Fa parte ormai del dibattito quotidiano il tema dell’IOT (Internet of Things) quale uno dei nuovi driver nell’ambito della rivoluzione legata all’Industry 4.0.
Se ne parla come di qualcosa di estremamente innovativo, che cambierà il modo di vivere delle persone, e al quale tutti dovremo adattarci. Questo è indubbiamente vero per le aziende, creature artificiali con limitate o nulle capacità cognitive, molto rigide e conservative, come del resto molte delle manifestazioni sociali umane.
Ma siamo sicuri che questo sia vero anche per le persone? Io penso che non sia così, come non è stato così, per esempio, per la rapida e per certi versi inaspettata diffusione di massa degli smartphone, e cerco di spiegarlo partendo da come funzionano certi aspetti della mente umana.
Il metodo di comunicazione umano nativo, che sta alla base di tutti i metodi successivi, è costituito dal linguaggio. Di per sé si tratta di un metodo piuttosto rozzo, basato sulla emissione e articolazione di vibrazioni nel mezzo aereo, in grado di veicolare un insieme piuttosto limitato di informazioni.
Perché allora sembra funzionare così bene? Come afferma Steven Pinker nel suo “Come funziona la mente”, il linguaggio umano trasmette informazioni unicamente perché si basa su una concettualizzazione mentale condivisa tra tutti gli esseri umani, sviluppatasi da almeno 50.000 anni, da quando cioè il linguaggio stesso si è sviluppato. Il che implica, per esempio, che sarebbe estremamente difficile, se non impossibile, per noi, comunicare con esseri differenti e aventi una diversa forma di concettualizzazione.
Questo significa che riusciamo a comunicare efficacemente grazie al fatto che tutti gli oggetti che percepiamo corrispondono nella nostra mente a dei concetti (simboli) legati ad una serie di attributi che li caratterizzano. Questa è la ragione per cui tutti comprendiamo, per esempio, la frase “apri la porta” senza che nessuno pensi a smontare la porta e letteralmente aprirla in due.
Pertanto, quando qualcuno (ovviamente umano) ha iniziato a pensare di sfruttare le moderne tecnologie per inserire e gestire informazioni negli oggetti, connetterli, e fare in modo che comunichino con noi e fra di loro, non ha fatto altro che estendere la nostra concettualizzazione mentale consentendoci quindi, per esempio, oltre che associare ad un oggetto percepito il suo simbolo mentale e i suoi attributi, di ricevere altri attributi dall’oggetto stesso; è evidente il potenziamento percettivo che se ne potrebbe ricavare.
Possiamo prevedere che tutto ciò sarà assolutamente naturale, veloce e in un certo senso, nativo, schiudendo un mondo di modalità differenti e potenziate, ma sempre naturali, di percepire il mondo e interagire con esso, quale oggi non si riescono nemmeno a intravedere.