Non piace al presidente di Telecom Italia, Giuseppe Recchi, l’idea del condominio per la fibra ottica, avanzata dall’ad di Wind Maximo Ibarra, che in un’intervista a La Repubblica ha riferito che la società sarebbe disposta a conferire gli asset di Infostrada in Metroweb per partecipare a un piano strategico per cablare l’Italia insieme agli altri operatori. “Sì – ha detto Ibarra – noi potremmo partecipare al capitale apportando gli asset di Infostrada, in modo da rendere ancora più consistente il veicolo di partenza”.
Posizioni distanti
Per Ibarra, per realizzare gli obiettivi dell’Agenda digitale – portare la connettività di almeno 100 Mbps all’85% della popolazione entro il 2020 – sarebbe “necessario formare un veicolo che comprenda tutti gli operatori e la CDP, che possa fare investimenti a lungo termine, beneficiando delle risorse che, per la prima volta, il governo ha deciso di mettere a disposizione”.
Recchi, invece, ha bocciato l’idea del condominio, e anche in maniera abbastanza sarcastica : “i condomini – ha detto – fanno sempre fatica a scegliere anche quando innaffiare i fiori, figuriamoci quando si tratta di prendere decisioni su una rete strategica per il Paese”.
“Frammentare l’azionariato di Metroweb”, per Recchi, avrebbe come effetto quello di rallentare il processo di sviluppo della rete di nuova generazione, già molto indietro in Italia rispetto al resto d’Europa, con una copertura che si ferma al 28%.
Quanto alla governance di questo veicolo, dice Ibarra, “le decisioni strategiche devono essere prese da una maggioranza qualificata e allargata”.
In dissenso anche su questo punto il presidente Telecom, secondo cui il ruolo degli azionisti va sempre separato dal ruolo della società e della gestione, “perché sono due ruoli totalmente diversi”.
“L’indirizzo delle società per quello che riguarda gli obiettivi strategici di un Paese si dà con le regole e con la capacità regolatoria che il Paese ha di creare un sistema che sia favorevole agli investimenti e protettivo della concorrenza, dell’antitrust, degli interessi dei consumatori. Sono le regole che definiscono il perimetro, non i possessori delle quote”, ha detto ancora Recchi.
Il ‘Modello Metroweb’
Riprende quota, dunque, il ‘modello Metroweb’, ossia la trasformazione in della società che gestisce la rete in fibra ottica di Milano in un veicolo partecipato da tutti gli operatori per accelerare lo sviluppo della rete in fibra. Un modello che però rischierebbe di riportare lo sviluppo della fibra in una situazione di monopolio e che, come ha spiegato il Prof. Francesco Vatalaro sul Fatto Quotidiano presenta molti aspetti discutibili: dal ritorno a una situazione in cui i prezzi saranno alti e i servizi di scarsa qualità – “come quando 20 anni si richiedeva una linea e bisognava aspettare anche anni per averla, a meno di conoscere il solito politico di turno” – al rischio di affidare lo sviluppo della fibra a un condominio “in cui nulla si decide” e in cui i soldi che si spenderanno non saranno quelli privati ma quelli della cassa Depositi e Prestiti, quindi “dei correntisti postali”, nota Vatalaro.
Metroweb Italia è infatti controllata al 53,8% da F2i (che però ha messo in vendita la sua quota) e al 46,2% da Fondo Strategico Italiano, di cui Cassa Depositi e Prestiti è il principale azionista: ne controlla l’80% mentre il restante 20% è della Banca d’Italia. Metroweb Italia controlla a sua volta Metroweb Milano, nel cui azionariato compare anche Fastweb, rientrata in Metroweb nel 2011 dopo che nel 2003 aveva ceduto il suo 33% a Aem (oggi A2A) e che oggi controlla il 10,6% del capitale.
In corsa per rilevare la quota di F2i in Metroweb – preda ambita da diverso tempo dalle telco italiane – ci sono Telecom Italia e Vodafone.
“Telecom Italia – ha detto oggi Giuseppe Recchi – ha già fatto un’offerta su Metroweb per la quale stiamo aspettando una risposta. Pensiamo che le sinergie siano tante”.
Vodafone, dal canto suo, che ha denunciato all’Antitrust i rischi per la concorrenza di un’eventuale vittoria di Telecom e ritiene che, se F2i deciderà di cedere la sua partecipazione in Metroweb, l’unica soluzione che consentirebbe di garantire una gestione neutrale della rete a banda ultra larga sarebbe l’ingresso degli operatori alternativi interessati nell’azionariato della società.
Telecom, a sua volta, ha bollato come ‘paradossali’ le accuse di monopolio, mentre l’Antitrust ha fatto sapere che l’operazione Telecom Italia-Metroweb, “meriterebbe una valutazione molto seria da parte nostra, ma potrebbe essere adottata, anche se soltanto a condizioni molto severe”.
Rete in rame: ‘irrazionale’ parlare di switch-off
Recchi ha quindi definito ‘irrazionale’ l’ipotesi avanzata dal vicesegretario generale di Palazzo Chigi, Raffaele Tiscar, di smantellare la rete telefonica in rame, che collega 30 milioni di utenze, nel giro di 10-12 anni, per ‘accendere’ la rete in fibra, dicendosi d’accordo su questo punto con i piccoli azionisti di Asati su questo punto: “Sono d’accordo che la rete in rame è un asset esistente importantissimo da cui bisogna partire per ottenere le velocità sempre maggiori che vengono richieste”.
In riferimento all’Agenda digitale, Recchi ha sottolineato che “Oggi ci sono tecnologie già in essere che ci consegnano gli obiettivi che ci siamo posti… Per cui partendo dalla nostra rete, dalla valorizzazione di un asset esistente, noi arriveremo a scalare le classifiche della diffusione dell’ultrabroadband in Europa. Qualunque altro schema potrebbe probabilmente solo rallentare questo processo”, ha concluso.