. “L’obiettivo è creare lamentele da parte degli utenti rispetto al mancato raggiungimento degli obiettivi di velocità che sono poi inviati in automatico ai regolatori, in modo tale che gli operatori vengano penalizzati di conseguenza”. Eppure, è il Berec stesso a dire che le app di misurazione della qualità della rete non sono accurate.
Per quanto riguarda lo zero rating – la pratica di fornire l’accesso a Internet gratis a certe condizioni, ad esempio permettendo l’accesso soltanto a certi siti web o sovvenzionando il servizio tramite pubblicità – il report dà conto dei paesi dove questa pratica viene criminalizzata anche se la Ue la permette e quali regolatori sono stati per questo portati in tribunale.
Secondo il report, la Net neutrality penalizza la sicurezza delle reti e gli sforzi degli operatori per proteggere i consumatori, che sarebbero penalizzati anche sul fronte della privacy visto che il Berec “vuole sorvegliare la rete tutto il tempo in violazione degli articoli 8, 9 e 10 della Convenzione Europea dei diritti umani”.
Per quanto riguarda le violazioni riscontrate, l’entità delle sanzioni varia da migliaia a milioni di euro per un’infrazione, in violazione degli standard europei della concorrenza Ue.
Il report espone poi “la falsa convinzione dei legislatori europei secondo cui la velocità di internet migliorerà in modo lineare e indefinita, a prescindere dal fatto che l’utente desideri acquistare velocità maggiori e indipendentemente dalle applicazioni di cui hanno bisogno. L’attenzione del regolatore per la velocità impedisce agli utenti di scegliere e siglare i contratti che preferiscono in base a prezzo flessibile, qualità del servizio, sicurezza, durata e così via”.
I gruppi e gli stakeholder preferiti dal Berec sono organizzazioni come “AccessNow, EDRi, ISOC e il BEUC. Tutti tranne il BEUC sono finanziati da Google, anche se il Berec sostiene che questi gruppi rappresentano la voce dei consumatori, che al contrario sono invece gli utenti degli Isp. Ma purtroppo la voce di Google pesa di più di quella dei consumatori europei”, chiude Strand Consult.