Per avere ben chiaro davanti a sé il livello di inquinamento e di rischio per la salute, soprattutto di soggetti a rischio, può essere utile avere un’immagine, il più possibile accurata dello spazio urbano in cui ci muoviamo quotidianamente.
Un’immagine che si compone di un gran numero di dati, raccolti, trasmessi ed elaborati attraverso tecnologie dell’Internet of Things (IoT), a loro volta integrate ad altre soluzioni già impiegate sul territorio.
Si tratta di centraline di monitoraggio a basso costo (low cost), sia fisse, sia mobili, che vanno ad integrarsi a quelle preesistenti installate dall’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Campania (Arpac).
La ricerca ENEA
A questo lavorano i ricercatori del Centro ENEA di Portici, in collaborazione con l’Università di Napoli Federico II, nell’ambito del progetto “Air-Heritage”, finanziato con 4,1 milioni di euro dal terzo bando europeo “Urban Innovative Actions”, per sviluppare il modello “Air quality site suitability map” (ricerca pubblicata sulla rivista scientifica “Atmosphere“).
I dispositivi mobili utilizzati impiegano tecnologia IoT per acquisire dati sugli inquinanti, per la trasmissione e la raccolta degli stessi, e per la loro visualizzazione successiva.
I “nasi IoT” per il monitoraggio dell’inquinamento in città
Grazie alla tecnologia low cost, sono state concepite delle stazioni di monitoraggio fisse, molto economiche, che integrano sul territorio urbano quelle Arpac. In aggiunta c’è la possibilità di utilizzare device mobili con funzione di monitorare l’esposizione delle persone all’aria che respirano su scala urbana. Stazioni che possono essere anche mobili, se posizionate su automobili e altri veicoli.
Il fenomeno dell’inquinamento è a grande scala, ma con variabilità spaziale e temporale decisamente locale.
Questa variabilità locale e stradale deve essere misurata in tempo reale e va catturata e monitorata grazie alle stazioni fisse. Da qui si parte per costruire le mappe urbane ad alta risoluzione dell’inquinamento a livello di strada.
Il Centro Enea ha utilizzato per questo studio, oltre le stazioni fisse, magari presso i centri commerciali o i punti chiave di snodo della città, anche dei sensori mobili chiamati “MONICA”, acronimo che sta per “MONItoraggio Cooperativo della qualità dell’Aria”.
Possiamo immaginare tanti cittadini che si muovono portando questi device con sé, in uno zaino o sulla bicicletta, durante i loro percorsi quotidiani, quasi a formare una flotta di sensori, che hanno modo di verificare l’esposizione del soggetto allo smog e allo stesso tempo ci consentono di acquisire il dato generale sugli inquinanti e di accumularlo in appositi storage, fino alla sua elaborazione.
Le mappe 3D per capire il territorio: l’effetto canyon
Partendo da questo è stato costruito il modello 3D dell’edificato, della vegetazione e della rete stradale della città di Portici, derivando la geometria degli edifici e delle strade che ha permesso ai ricercatori di localizzare gli ‘effetti canyon’ sull’intera città.
L’effetto canyon dipende dalla conformazione della strada cittadina, che è definita da una certa proporzione tra larghezza della stessa e altezza degli edifici che la incorniciano. Una strada poco ventilata, stretta tra il muro delle costruzioni, potrebbe accumulare inquinanti e aumentare il livello di rischio per la salute dei cittadini che si muovono a livello stradale.
Integrando questa informazione con il flusso veicolare giornaliero, simulato sull’intera rete stradale urbana, sono state identificate le aree hot spot caratterizzate da un’alta variabilità spaziale locale degli inquinanti. Queste aree rappresentano sostanzialmente i siti idonei all’installazione della rete di centraline.
Un database 3D del territorio nazionale: il progetto Lidar
Fondamentale per la realizzazione di mappe ad alta definizione delle aree urbane è l’utilizzo delle tecnologie 3D. Tremite lo sviluppo di queste immagini possiamo avere un’idea abbastanza precisa delle aree che vanno meglio monitorate, con più continuità, proprio per catturare la variabilità del dato locale sull’inquinamento.
Per questo è necessario a livello nazionale avere a disposizione e accessibile un database di modelli 3D relativi al territorio, soprattutto alle aree urbane. Sarebbe una fonte di dati su cui costruire piani di azione e di intervento, non solo a livello di ricerca, ma anche di amministrazione pubblica, per migliorare la qualità dell’aria o il livello di efficienza energetica degli edifici, ad esempio.
Utilità del “Dato Lidar“
Il ministero dell’Ambiente offre il dato “Lidar” attraverso il geoportale nazionale. Se ben sfruttato si possono ottenere modelli di superfici urbane da cui estrarre informazioni di dettaglio molto utili per affrontare le criticità del territorio. Ad esempio, calcolando l’ombra vegetativa su un edificio si può capire dove meglio collocare un impianto fotovoltaico per aumentarne al massimo efficienza e capacità.
Una tecnologia molto utile (con dettaglio al centimetro) per la progettazione delle opere pubbliche su un territorio, per il monitoraggio della copertura forestale, per la difesa del suolo, per lo studio del dissesto idrogeologico, dell’impatto dei cambiamenti climatici sulle nostre città, perchè lo stesso dato relativo all’intensità dell’irraggiamento solare, integrato a quello delle superfici in ombra, ci può dare informazioni significative sull’effetto isola di calore in estate e su come attenuarlo.