Parte oggi la rubrica Minions4Italy, riflessioni critiche e controcorrente sulle sorti del digitale in Italia, a cura di Andrea Lisi, Avvocato esperto in diritto delle nuove tecnologie, Presidente ANORC (Associazione Nazionale per Operatori e Responsabili della Conservazione digitale dei documenti) e Presidente ANORC Professioni, Segretario Generale AIFAG (Associazione Italiana Firma elettronica avanzata biometrica e Grafometrica) e Coordinatore del Digital & Law Department dello Studio Legale Lisi. È Docente presso la Document Management Academy e la MIS Academy della SDA Bocconi.
“Noi siamo principi liberi e abbiamo altrettanta autorità di fare guerra al mondo intero quanto coloro che hanno cento navi in mare” (Samuel Bellamy)
Inauguriamo oggi una nuova rubrica dedicata ai Digital Minions. Come saprete, i Minions sono piccole e operose creaturine gialle al servizio di un capo Cattivissimo. Gli Italian Digital Minions sono invece una community – di cui sono l’orgoglioso fondatore – che traendo ispirazione dai simpatici esserini gialli è nata alcuni mesi fa sui social per condividere tra compagni di viaggio finalità puramente ludiche e dissacranti, con l’intento di non prendersi troppo sul serio e allo stesso tempo far emergere, seppure nell’ironia, le carenze di alcune operazioni governative (e non solo) altisonanti (e spesso totalmente sbagliate) messe in atto nel nostro Paese in tema di digitale. L’obiettivo è quello di riflettere in modo spensierato, ma puntuale, se possibile costruttivo e senza peli sulla lingua, sull’Agenda Digitale Italiana. In pochi mesi i Digital Minions sono cresciuti in modo esponenziale; oggi il gruppo Facebook ha raggiunto i 1.670 membri e continuano a giungerci quotidianamente nuove richieste di adesione.
Rubrica a cura di Andrea Lisi, Presidente ANORC (Associazione Nazionale per Operatori e Responsabili della Conservazione digitale dei documenti), Segretario Generale AIFAG (Associazione Italiana Firma elettronica avanzata biometrica e Grafometrica) e Coordinatore del Digital & Law Department dello Studio Legale Lisi. È Docente presso la Document Management Academy e la MIS Academy della SDA Bocconi.Più o meno i medesimi obiettivi ci poniamo con questa rubrica: riflettere criticamente, anche dal punto di vista giuridico, sulle sorti digitali del nostro Paese, nuotando controcorrente rispetto a chi ha eletto un cieco ottimismo come guida e giudizio di ogni iniziativa di settore e, con semplicità e pressapochismo, bolla come “rosicone” o “comunista” chiunque osi esprimere dei dubbi o un’opinione diversa.
La premessa fondamentale di questa rubrica – che sarà aperta al confronto con tutti, Digital Minion e Non – è che in questo Paese non ci sia bisogno dell’esercito di “alfabetizzatori” e comunicatori dell’ovvio che si sono (auto-) attribuiti l’arduo compito di far digerire il cambiamento digitale a tutti i cittadini come una grande novità: ad esempio, la fatturazione elettronica ormai c’è, il Governo l’ha regolamentata, un fornitore IT l’ha sviluppata, la Luna l’ha benedetta e noi ci adeguiamo, brindiamo con tanti hurrà e la spieghiamo come un grande miracolo!
I Digital Minions non ci stanno. Siamo, forse, diventati un unico gregge di pecorelle da digitalizzare che non può avere un’opinione su argomenti così rilevanti?
Questo inebetimento generale spiazza e fa paura, almeno quanto gli attuali processi di accentramento e statalizzazione digitale di cui nemmeno ci accorgiamo – e sui quali rifletteremo con attenzione in questo spazio – che vanno avanti indisturbati proprio perché noi cittadini veniamo indottrinati sulle “fesserie” del digitale (gli effetti manieristici di un processo), ma non sul processo che c’è dietro, che ci viene prospettato come buono a prescindere. Ma non sempre è così.
Ci va bene, ad esempio, che ormai tutti i nostri dati e documenti digitali, come prescrizioni e certificati medici, fatture, documenti inerenti al rapporto di lavoro e atti processuali siano in mano a fornitori IT di cui ignoriamo l’esistenza, che potrebbero essere nostre controparti in un eventuale contenzioso e che sviluppano processi non allineati alle norme tecniche attualmente in vigore in materia di conservazione di documenti informatici?
Siamo contenti se nella promozione dell’Agenda digitale si confondono funzioni pubbliche con associazioni private, attribuendo ruoli e compiti in spregio a quello che si sta cercando di costruire con fatica sulle competenze digitali?
O ancora: ci sta bene se la trasparenza amministrativa viene proposta solo come una bella facciata riverniciata, ma poi non è realmente garantita attraverso formati affidabili e accessibili e una puntuale verifica dell’esattezza di dati prelevati da archivi digitali conservati a norma?
In realtà, la stessa concezione (troppo spesso proposta come panacea di tutti i mali nelle attuali campagne di comunicazione di chi si occupa di alfabetizzare cittadini e amministratori pubblici) che il futuro del digitale possa essere garantito e comunicato solo da “nativi digitali”, unici depositari della vera conoscenza paperless, è profondamente sbagliata.
I processi digitali vanno conosciuti e non solo abilmente usati, in modo da possederne davvero le chiavi di lettura e quindi pianificare processi che, sì, devono essere semplici per il cittadino, ma di cui non occorre banalizzare la complessità. Complessità che significa investimenti nella formazione e riorganizzazione, nell’hardware e nei software, complessità che viene falsamente negata in tante normative attualmente in vigore nelle quali il digitale viene presentato e preteso “a costo zero” per una PA.
Il digitale, invece, costa soldi e fatica e comporta lo sviluppo di professionalità in grado di sostenerlo. Non dimentichiamocene e partiamo da questo.
Vi saluto con questa divertente “chicca”: Buona visione e alla prossima settimana.