Lo scontro fra Siae e Meta sul rinnovo dei diritti d’autore per la musica nel repertorio della principale collecting italiana ha spinto il social media a spegnere le canzoni di cantanti italiani, e non, su Facebook e Instagram. Un provvedimento drastico, che però secondo diversi osservatori potrebbe rappresentare una sorta di stress test, di antipasto, per vedere se replicare il ban italiano anche in altri paesi. La questione è chi ci perde di più?
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Braccio di ferro
La tattica del “braccio di ferro” con le diverse collecting non è nuovo per Meta: è già successo in passato in Francia, Australia, Danimarca, Canada e ora in Italia, ricorda John Phelan, direttore generale dell’ Independent Music Publishers International Forum (IMPF) che rappresenta fra gli altri case discografiche come Universal Music Publishing, Sony Music Publishing and Warner Music Publishing.
Non va poi dimenticato che il 2023 è stato definito da Marc Zuckerberg come l’anno dell’efficienza tanto che in programma ci sono circa 11mila esuberi a livello globale, che si aggiungono a quelli conclusi poco prima di Natale.
C’è da dire poi che se l’Italia è l’unico paese su 150 a livello globale dove Meta non ha chiuso un accordo con la collecting più rappresentativa ciò significa che i margini negoziali saranno stati molto, troppo ristretti.
La Siae ha tirato troppo la corda?
Forse che la Siae abbia adottato un atteggiamento troppo rigido e intransigente?
Se il social network di Marc Zuckerberg ha chiuso accordi con 150 paesi, tutti, tranne l’Italia, ciò significa che in Italia c’è un problema che altrove non si è riscontrato. E questo è certamente uno svantaggio per i nostri cantanti, che non possono più promuovere se stessi e la loro musica su Facebook e Instagram, due piattaforme che contano milioni di follower.
Se la SIAE lamenta di essersi trovata di fronte ad una decisione unilaterale e inaccettabile perché Meta non avrebbe condiviso le informazioni necessarie per un corretto negoziato. La SIAE aggiunge che le sue “obiezioni riguardano il fatto che Meta abbia offerto un valore forfettario senza fornire alla SIAE le informazioni necessarie per valutare se si trattasse effettivamente di un equo compenso per gli aventi diritto”.
Ma cosa c’è dietro?
C’è un background suddiviso in due parti dietro questa storia.
Prima parte: questa notizia arriva in un momento in cui il rapporto dell’industria musicale con Meta è migliorato.
La scorsa estate, Meta ha annunciato che stava cambiando il modo in cui gli artisti e i titolari dei diritti musicali sarebbero stati pagati da Facebook e che sarebbe passato a un modello di “condivisione delle entrate” per i contenuti video generati dagli utenti.
Questa è una politica che molti nell’industria musicale ora chiedono anche a TikTok di implementare.
Nel frattempo, nell’ultimo anno Meta ha firmato nuovi accordi di licenza multiterritoriali con giganti del settore tra cui Universal Music Group, Warner Music Group e Kobalt Music Publishing.
Inoltre: secondo il suo ultimo rapporto Music In The Air, Goldman Sachs stima che Facebook abbia contribuito per il 29% a tutte le entrate pubblicitarie delle “piattaforme emergenti” pagate all’industria discografica nel 2021.
Quel 29%, calcola MBW (basato sui numeri Goldman/IFPI), equivaleva a poco più di 400 milioni di dollari.
Ricorda: è solo per un anno e copre solo i soldi pagati all’industria discografica (non al settore dell’editoria musicale).
Salute finanziaria in discesa
Parte seconda: passiamo ora alla salute finanziaria di Meta.
Meta tratta il 2023 come quello che Mark Zuckerberg ha recentemente definito il suo “Anno dell’efficienza”.
Questo mese, Meta ha annunciato un nuovo round di licenziamenti, con 10mila dipendenti che dovrebbero perdere il lavoro a causa della misura di risparmio sui costi.
Ciò ha fatto seguito a un altro diffuso licenziamento a Meta annunciato a novembre, per un totale di 11mila esuberi. Ergo, attraverso due round di licenziamenti nello stesso periodo di sei mesi, Meta sta licenziando oltre 20.000 dipendenti.
Scrivendo ai dipendenti di Meta la scorsa settimana, Zuckerberg ha dichiarato: “Per la maggior parte della nostra storia, abbiamo assistito a una rapida crescita dei ricavi anno dopo anno e abbiamo avuto le risorse per investire in molti nuovi prodotti. Ma l’anno scorso è stato un umiliante campanello d’allarme”.
“L’economia mondiale è cambiata, le pressioni competitive sono aumentate e la nostra crescita è rallentata considerevolmente. Abbiamo ridimensionato i budget, ridotto la nostra impronta immobiliare e preso la difficile decisione di licenziare il 13% della nostra forza lavoro”.