Nafta, chiuso capitolo su norme anticorruzione
29 gen 10:59 – (Agenzia Nova) – L’ultimo round dei negoziati per il rinnovo del Nafta, tenuti a Montreal, hanno portato alla chiusura di un unico capitolo, quello sulle misure anticorruzione. Un raccolto non molto proficuo per un incontro che le parti avevano definito “cruciale”. “Ci stiamo muovendo nella giusta direzione, ma c’e’ molta strada da fare”, ha riassunto questo fine settimana Steve Verheul, capo negoziatore canadese. “Stiamo ancora parlando e questa e’ la cosa principale.” In una negoziazione come questa, i progressi sono misurati dal numero di parentesi nei testi, ognuna delle quali delimita i punti in cui ci sono discrepanze. Il loro numero e’ dunque inversamente proporzionale alla probabilita’ di accordo. “In molti testi siamo riusciti a ridurle della meta’”, ha detto un negoziatore messicano nei corridoi dell’hotel che ospita i colloqui, sforzandosi di mostrare ottimismo. Dall’inizio del colloquio, la prudenza e il basso profilo dei negoziatori statunitensi a Montreal contrasta con il rumore che Trump solleva ogni volta che parla del trattato. I negoziatori difficilmente hanno un margine di manovra: tutto dipende da Trump, Wilbur Ross o Lighthizer, il suo braccio destro nel commercio internazionale. Da qui l’importanza delle riunioni bilaterali e trilaterali questo lunedi’. In questo contesto, la probabilita’ che le trattative si estendano fino al 2019, a meta’ del mandato di Trump, con un nuovo governo in Messico e oltre un anno dopo la data originariamente programmata per la fine dei colloqui, e’ cresciuta fortemente nelle ultime ore. Il Messico e il Canada sono disposti a cancellare alcune delle loro linee rosse al fine di raggiungere un accordo. Che sia o non sia sufficiente, solo il presidente americano e la sua cerchia piu’ vicina possono saperlo.
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Usa, i gruppi dei fratelli Koch abbandonano la battaglia alla riforma sanitaria
29 gen 10:59 – (Agenzia Nova) – L’organizzazione politica dei miliardari fratelli Koch, la American for Prosperity (think tank di estrema destra che raccoglie fondi delle industrie e distribuisce ai candidati conservatori) avrebbe deciso di abbandonare l’idea di “uccidere” la riforma sanitaria (Affordable Care Act, Aca), una battaglia per la quale ha speso oltre 200 miliardi di dollari negli ultimi dieci anni. E’ quanto riporta il quotidiano “Wall Street Journal”, precisando che l’organizzazione spostera’ ora il suo focus sul sostegno a proteggere le maggioranze repubblicane di entrambe le Camere del Congresso in vista della sfida elettorale di novembre 2018. Koch Industries con sede a Wichita, in Kansas, e’ un colosso petrolchimico fieramente avverso alle normative sull’ambiente. Uno dei due fratelli, David, e’ stato il principale finanziatore del Tea Party (movimento populista anti-tasse, anti-stato nato nel 2009 in opposizione all’amministrazione Obama, alla riforma sanitaria in particolare). David e’ anche l’eminenza grigia di American for Prosperity. I due fratelli inizialmente dubbiosi sul candidato Donald Trump, oggi lo sostengono. I fratelli Koch sono una coppia dichiaratamente conservatrice, hanno un patrimonio di oltre 48 miliardi di dollari ciascuno (secondo la rivista Forbes) e controllano le industrie Koch, il secondo gruppo privato Usa. Il nuovo obiettivo dei Koch e’ ora valorizzare e pubblicizzare la recente riforma fiscale varata alle fine del 2017.
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Gran Bretagna, i nodi della Brexit vengono al pettine ed il governo e’ nella tempesta
29 gen 10:59 – (Agenzia Nova) – Il cancelliere allo Scacchiere britannico Philip Hammond e la stessa premier Theresa May sono ormai apertamente sotto attacco: le prese di posizione politica registrate nello scorso fine settimana sul futuro della Brexit riempiono le prime pagine di tutti i giornali e segnalano tempesta per il governo. Il quotidiano “The Times” in particolare riferisce che gli esponenti della corrente piu’ euroscettica del Partito conservatore hanno iniziato uno sforzo co-ordinato per discreditare soprattutto il cancelliere Hammond in vista della presentazione ai ministri delle prime analisi sull’impatto che avrebbero per l’economia del paese le diverse versioni della Brexit. Questa settimana la squadra di funzionari governativi che ha lavorato alle analisi ne esporra’ le conclusioni in riunioni con ognuno dei ministri del Gabinetto, alle quali partecipera’ il consigliere della premier Theresa May per gli Affari europei, Oliver Robbins: si trattera’ di riunione a porte chiuse, al termine delle quali nessun documento non sara’ lasciato nelle mani dei ministri per evitare che filtrino all’esterno; il governo poi ne discutera’ collegialmente mercoledi’ 7 febbraio. Secondo il “Times”, le analisi elaborate mostrano che l’ipotesi di una “hard Brexit” danneggerebbe enormemente il paese, provocando anni di stagnazione economica: i conservatori euroscettici hanno quindi gia’ messo le mani avanti, avviando una polemica che appunto sta prendendo di mira Hammond. Secondo il quotidiano laborista “The Guardian”, rischia molto anche la May: gli euroscettici sono arrivati a minacciarla di un voto di sfiducia che ne provocherebbe la caduta. A suscitare l’aperta ribellione di molti membri del partito Tory sarebbe l’intenzione della May, rivelata dai suoi piu’ stretti collaboratori, di evitare del tutto nelle prossime settimane di affrontare il tema della Brexir: in particolare, scrive il giornale, a provocare le loro furiose reazioni e’ l’annunciata intenzione della premier di parlare solo della futura cooperazione con l’Europa nel campo della difesa e della sicurezza in una conferenza in calendario il mese prossimo a Monaco di Baviera. Ad alimentare le preoccupazioni dei “Brexiteers” sono poi le critiche e le indiscrezioni arrivate da Bruxelles: il quotidiano economico “The Financial Times” riferisce i timori espressi dai funzionari britannici ed europei impegnati nelle trattative sul divorzio, secondo cui il tentativo della Gran Bretagna di ottenere un diritto di veto sulle future direttive legislative dell’Unione europea rischia di far deragliare i negoziati e di ritardare notevolmente il raggiungimento di un accordo sul periodo di transizione. Entrambe le parti speravano che le discussioni sarebbero andate avanti speditamente dopo aver superato gli scogli del “conto della Brexit” e della frontiera tra l’Irlanda del Nord britannica e la Repubblica d’Irlanda; ma la crescente insoddisfazione dei Conservatori euro-scettici all’interno del governo di Londra ora mette in pericolo l’obbiettivo della premier Theresa May di raggiungere entro il mese di marzo un accordo di principio sulla transizione. Secondo un alto funzionario governativo europeo citato dal “Financial Times”, i britannici stanno “facendo perdere tempo a tutti” alla ricerca di un meccanismo alternativo a quello proposto dall’Ue. A peggiorare il clima sono arrivate le rivelazioni del “Times”, secondo cui i negoziatori dell’Unione europea si aspettano che la Gran Bretagna chieda un piu’ lungo periodo di transizione alla Brexit, ma che tale richiesta sara’ fatta in segreto dal governo di Londra per non provocare una ribellione dei ministri e dei parlamentari piu’ euroscettici del Partito conservatore. Fonti diplomatiche europee fanno sapere che, proprio per andare incontro alle difficolta’ del governo britannico, oggi a Bruxelles gli ambasciatori dei paesi Ue daranno al team di negoziatori, guidato da Michel Barnier, delle linee-guida che non prevedono alcuna data per la fine del periodo di transizione alla Brexit. “Ci vorranno anni”, ha detto al Times” una delle fonti citate: “Nel migliore dei casi saranno almeno tre, piu’ realisticamente ci vorranno cinque anni” di transizione per evitare che il divorzio della Gran Bretagna danneggi irreparabilmente i rapporti economici e commerciali. La durezza dello scontro all’interno del Partito conservatore e del governo e’ testimoniata dal fatto che le polemiche ormai sono scese al livello degli insulti, come denuncia il quotidiano conservatore “The Telegraph” che ha pubblicato il contenuto, di cui e’ entrato in possesso, di alcuni messaggi WhatsApp inviati dalla sottosegretaria all’Energia Claire Perry. In questi messaggi, la Perry definisce “strabici” i conservatori euroscettici che hanno accusato il governo e il gruppo parlamentare di aver “venduto il paese” accettando di pagare all’Unione europea oltre 50 milioni di euro come costo del divorzio della Gran Bretagna. Secondo la sottosegretaria, inoltre, gli euroscettici sono “solo anziani pensionati” che non hanno un mutuo da rifondere o figli da crescere. Le frasi della Perry, scrive il “Telegraph”, non fanno che rendere ancora piu’ corriva una disputa giunta ormai al parossismo e che e’ arrivata a minacciare la stessa leadership della premier Theresa May, che a questo punto dovrebbe mostrare la propria autorita’ e intervenire chiarendo la sua posizione sulla Brexit per non rischiare la caduta del suo Gabinetto.
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Usa, il presidente Trump accenna a ritorsioni nei confronti dell’Europa per politiche commerciale sleali
29 gen 10:59 – (Agenzia Nova) – Il presidente statunitense Donald Trump ha accennato a possibili ritorsioni nei confronti dell’Europa per quelle che ha descritto come politiche commerciali “molto sleali” nei riguardi degli Stati Uniti. Lo riferisce il quotidiano “Wall Street Journal”, menzionando l’intervista che Trump, a margine del Forum economico mondiale di Davos, ha rilasciato all’emittente britannica “Itv”. Il capo della Casa Bianca ha lamentato a piu’ riprese, da quando e’ carica, accordi commerciali a livello mondiale che discriminerebbero gli Usa. In questo contesto, Trump ha recentemente deciso di imporre dazi di importazione su pannelli solari e lavatrici, colpendo soprattutto il continente asiatico. Nel denunciare i problemi commerciali con l’Unione Europea (Ue), il presidente ha sostenuto che una risposta statunitense “potrebbe nuocere” all’Europa. “E’ una situazione di grande slealta’ – ha continuato Trump – noi non possiamo esportare e loro ci inviano i loro prodotti non tassati o con tasse molto basse”. Gli Stati Uniti hanno un significativo disavanzo commerciale con l’Ue. Secondo dati del dipartimento per il Commercio Usa, Washington ha importato piu’ di 93 miliardi di dollari in merci e servizi rispetto a quanto abbia esportato in Europa nel 2016.
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Spagna, la Corte costituzionale chiude tutte le vie per l’elezione di Puigdemont
29 gen 10:59 – (Agenzia Nova) – La Corte costituzionale spagnola ha impedito ieri che Charles Puigdemont possa essere eletto per via telematica o tramite delega. Dopo diverse ore di discussione sul ricorso del governo contro la sua candidatura, i magistrati hanno accettato di chiudere tutte le vie verso la sua investitura, che potra’ avvenire solo se Puigdemont si rechera’ in Parlamento con l’autorizzazione del giudice Pablo Llarena. “Il dibattito e il voto di investitura del deputato Carles Puigdemont come candidato alla presidenza della Generalitat per via telematica o per delega non puo’ avere luogo”, e’ la sentenza della Corte. Allo stesso modo “non si potra’ procedere all’investitura del candidato senza l’autorizzazione del giudice, se e’ in vigore mandato di cattura”. Il che significa che il voto non potra’ essere celebrato se Puigdemont comparira’ a sorpresa in aula evitando le forze di sicurezza. La Corte dichiara “radicalmente nullo e senza valore qualsiasi atto o risoluzione che contravvenga alle misure precauzionali adottate nella presente risoluzione”, recita la sentenza. Carles Puigdemont si trova a Bruxelles dall’ottobre scorso quando la giustizia spagnola ha emesso contro di lui un mandato d’arresto per sedizione e ribellione alla Costituzione spagnola attraverso la dichiarazione di indipendenza.
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Francia, piu’ di 300 filiere di immigrazione clandestina smantellate nel 2017
29 gen 10:59 – (Agenzia Nova) – Nel 2017 in Francia sono state smantellate piu’ di 300 filiere di immigrazione illegale. E’ quanto afferma “Le Figaro”, sottolineando che rispetto all’anno precedente si e’ registrato un aumento del 5,9 per cento e del 67 per cento negli ultimi sei anni. Questo settore e’ considerato come uno degli “obiettivi principali” della Direzione centrale della polizia di frontiera (Dcpaf), che nel 2012 e’ passata da 500 a 600 inquirenti impegnati nella lotta all’immigrazione irregolare. Il quotidiano ricorda che lo scorso marzo la Dcpaf ha smantellato la “Dakar connection”, un network composto da una quindicina di persone implicate nella realizzazione di documenti falsi per l’ottenimento del permesso di soggiorno. I dati diffusi da Interpol indicano che il traffico di esseri umani genera una cifra d’affari di 39 miliardi di dollari all’anno. Secondo le forze dell’ordine i “passeurs” hanno abbandonato la zona di Calais, dove fino a poco piu’ di un anno fa sorgeva un campo abusivo con 10mila migranti, per dedicarsi ad altre “rotte”, come quelle delle autostrade A28 e A16, posizionate sull’asse ovest tra Amiens e Rouen. Nel 2017 sono stati indagati piu’ di 2mila trafficanti.
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Francia, le fratture all’interno del partito dei Repubblicani
29 gen 10:59 – (Agenzia Nova) – “Atmosfera tesa” durante il consiglio nazionale del partito di destra dei Repubblicani, che si e’ tenuto sabato sera a Parigi. Lo riferisce “Le Figaro”, sottolineando le divergenze che ancora sussistono tra la presidente della regione dell’Ile-de-France, Valerie Pe’cresse, e il leader dei repubblicani, Laurent Wauquiez. Il quotidiano parla del “clima elettrico” che si e’ respirato nel corso dell’ultimo “burrascoso” incontro, che ha portato alla luce la “frattura” del partito, tra coloro che reclamano delle idee chiare e coloro che temono una deriva a destra della linea politica del movimento. Nel suo discorso, Wauquiez ha promesso di “rifondare il programma del partito”. Il giornale sottolinea come, durante il suo intervento, il presidente del partito e’ stato “molto applaudito”. Wauquiez ha risposto anche a Mael de Calan e Florence Portelli, suoi avversari alle elezioni di dicembre per la presidenza che pochi giorni fa hanno lamentato un’esclusione dalle nomine dirigenziali del partito. “Non si svendono le idee politiche per un posto al governo” ha affermato il capo della destra francese, aggiungendo che i Repubblicani dovranno andare “fino in fondo” si vorranno raddrizzare il paese.
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Germania, polemiche sul software di Stato per il controllo di smartphone e tablet
29 gen 10:59 – (Agenzia Nova) – Anke Domscheit-Berg, deputata della Linke, ha fortemente criticato il controllo della Rete da parte degli investigatori addetti alla sorveglianza delle telecomunicazioni (Qtku) definendolo un “intervento sproporzionato nei confronti dei diritti fondamentali, che ha un effetto collaterale su tutta l’infrastruttura della comunicazione della nostra societa’”. La parlamentare ha contestato in particolare l’impiego da parte dell’Ufficio federale della polizia criminale (Bka) di un software che consente di sfruttare la vulnerabilita’ di smartphone e tablet per accedere ai dati privati dei sospettati. Tuttavia tali falle si trovano nei dispositivi di tutti i cittadini, e non solo dei criminali. La portata del controllo esercitato dalle autorita’ statali tedeschi sulla vista privata dei cittadini ha suscitato anche le critiche della portavoce dei socialdemocratici Saskia Esken (Spd). Anche i Pirati avevano votato contro l’utilizzo di tale software nell’agosto del 2017. “E’ un’azione contro i diritti fondamentali, la privacy e la liberta’ del popolo. E’ un procedimento che non puo’ essere giustificato”, ha dichiarato Joana Cotar di Alternativa per la Germania (AfD). Il cristiano democratico Thomas Jarzombek (Cdu), al contrario, ha difeso il “trojan di Stato”, definendolo “essenziale per il successo dell’anti-terrorismo”. Ulf Buermeyer, del gruppo per i diritti civili “Societa’ per il diritto alla liberta’”, ha contestato la posizione dell’esponente della Cdu sostenendo che gli investigatori hanno “infiniti modi per effettuare indagini efficaci”, ad esempio accedendo ai metadati. La Corte costituzionale federale ha autorizzato nel 2008 le indagini online, ma ha fissato limiti stringenti. Il liberale Jimmy Schulz (Fdp) ritiene che “da un punto di vista tecnico, sara’ estremamente difficile” rispettare i limiti voluti dal legislatore.
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Sicurezza cartolarizzata per l’euro
29 gen 10:59 – (Agenzia Nova) – Una combinazione di salvataggi da parte degli Stati e della politica monetaria morbida da parte della Banca centrale europea (Bce) hanno contribuito a tenere in piedi l’eurozona a seguito della crisi finanziaria del 2008. Per gli economisti, pero’, non e’ il caso di abbassare la guardia: “Non dovremmo rilassarci. Anche se la moneta unica e’ un successo, non e’ ancora completa”, ha dichiarato Philip Lane all'”Handelsblatt”. Il governatore della Banca centrale irlandese ha presieduto un gruppo di lavoro del Consiglio europeo per il rischio sistemico, che presentera’ una proposta di 300 pagine per rendere l’area dell’euro piu’ sicura. Al centro dell’idea vi e’ la possibilita’ di escludere le obbligazioni denominate in euro da questo piatto e di cartolarizzare tre tipologie di nuove obbligazioni con rischi e rendimenti diversi. L’obiettivo e’ impedire alle banche di acquistare obbligazioni del proprio governo, il che puo’ portare a una spirale al ribasso nelle situazioni di crisi. Il Comitato per il rischio sistemico e’ stato istituito in seno alla Banca centrale europea (Bce) nel 2010. La nuova proposta fa parte di una lunga serie di tentativi di attrezzare l’eurozona contro nuove crisi. Questo argomento dovrebbe svolgere un ruolo importante nelle discussioni tra Germania e Francia nell’anno in corso. Quando le banche acquistano le obbligazioni del proprio paese su larga scala, le istituzioni finanziarie collassano in una crisi del debito sovrano, perche’ questi titoli perdono valore. Viceversa, quando le banche diventano deboli e si prospettano nazionalizzazioni, gli investitori diventano ancora piu’ sospettosi riguardo ai titoli di Stato. Inoltre, in caso di minaccia di fallimento, le banche non possono piu’ depositare i titoli di Stato del proprio paese come garanzia per operazioni di rifinanziamento con la Bce. Le banche prestano di meno, i tassi di interesse per le imprese e le famiglie aumentano, e l’economia si indebolisce, il che a sua volta riduce le entrate fiscali e rende i titoli di Stato ancora piu’ rischiosi. Questa spirale negativa puo’ portare a una situazione in cui solo l’aiuto esterno impedisce il collasso, come ha dimostrato il caso della Grecia. Per ora, tutti i titoli di Stato dell’area dell’euro sono stati considerati “sicuri” dai supervisori, sebbene solo circa il 20 per cento – quelli emessi da Germania, Paesi Bassi e Lussemburgo – ricevano i rating piu’ alti dalle agenzie. In Germania, vi e’ preoccupazione che la messa in comune del debito sovrano con paesi fortemente indebitati, come l’Italia, possa essere precursore di una responsabilita’ congiunta successiva. Pertanto la nuova proposta di Lane e dei suoi colleghi rinuncia espressamente alla responsabilita’ congiunta. La Germania insiste sul fatto che le banche di tutta Europa debbano ripulire i loro bilanci. Inoltre la Bundesbank propone che le obbligazioni governative non vengano piu’ classificate dall’autorita’ di vigilanza bancaria come prive di rischio in futuro. In definitiva, la politica deve decidere in quale direzione andare per non essere impreparati di fronte alla prossima crisi.
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La minaccia politica dell’Italia per l’Ue e gli investitori
29 gen 10:59 – (Agenzia Nova) – I mercati finanziari non hanno mai veramente capito l’eurozona, e cosi’ sono passati da un eccesso di panico prima delle elezioni in Francia all’apatia dopo il voto in Germania, fino alla troppa indulgenza in vista delle elezioni del 4 marzo prossimo in Italia: lo scrive nella pagina delle opinioni del quotidiano economico britannico “The Financial Times” l’editorialista Wolfgang Munchau; secondo il quale gli analisti finanziari danno per scontato che nel prossimo Parlamento italiano non ci sara’ una chiara maggioranza e dunque il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si trovera’ costretto a ridare l’incarico di formare un governo all’attuale presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Effettivamente questa e’ una possibilita’, ammette Munchau, ma non e’ il caso di scommetterci: c’e’ infatti la possibilita’ che dopo il voto emerga un’alleanza per il governo tra il Movimento 5 stelle (M5s) e la Lega nord. Si tratta di una possibilita’ largamente sottostimata fuori dall’Italia, ma anche dai sondaggi di opinione italiani che tradizionalmente tendono appunto a sottostimare il peso dei partiti populisti: e questa eventualita’ quasi certamente causerebbe un infarto tra gli investitori internazionali, che passerebbero di colpo dall’indifferenza al panico; i due partiti in questione infatti sono entrambi populisti, sono uniti da un identico atteggiamento euroscettico ed hanno in comune la simpatia nei confronti della Russia di Putin. Tuttavia Munchau afferma che dal punto di vista dell’Europa ci sarebbe solo una differenza di sfumature tra una eventuale, per quanto improbabile, alleanza M5s-Lega nord ed una piu’ tradizionale amministrazione di centro-destra o di centro-sinistra: nessuno dei principali partiti italiani infatti offre agli elettori un programma di riforme, nessuno discute della scarsa produttivita’ dell’economia italiana o del basso tasso di partecipazione al mondo del lavoro, ne’ si parla delle politiche necessarie a rafforzare un sistema bancario che ha frenato la crescita negli ultimi 10 anni. E’ vero che anche l’Italia sta registrando una certa ripresa della sua economia, ma in maniera assai piu’ debole del resto dell’eurozona; con il suo alto livello di debito statale e la mancanza di una qualsiasi serio dibattito sulle riforme, sostenere l’editorialista del “Financial Times”, non c’e’ dunque alcuna ragione di indulgenza per l’Italia: e’ questo che dovrebbe davvero preoccupare, conclude Munchau, e non una potenziale alleanza tra i Cinque stelle e la Lega.
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