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Michele Mezza: “In questo mondo in guerra il giornalista diventa parte essenziale del conflitto digitale”

Key4biz. Siamo in un mondo sempre più in guerra e ‘Connessi a morire”, dove la Cybersecurity diventa uno dei principali scudi di difesa e ti contro-attacco: allora come rafforzare sempre di più la Cybersicurezza dell’Italia e dell’Europa per avere un’Indipendenza Digitale su questo settore cruciale e critico?

Michele Mezza. Devo dire che parlare con Key4biz del mio libro è particolarmente incoraggiante, perché la testata che lei dirige ha colto da tempo questo legame fra sistema della comunicazione digitale e la sicurezza del Paese che si basa su una piena autonomia nella circolazione e elaborazione di dati e informazioni. Oggi io penso che la Cybersecurity abbia fatto un salto di qualità, da tecnica che si basava sulla protezione dei contenitori digitali – i data base, i nostri computer, i sistemi di connettività – è diventata una pratica che mira ad attaccare i contenuti, il senso comune di un Paese, il suo clima culturale in cui si coltivano le deliberazioni. In questo salto un ruolo decisivo la sta giocando l’intelligenza artificiale che nella sua evoluzione sempre più da semplice sistema di statistica delle risposte sta diventando sistema semantico di scelta e valutazione dei contenuti. Un passaggio che trasforma anche il nostro mestiere di giornalisti.

Michele Mezza

Key4bizE, allora, in tutto questo nuovo contesto geopolitico in continua evoluzione, il giornalista come deve evolversi e innovarsi per continuare a raccontare e analizzare il mondo?

Michele Mezza. Qui arriviamo alle dolenti note per la nostra categoria. Infatti se è vero, come mi pare evidente, che il sistema della comunicazione diventa un vero arsenale di combattimento, sia in pace che in guerra, e che la cybersecurity diventa una pratica generale non più separabile dal sistema digitale, allora il giornalista, ossia quella figura che fino a qualche anno fa era il titolare di questo sistema della comunicazione diventa parte essenziale del conflitto digitale. Ormai i nostri strumenti tradizionali: le notizie, le memorie, i linguaggi di georeferenziazione e di relazioni on line, sono armi per inquinare l’infosfera. Dietro ad ogni singolo fatto che dobbiamo descrivere ci sono ormai infinite fonti, tutte apparentemente verosimili e documentabili. Per capire quale sia quella vera dobbiamo avere una padronanza assoluta dei codici digitali. Bisogna ricomporre informazione e informatica, così come nel dopo guerra ricomponemmo giornalismo ed economia. Infine una considerazione: se si combatte mediante manipolazione del senso comune di un Paese, allora il sistema dell’informazione diventa un baluardo degli apparati di sicurezza di quel Paese e i giornalisti da cani gelosi cultori della libertà devono ripensare il proprio profilo di autonomia in un ambito in cui la principale missione della professione diventa appunto la sicurezza e l’autonomia dell’intero Paese. Come sempre convivono in questa nuova condizione rischi e opportunità. Sta a noi reinterpretare un mestiere che non può rimanere eguale a se stesso quando cambia tutto intorno.

Key4bizE le guerre hanno cambiato anche l’ambiente digitale, che diventa?

Michele Mezza. Con una battuta io scrivo nel libro che l’infosfera diventa oggi “logistica militare”. Il punto che mi sembra fondamentale non riguarda tanto la capacità di condizionare masse e interi Paesi. Non sarebbe una novità. Quanto quella di utilizzare la cassetta degli attrezzi digitali, a partire dalle forme di marketing e di profilazione, per parlare direttamente con ogni singolo individuo. In pace questa opportunità da puro marketing commerciale, come abbiamo visto con Google e Amazon, è diventata tecnicalità elettorale per suggestionare quella comunità di elettori contendibili, nei collegi contendibili. Lo abbiamo osservato nelle elezioni americane e oggi lo stiamo vedendo nel caso esploso in Romania. In guerra questa procedura di individualizzare la relazione con l’avversario diventa combattimento granulare, in cui si identificano, uno per uno, gli avversarti, per quanto numerosi siano, e lì si colpisce con missili che arrivano a domicilio con il codice di avviamento postale. La guerra, come le elezioni, diventa quella che un autore che cito nel libro, Gregoire  Chamayou nel suo saggio Teoria del Drone definisce “esecuzioni extra giuridiche”.

Key4bizPerché secondo te siamo ora nella Mobile War?

Michele Mezza. L’esempio più clamoroso lo abbiamo visto con la spettacolare e ancora non del tutto chiarita operazione dei pagers, i cercapersone, esplosi nelle tasche degli Hezbollah. Migliaia di persone sono state agganciate e pedinate digitalmente, fino a quando non si è deciso di schiacciare un bottone che ha fatto esplodere, simultaneamente, 5mila dispositivi che erano nelle loro tasche. Nel libro ricostruisco dettagliatamente questa operazione al cui centro c’è il fatto che la connettività, combinata con i sistemi di analisi ed elaborazione di una poderosa massa di dati, rende ogni nostro movimento tracciabile e controllabile, fino a trasformarsi in “Connessi a morte”, come recita il titolo del libro. Se la connettività, ossia quella condizione che coinvolge ormai quasi l’80% della popolazione mondiale, diventa un’arma propria allora l’intero sistema delle relazioni digitali cambia senso e effetti. Non è più una grande giostra con qualche inconveniente ma diventa una condizione di guerra permanente, una guerra ibrida come dice il Capo di Stato maggiore russo Gerasimov.

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