La questione della Net Neutrality – ossia il principio che qualsiasi contenuto web debba essere trattato allo stesso modo, senza blocchi o restrizioni di sorta – approderà alla Corte Suprema americana.
Ieri, un tribunale californiano ha confermato la validità delle norme varate dall’Autorità di settore – la FCC – a tutela della natura ‘aperta’ di Internet, stabilendo che i fornitori di servizi a banda larga devono agire come “piattaforme neutrali e indiscriminate” e non potranno, quindi, bloccare o limitare il traffico internet né fornire ai provider che lo volessero le cosiddette ‘corsie privilegiate’ a pagamento.
Principi che sono stati pubblicamente sostenuti anche da Barack Obama, che nel 2014 si è schierato apertamente in favore della riclassificazione della banda larga come servizio pubblico, per garantire a tutti parità di condizioni.
Il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest ha sottolineato come “la sentenza è una vittoria per Internet aperto, equo e libero come la conosciamo oggi, che rimane aperto all’innovazione e alla crescita economica, senza che i fornitori di servizi agiscano da custodi a pagamento”.
Ovviamente soddisfatte anche le web company, da Google a Facebook, da Amazon a Uber, che hanno salutato la sentenza come une “decisione storica per internet” perché garantisce che “su un internet libero e aperto non ci sia posto per contenuti prioritari, blocco o discriminazione del traffico”.
Le web company – Google in particolare – sono state protagoniste anche in Europa di una forte azione di lobbying per favorire le loro posizioni, che alla fine sono prevalse anche nella stesura delle nuove regole europee in materia di net neutrality.
Il presidente della FCC, Tom Wheeler – che ha sposato la ‘linea dura’ di Obama – ha celebrato la sentenza arrivata “dopo un decennio di dibattito e di battaglie legali”, definendola una “vittoria per i consumatori e gli innovatori che meritano libero accesso a tutta la rete”.
Il candidato alla Casa Bianca Bernie Sanders, su Twitter ha dichiarato soddisfazione per la decisione dei giudici, che “garantisce che la democrazia non possa essere consegnata al miglior offerente”
Le norme sono state invece aspramente criticate dagli operatori telefonici, che le hanno osteggiate proprio come le telco europee hanno fatto con quelle della Commissione europea, e anche dai Repubblicani. Il senatore texano Ted Cruz, ad esempio, le ha battezzate ‘l’Obamacare per Internet’.
AT&T ha subito annunciato che presenterà ricorso contro la sentenza, nella convinzione che la decisione definitiva spetti alla Corte Suprema.
La CTIA, l’associazione che riunisce i principali operatori, sulla falsariga di quanto dichiarato anche da quelli europei merito alle norme della Commissione Ue, ha dichiarato che se “gli Stati Uniti vogliono restare leader globali, c’è bisogno di regole che promuovano il 5G e l’Internet delle Cose senza sottoporre le aziende del wireless alla regolamentazione ‘congela-investimenti’ dei servizi pubblici”.
Per la United States Chamber of Commerce (USCC), una lobby generalmente vicina alle posizioni repubblicane, la FCC sta “essenzialmente trasformando un intero settore, in questo caso internet, da impresa innovativa e soggetta a una regolamentazione leggera che ha fatto enormi investimenti in questo paese, in un servizio pubblico soggetto ai capricci dei regolatori”.
Posizioni, insomma, quanto mai divergenti. La battaglia è lungi dall’essere terminata. Tocca ora alla Suprema Corte dire l’ultima parola.