Qualche decennio fa pensavamo che la Rete ci avrebbe portato oltre i limiti della cultura di massa, verso un’intelligenza collettiva fondata sulla circolazione orizzontale e democratica del sapere. Quell’utopia si è sgretolata di fronte a una serie inquietante di misfatti e miserie umane: fake news, spionaggio, odio e paranoie complottiste.
Se dovessimo cercare una razionalità nella connettività digitale, dovremmo rivolgere l’attenzione all’apparato tecnico che supporta il business dei big data. Un sistema che capitalizza il malessere del soggetto contemporaneo, il suo isolamento, le sue derive narcisistiche, il suo dinamismo sregolato sotto il comando del godimento.
È possibile spostare i mezzi tecnologici verso altri fini? Oppure, per sfuggire all’alienazione, sarebbe meglio disconnettersi? E se invece scoprissimo, attraverso gli strumenti critici della filosofia e della psicoanalisi novecentesca, che la questione centrale riguarda proprio la nostra incapacità di creare una dimensione sociale comune?
(Dalla quarta di copertina)
Pablo Calzeron, è laureato in Filosofia teoretica all’Università degli Studi di Milano con una tesi sul rapporto tra le strutture dell’intelligenza e le tecnologie della connettività. Dopo aver iniziato a lavorare nell’ambito dell’editoria multimediale nel gruppo Rcs, è entrato nella redazione del quotidiano “Il Secolo XIX”, diventando giornalista professionista nel 2008.