In questi giorni sta rimbombando giorno dopo giorno la vicenda della rottura di trattativa prima e lo scontro poi tra il gruppo META (Facebook e Instagram) e la SIAE.
Oggetto del contendere i compensi a favore degli autori ed editori italiani, rappresentati da SIAE e a carico di META, per effetto delle pubblicazioni di spezzoni di musica o di video attraverso post pubblicati dagli utenti su Facebook o su Instagram.
Danno per tutti
Tutto è avvenuto dopo una trattativa di mesi, la cui conclusione positiva forse non avrebbe accontentato in modo paritario ambedue le parti, ma di certo la rottura ha determinato, come ha giustamente sottolineato Alberto Barachini, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’informazione e all’editoria, un evidente danno per entrambi.
META si è ritirata dal tavolo e SIAE ha denunciato l’abbandono unilaterale da parte dell’azienda di Zuckerberg.
Sul tema stanno in queste ore intervenendo tutti: dall’interrogazione alla Camera di Rita Dalla Chiesa alle dichiarazioni del ministro Gennaro Sangiuliano, fino a Giacomo Lasorella, presidente AgCom, che incerto sul da farsi ha preso l’impegno di studiare il caso.
Intanto la SIAE grida allo scandalo per l’affronto subito e META tace.
La SIAE e il resto del mondo
Difficile immaginare un epilogo diverso rispetto a quanto accaduto. La trattativa è durata molte settimane ed erano già note le difficoltà negoziali. Da una parte SIAE che chiedeva i numeri di consumo degli spezzoni di musica pubblicati dagli utenti su Facebook e Instagram e dall’altra META che dichiarava un vincolo invalicabile. E questo vincolo consiste nel trovare un assenso sul criterio adottato da META in tutti i Paesi al mondo dove opera. SIAE ha invece insistito, fino alla rottura, per un trattamento personalizzato e differente da quelli sottoscritti in tutti gli altri Paesi, innanzitutto quelli europei. La domanda qui è naturale: cosa ha spinto la SIAE a ritenere che META potesse concedere un trattamento diverso rispetto al resto del mondo?
Ma le domande non finiscono qui. Siamo sicuri che quanto è successo coincida non solo con gli interessi degli editori, ma anche degli autori rappresentati da SIAE?
Sorge il dubbio che sulla vicenda abbia pesato un atavico atteggiamento del mondo dell’industria audiovisuale italiana, abituata da sempre alle rendite di posizione e alla accondiscendenza da parte del potere politico (con maggiori benefici per il cinema rispetto alla musica).
Il peso del villaggio globale
In via generale, quando ci si siede intorno a un tavolo negoziale, ci si deve chiedere da ambo le parti se si è intenzionati a chiudere o meno la trattativa, perché se la risposta è positiva, allora una soluzione la si trova sempre. Viene perciò il dubbio che da parte della SIAE sia scattato il meccanismo di un malinteso dominio territoriale nazionale, senza che nessuno di tali signori considerasse il peso del villaggio globale.
Ora siamo passati ai proclami e alle guerre di religione. Ma così, appare evidente a tutti, non si andrà da nessuna parte. Il tavolo va riaperto, per evitare di fare un danno ad ambedue le parti, con la consapevolezza che gli eventuali danni accusati da SIAE potrebbero rappresentare una condizione ben più critica rispetto ai danni che ne deriverebbero a META.
La SIAE dovrebbe dismettere i panni del Marchese del Grillo (del tutto inappropriati in un contesto del genere, dati i rapporti di forza) e sedersi al tavolo con l’intento di rappresentare appieno i diritti degli autori, oltre che degli editori.
Vedremo come andrà a finire.