La Cina si vuole assicurare la più grande fornitura di cobalto della storia per consolidare la sua posizione di leader nell’industria della mobilità elettrica. La multinazionale GEM ha annunciato, nei prossimi tre anni, l’acquisto di 50 mila tonnellate di cobalto dal gigante minerario Glencore.
Una cifra che, secondo il Financial Times, equivale alla metà di tutto il minerale immesso sul mercato durante il 2017 e ad un terzo del totale disponibile per la Glencore per il 2020.
Basti pensare che secondo la Benchmark Mineral Intelligence, la quota di cobalto necessaria all’industria mondiale nel 2018 sarà di 105 mila tonnellate (è stata di 46 mila tonnellate nel 2016), mentre nel 2026 ne potrebbero servire oltre 180 mila tonnellate.
Un’estrazione praticamente insostenibile, da un punto di vista ambientale, umano ed economico. Ecco perché molte aziende stanno guardando all’economia circolare come soluzione alla scarsità di cobalto e altri minerali.
Più del 10% del cobalto estratto finisce negli smartphone e miliardi di questi ogni anno finiscono in discarica. È da qui che si deve partire, dal recupero, riciclo e riuso anche dei minerali preziosi impiegati nell’industria dell’elettronica di consumo.
Il cobalto è necessario per la realizzazione delle batterie che alimentano i veicoli elettrici (ma anche di smartphone e altri device elettronici). Servono circa 10 chilogrammi di cobalto per costruire una singola batteria, mentre per un iPhone, ad esempio, ne servono circa 10 grammi.
Oltre la metà circa di questo minerale è estratta nelle miniere del Congo. La Glencore ha programmato l’estrazione di 40 mila tonnellate di cobalto nel 2018 e di altre 60 mila nel 2019.
Il costo del minerale è arrivato a toccare ieri, alla London Metal Exchange, la cifra di quasi 88 mila dollari a tonnellata (oggi varia tra 85 e 86 mila dollari).
BMO Capital Markets stima un ulteriore raddoppio nei prossimi due anni, visto che la domanda continua a superare l’offerta esistente di cobalto.
Un trend questo che spaventa. Sappiamo ormai bene che l’estrazione di questo materiale, che avviene soprattutto in Congo per i due terzi quasi, è da sempre circondata da problemi gravissimi, tra cui il lavoro minorile, le terribili condizioni di sicurezza in cui si lavora, l’inquinamento ambientale e le malattie legate alla sua estrazione, che colpiscono gravemente chi è impiegato in miniera.
Una situazione drammatica testimoniata da Amnesty International in un Report del 2016.
Per rispondere in maniera etica a tutto questo, in Canada, che è il terzo fornitore mondiale di cobalto, con il 6% circa del mercato, si sta pensando a come tirarlo fuori in maniera sostenibile, anche perché a chiederlo sono le imprese dell’industria automobilistica, che non hanno voglia di affrontare le critiche dell’opinione pubblica.
In questi giorni, inoltre, la Repubblica del Congo ha dichiarato di voler aumentare le tasse sul cobalto, cosa che porterà ad un aumento del prezzo del minerale e indirettamente anche dei prodotti elettronici in cui è impiegato.