Anche le stelle più brillanti sono destinate a collassare su se stesse fino ad esplodere lasciando tutti attoniti a guardare uno spettacolo improvviso di fuoco e detriti. Ed è proprio con questo spirito da astronomi che accogliamo la notizia diffusa da alcuni giornali che l’operatore mobile virtuale PosteMobile, nonostante la smentita ufficiale di Poste Italiane, sarebbe pronto per essere venduto.
Forse è vero che l’utile netto sì e dimezzato, passando da 15,8 milioni a 7,8 milioni, e sarà anche vero che nell’ambito di una riorganizzazione generale di Poste Italiane una modulazione delle varie società del gruppo si rende necessaria per una migliore quotazione in Borsa.
Quello che però facciamo fatica a comprendere è il motivo della cessione di una società che fino a poco tempo fa era ritenuta strategica per veicolare una serie di servizi innovativi all’enorme bacino di clienti postali. Tutto questo stupore nasce proprio dal fatto che non stiamo parlando di un operatore qualsiasi, ma stiamo parlando del più grande operatore mobile virtuale che abbiamo in Italia e che si è contraddistinto finora per avere tutte (ma proprio tutte!) le carte in regola per poter vincere la sfida con i grandi operatori mobili infrastrutturati, proprio quelli che non hanno mai visto di buon occhio la cessione a pagamento del traffico voce e dati ad operatori terzi privi di frequenze.
La nascita degli operatori virtuali in Italia
Giova ricordare a questo punto, che quella degli MVNO è una nicchia che si è aperta meno di 8 anni fa, sotto la pressione dell’Autorità Antitrust che all’apice di un procedimento noto come A357, ha posto le condizioni per l’ingresso di nuovi entranti in un mercato governato ormai da soli 3 oligopolisti (Tim, Vodafone e il merger Wind-H3G).
Quelli che controllano il mercato italiano della telefonia mobile da sempre hanno goduto di enormi profitti ed extraprofitti che – solo di recente – sono stati intaccati da altri operatori cosiddetti OTT – over the top – che non hanno infrastrutture di rete ma vendono servizi veicolati sopra la rete di altri.
Ormai è chiaro che per avere successo un operatore mobile virtuale deve sicuramente disporre di molti fattori critici essenziali per sopravvivere in un mercato altamente competitivo come quello italiano. Anzitutto una larghissima costumer base. Stiamo parlando di un fattore puramente numerico che però crea la sostenibilità del business intero, ma che – pur essendone il presupposto – da solo non basta per produrre utili. Che altro serve allora?
MVNO: la concorrenza degli infrastrutturati e degli Over The Top
Un operatore mobile virtuale non può sopravvivere nel mercato se non ha disegnato un’ottima strategia per proporsi. In altri termini, questo mercato non ammette la concorrenza sui prezzi perché è già strozzato a valle e a monte dagli operatori infrastrutturati e pure da quelli che non hanno infrastruttura ma vendono servizi (sono gli over the top su citati, OTT, totalmente svincolati dalle pesanti regole ed adempimenti degli operatori licenziatari e virtuali).
In qualche modo, l’operatore mobile virtuale è stretto da una grande tenaglia dove da un lato ci sono gli operatori che controllano la rete, le frequenze e le sim card: questi fanno le offerte all’ingrosso a condizioni di mercato, e poi vendono pure retail, al pubblico. Poi, dall’altro lato della tenaglia, ci sono gli operatori over the top come ad esempio Skype, Whatsapp e Google che sfruttano gli investimenti infrastrutturali degli altri operatori per poter offrire servizi senza investire in reti, antenne, tralicci, apparati, frequenze. Questi ultimi hanno anche un rapporto molto interessante con il fisco, operano su diverse piattaforme, non hanno gli stessi vincoli di un operatore telefonico, non sottostanno alle stesse regole pur offrendo lo stesso servizio all’utenza.
Ingredienti per MVNO: larga customer base e servizi specializzati
Come l’esperienza italiana ha ampiamente dimostrato non è sufficiente essere una banca, o un supermercato, o un grande distributore di benzina per lanciarsi nel settore del mobile virtuale, semplicemente perché non basta una nutrita costumer base e nemmeno si può pensare di portare avanti una concorrenza basata meramente sul prezzo, in considerazione, peraltro, che le offerte all’ingrosso non sono regolamentate.
L’ingrediente che veramente completa la ricetta è la capacità di offrire ai propri clienti che comunque devono essere tanti, una serie di servizi specializzati, possibilmente verticalmente integrati e con alto “lock in” (che tradotto significa ingabbiare commercialmente il cliente) oppure essere in grado di offrire – oltre alla connettività ed alla voce – dei servizi altamente innovativi di cui gli utenti hanno veramente bisogno.
Solo a questo punto un operatore mobile virtuale può sperare di vincere la concorrenza con i grandi operatori infrastrutturali e con i fornitori i servizi over the top.
Il caso Poste Mobile
PosteMobile ha tutti gli elementi principali per poter raggiungere ottimi risultati. Una sterminata base clienti – tra cui i dipendenti stessi di Poste Italiane – unitamente alla possibilità di poter offrire un’interessantissima varietà di servizi innovativi basati sui prodotti postali, che quindi erano le premesse per poter far vivere e prosperare questo business molto lungo.
Stiamo parlando di prodotti che pochissimi altri operatori potrebbero offrire contemporaneamente (messaggistica, sistemi di pagamento, servizi bancari, postali ecc) con l’indubbio vantaggio che il bouquet di servizi raggiungerebbe lo stesso cliente in un solo momento, realizzando le condizioni privilegiate del cosiddetto “one stop shop”.
Il business di PosteMobile poteva giovarsi degli effetti rete – diretti e indiretti – oltre che di un naturale lock in dei clienti fidelizzati al meglio, per disincentivare la loro migrazione verso altri operatori.
Eppure a ben vedere, le stesse ragioni che sulla carta sono state gli ingredienti del successo di Poste Mobile potrebbero essere dei fattori ostativi per l’eventuale cessione dell’operatore a terzi. Stiamo parlando di un business altamente caratterizzato che offre servizi specialistici ai propri utenti, avvalendosi anche della forza di un grande “brand” come Poste.
Il ruolo di Agcom e Antitrust nel mercato degli operatori mobili virtuali
Se verrà confermata la cessione di Poste Mobile, ci sono due cose da fare subito. Occorre anzitutto spezzare in due la grande tenaglia degli operatori telefonici infrastrutturati da un lato e degli operatori over the top dall’altro. Per far questo serve riaprire il mercato con l’obbligo in capo ai telefonici di formulare un’offerta annuale all’ingrosso regolamentata, per permettere a chi ne ha i requisiti di rivendere traffico voce e dati, producendo margini per infrastrutturarsi progressivamente secondo la scala degli investimenti ormai consolidata nella rete fissa. Ma ancor più urgente è una parificazione di regole ed oneri tra operatori telefonici virtuali e non, rispetto agli operatori over the top secondo la regola ormai nota come “same service same rules”, che vuol dire applicare le stesse norme allo stesso tipo di servizio offerto, sia che lo venda un mobile operator (Tim, Vodafone, Wind), sia che lo venda Facebook (Whatsapp) o Microsoft (Skype).