#MePA, è una rubrica settimanale promossa da Key4biz e Porzio & Partners.
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I media e le pubblicazioni istituzionali stanno dedicando molto spazio al binomio appalti e PMI, sospinti non solo dalle direttive comunitarie ma soprattutto dalla consapevolezza che le Piccole e Medie Imprese sono una risorsa per il Paese.
Il Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione è stato il fenomeno che più di ogni altro ha mutato il rapporto tra le Imprese e la Pubblica Amministrazione, inevitabilmente al costo di un cambio di regole tecniche e giuridiche e di prassi operative. Ma non è finita qui, per entrambi il cambiamento si è esteso alle competenze ed ai processi interni, con differenti conseguenze per ogni Ente ed ogni Impresa.
Analizziamo il fenomeno con i numeri dell’Osservatorio MePA e le competenze di Porzio & Partners
Se il cammino della normativa e degli strumenti operativi verso l’eProcurement ha fatto rapidamente grandi passi, l’indispensabile cambiamento di competenze e processi è molto più lungo, soprattutto se osserviamo l’intero ecosistema che vive di appalti e dunque non solo gli Enti Pubblici.
Sono passati otto anni dall’entrata in vigore dell’obbligo di utilizzo del MePA per gli Enti Statali e tre dall’obbligo per gli Enti Locali. Se dopo tutto questo tempo la spesa e la quantità di Imprese sul MePA sono ancora in costante crescita, non è semplicemente perché “MePA è bello” o perché Consip pubblica sempre nuovi bandi, ma perché ancora non si è arrivati al punto di equilibrio che ci permetterebbe di dire che “tutti si sono adeguati al MePA”. Anche il fatturato sul MePA è in crescita, nonostante la spesa pubblica sia in contrazione, a conferma che l’adeguamento dei processi di acquisto della PA e del mercato di fornitura all’eProcurement richiede molto tempo.
I numeri ci dicono che la PA è molto vicina all’obiettivo di adeguarsi al MePA mentre il mercato di fornitura è stato investito da un più complesso cambiamento che ne ha mutato gli equilibri.
Nonostante Enti e Imprese in questi anni stiano affrontando le medesime difficoltà per adeguarsi al MePA, la differenza sostanziale è che se la PA è obbligata a usare il MePA a pena di nullità dei contratti, responsabilità amministrativa e illecito disciplinare o, peggio, fermare la macchina pubblica per l’impossibilità di effettuare acquisti, una Impresa ha anche la possibilità concreta di rinunciare al mercato pubblico.
Ma andiamo per ordine, e cerchiamo di capire quanto siamo lontani dall’obiettivo di acquistare sul MePA tutto quello che i bandi consentono di acquistare. Se sappiamo che la spesa sul MePA nel 2014 è stata di 1,469 miliardi di euro, sembra purtroppo impossibile conoscere a quanto ammonta esattamente tutta la spesa pubblica per i beni e servizi acquistabili sul MePA. Ma elaborando i dati diffusi dall’Autorità Nazionale Anticorruzione, scopriamo che la PA non è affatto lontana dall’obiettivo di acquistare tutto sul MePA.
E le Imprese? Quando Consip dice che il MePA è una grande opportunità per le Imprese dice la verità, perché oggi le Imprese che partecipano al MePA sono solo il 4% di quelle attive nelle categorie merceologiche del MePA, mentre prima del MePA le Imprese che vendevano alla Pubblica Amministrazione erano circa il 50%. In altre parole, oggi sul MePA 40.581 Imprese si dividono un mercato a cui una volta partecipavano mezzo milione di Imprese. E tra queste, quelle che effettivamente fanno business sono molte di meno, perché le nuove competenze fanno la differenza nella competizione digitale.
Chi volesse concludere che le Imprese siano lontane dall’obiettivo di partecipare al MePA commetterebbe l’errore di ritenere che tutte le Imprese debbano davvero migrare al MePA senza considerare che un cambiamento così radicale di regole, strumenti, competenze e processi necessariamente cambia anche l’assetto e gli equilibri di mercato: i piccoli diventano grandi, i grandi piccoli, alcuni scompaiono, altri emergono, pochi restano indifferenti.
La situazione è così lontana da quella del passato da poter concludere che sia irreversibilmente cambiata verso un nuovo equilibrio di mercato.
E infatti, le Imprese che una volta erano fornitrici della PA oggi si sono suddivise in quattro gruppi diversi:
- Quelle che vendono di più alla PA, perché il MePA ha abbattuto quel muro che le separava dalla PA
- Quelle che vendono alla PA quanto vendevano prima, salvo che ora lo fanno telematicamente
- Quelle che vendono meno di prima alla PA
- Quelle che non sono più fornitrici della PA
Queste ultime che hanno rinunciato al mercato PA sono il 90% delle Imprese che erano fornitrici della PA prima del MePA. Perché?
Parlando con queste Imprese che hanno rinunciato, scopriamo che non ce l’hanno fatta ad attraversare il cambiamento, per mancanza di competenze, di tempo o per il costo troppo elevato, che è un modo diverso di descrivere il medesimo problema: il cambiamento.
Questo è accaduto perché moltissime Imprese toccate dal sistema MePA non sono quelle che hanno un proprio ufficio gare o una segreteria tecnica, ma sono Giampiero l’idraulico, Massimo il gommista, Vincenzo l’elettricista, Maurizio il termotecnico. Sono i migliori professionisti nel loro settore, nessuno è bravo come loro, ma non hanno né una segreteria né un assistente, ma (a volte) un computer da accendere la sera al termine di una lunga giornata. Fino a ieri, per stipulare un appalto pubblico dovevano solo sottoscrivere consapevolmente una dichiarazione del possesso dei requisiti morali, ma adesso devono imparare come funziona un bando, un capitolato tecnico, un metaprodotto, un catalogo, un cottimo fiduciario, una gara aperta, e tutte le regole tecniche e giuridiche del MePA. Tutto questo rappresenta un costo troppo elevato per la maggior parte di loro.
L’effetto per alcuni è stato positivo, per altri negativo. Le opportunità create dal MePA a fronte di oneri iniziali hanno necessariamente indotto le Imprese a rifocalizzarsi maggiormente o sul mercato pubblico o su quello privato. Spesso non si è trattato di una scelta consapevole ma di una scelta di fatto.
Gli stakeholders del MePA, da Porzio & Partners fino alla stessa Consip passando per Associazioni di Imprese ed Enti Pubblici, stanno cercando di portare sempre più Imprese ad essere attive nel MePA anche per evitare che, in questo riassetto, le Imprese di dimensioni maggiori che hanno più risorse per affrontare il cambiamento aumentino la propria quota di mercato a scapito di quelle piccole.
Chi ha voluto questo cambiamento di mercato che ora tutti stiamo cercando di mitigare?
Sarebbe tanto facile quanto ingiusto puntare il dito sulla Consip.
La ripartizione dei meriti e delle responsabilità è chiara e oggettiva, sebbene da quando si parli di MePA nessuno l’abbia mai raccontata:
- Il Legislatore decide se obbligare gli Enti ad usare il Mercato Elettronico, auspicabilmente con la conoscenza degli strumenti e la consapevolezza delle conseguenze;
- Il Ministero dell’Economia e delle Finanze impartisce a Consip direttive in ordine a strategie, piano delle attività, organizzazione e ne approva il piano annuale delle iniziative merceologiche, come recita lo statuto di Consip;
- Consip agisce per conto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, come recitano i bandi del MePA, realizza e gestisce l’operatività del Mercato Elettronico nella modalità più efficace ed assiste Enti e Imprese, nei limiti di strategie, direttive e vincoli sopra descritti.
Ora che conosciamo la piramide delle responsabilità tra Legislatore, MEF e Consip, sappiamo distinguere la causa dalla contromisura e possiamo decidere dove volgere la nostra attenzione.
Ma noi non ci accontentiamo di commentare questa situazione, vogliamo cambiarla. Perché siamo convinti che la spesa pubblica, quella buona, quella trasparente, tra cui quindi quella sul MePA, sia un importante strumento di politica industriale per affrontare la recessione del mercato e rilanciare la competitività delle PMI.