La Federal Communications Commission (FCC) ha pubblicato ieri sul Registro Federale (La Gazzetta Ufficiale Italiana) la norma del governo che di fatto smantellerà la neutralità della rete. Viene confermata così la volontà espressa lo scorso dicembre tramite votazione, di smantellare le norme volute dall’ex presidente Barack Obama nel 2015 per proteggere la libertà in Rete. Si tratta di un momento fondamentale, perché dà il via alla prossima fase della lotta sul futuro di Internet.
A dicembre, la FCC aveva votato per abrogare le sue regole di neutralità della rete per i provider di Internet – una mossa volta a deregolamentare il settore e consentire ad aziende come AT& T e Verizon di rallentare legalmente i siti web, bloccare le app e persino addebitare tariffe extra alle società che producono contenuti (come Netflix che utilizzano porzioni di banda molto ampie) per avere priorità di accesso agli schermi dei consumatori.
Adesso, scattano dunque i 60 giorni di tempo, durante i quali il Congresso può provare a varare una legge in grado di ribaltare la decisione della FCC sullo smantellamento della neutralità della rete, che ha scatenato le proteste di milioni di americani e di alcuni big dell’high tech: Google, Netflix e Facebook compresi. Una finestra relativamente breve in cui i legislatori potrebbero cercare di bloccare la FCC. Ma gli analisti dicono che è improbabile anche se i democratici riuscissero ad approvare un legge in Congresso, controllato dai repubblicani, il presidente Donald Trump quasi certamente non vorrà firmarlo.
Oltre i democratici sono sul piede di guerra attivisti e procuratori generali di stati americani, che con la pubblicazione della norma potranno far scattare i ricorsi. “Molti di questi arriveranno entro i prossimi 10 giorni“, ha dichiarato Harold Feld, vicepresidente senior del gruppo di difesa dei consumatori Public Knowledge. Infatti, giovedì un certo numero di gruppi ha presentato petizioni contro la FCC, tra cui Public Knowledge, la California Public Utilities Commission e un gruppo di 22 procuratori generali dello Stato guidati da Eric Schneiderman, procuratore generale di New York.