Le vicende di queste ore sulla partita Vivendi-Mediaset inducono a qualche considerazione irrituale o quantomeno in controtendenza, per almeno due ragioni.
La prima è che lo scontro Vivendi-Mediaset, sostanziale o apparente che sia, non va inquadrato come vicenda puramente nazionale (pur rilevante nei nostri confini domestici, ma di per sé marginale, se valutata in un contesto europeo).
Sarebbe un errore di ingenuità.
La seconda è che la vicenda in sé non può essere ricondotta alla mera vocazione muscolare di un imprenditore come Vincent Bollorè, noto pur per la perfidia con cui cucina a fuoco lento i propri interlocutori prima di cannibalizzarli. Al contrario sembra rispondere a un disegno territorialmente più ampio e con caratteristiche di “sistema” piuttosto che come espansione in purezza di questo o quel settore della convergenza. Vorremmo ricordare che quando Bollorè si liberò delle telecomunicazioni francesi, in cui era immerso, si gridò al fatto che non fosse più interessato alle tlc, ma solo per scoprire poco dopo che avrebbe fatto la scalata a Telecom Italia. Poi, dopo il suo ingresso nell’incumbent italiano, furono in molti a dire che aveva fatto solo un acquisto di tipo “opportunistico”, anche in questo caso, pronto a vendere al primo acquirente in grado di assicurare una adeguata plusvalenza. Ma solo pochi mesi dopo abbiamo assistito alla crescita di Vivendi in Telecom Italia sino alla soglia del fatidico 25% delle azioni.
E allora per capire ciò che sta accadendo dobbiamo uscire dai luoghi comuni e guardare con occhi freschi le vicende in corso.
Partiamo da un paradigma imprescindibile: se, da un lato, gli operatori di telecomunicazioni stanno meditando di trasformarsi in media company, dall’altro le società televisive e di produzione di contenuti si sono convinte di dover prioritariamente transitare attraverso le infrastrutture di telecomunicazioni.
Nessuna delle due componenti della convergenza perderà forse i propri connotati originari, ma entrambe dovranno essere parte integrante di una medesima strategia. In Europa, questo processo assume peraltro connotati particolari in considerazione della costruzione del cosiddetto Digital Single Market, il mercato digitale unico continentale indirizzato ad un’immensa platea di oltre 500 milioni di consumatori, colti e alto-spendenti.
E allora come si collocano in questa chiave le vicende delle ultime ore tra Mediaset e Vivendi nel più ampio contesto competitivo europeo?
Difficile dirlo, si dirà, ma se lavoriamo di fantasia e costruiamo per gioco un possibile scacchiere di operazioni, il risultato è quello di un verosimile disegno in cui tv e tlc diventano due facce della stessa medaglia, all’interno di un perimetro territoriale ben connotato (Sud Europa) e con forti valenze politiche (area mediterranea contrapposta alla Germania).
Immaginiamo che qualcuno in Francia abbia deciso di giocare la carta della grandeur, assegnando al paese transalpino un ruolo guida nel settore rispetto al potere e alla forza di soggetti di area germanica.
Lo Stato francese è presente con una quota significativa in Orange, operatore ex monopolista francese e da tempo si parla di un suo possibile interessamento per Telecom Italia.
Ma in Telecom Italia c’è già Bollorè con Vivendi, che sta parallelamente piazzandosi in modo formidabile dentro Mediaset. Mediaset a sua volta controlla la tv commerciale più importante in Spagna (Telecinco) e Bollorè, da parte sua, ha in Francia Canal Plus, la tv a pagamento che ha innovato nei decenni passati il settore. Il quadro si completa se si considera la presenza di Telefonica (l’incumbent tlc di Spagna che ha venduto la propria quota in Telecom Italia proprio a Vivendi) in Mediaset Premium.
Ora Vincent Bollorè non ha mai fatto mistero di auspicare un polo mediterraneo dell’industria dei contenuti da contrapporre al polo nordeuropeo espresso da Germania e Gran Bretagna con l’aggiunta di Netflix.
L’attacco di Vivendi a Mediaset mira a questo?
Si, ma solo in parte.
L’altra faccia della luna, ancora nascosta, potrebbe essere quella delle telecomunicazioni e anche lì sembra far capolino una strategia di asse pan-mediterraneo difficilmente confutabile, se collocata in uno scenario più generale.
Orange, Telefonica e Telecom Italia potrebbero puntare ad una triangolazione di quote tali da lasciar intravedere una strategia di consolidamento anche in vista del Digital Single Market. E perché non pensare in futuro che un cittadino spagnolo possa diventare cliente telefonico di Telecom Italia o un utente italiano non possa diventare cliente di Orange, o un francese cliente di Telefonica, magari con accordi di scambio di assistenza locale tra i tre operatori di tlc.
Sarebbe una massa critica non indifferente.
Ma sono ancora singole tessere del mosaico e per individuare i contorni del disegno in cui le tessere si collocano occorre partire ancora una volta dalla Francia.
Qualche settimana fa il presidente François Hollande definì pubblicamente Vincent Bolloré un “pirata”, una persona inaffidabile.
Fu un’uscita fin troppo eclatante, irrituale, e per questo poco credibile.
Perché?
Quando in politica si dice qualcosa su qualcuno occorre stare attenti alle “asimmetrie” e concentrarsi sul significato opposto: le lodi in Parlamento al governo in carica sono spesso segnale ai colleghi di metter mano al serramanico…
E allora perché Hollande ha avuto quella uscita così pepata?
Semplice, perché era un’uscita bugiarda, che serviva a distrarre l’attenzione.
Anzi, c’è da scommettere che tra i due vi sia altro: ad esempio, il progetto condiviso della costruzione di un polo pan-mediterraneo (Francia, Spagna e Italia) a guida francese, la realizzazione di un disegno unitario a “doppio strato”, con una gamba nelle telecomunicazioni e con l’altra nell’industria televisiva e dei contenuti.
Qualcuno ha fatto anche ipotesi organizzative molto precise.
Una Newco di emanazione francese, con dentro di sé interessi in Orange (già a forte presenza statale francese) e in Telefonica, con Orange pronta a rilevare la quota (o parte significativa di essa) di Vivendi in Telecom Italia.
Questo permetterebbe di aggirare le regole del SIC italiano nelle quali incapperebbero Telecom Italia e Mediaset, nel caso in cui Vivendi fosse presente in entrambe.
Al contrario una presenza di Orange in Telecom Italia (in sostituzione di Vivendi) ed una quota significativa (come è già di fatto avvenuto) di Vivendi in Mediaset non creerebbe alcun problema.
Quale sarebbe il risultato della partita?
Vincent Bollorè si libererebbe in tal modo delle Tlc nelle quali è impegnato, e attraverso questa dismissione riceverebbe una adeguata plusvalenza, dopo le perdite di questi ultimi due anni.
Salirebbe sulla plancia di comando della Newco pan-mediterranea (che è da sempre il suo sogno, ma che non può essere realizzata da soli), riducendo e diluendo in tal modo i rischi con soggetti forti come i tre operatori di telecomunicazioni, ma mantenendo la propria presenza dominante (in Francia, Italia e Spagna) su quel pezzo di industria dei contenuti dove è sempre stato forte e un domani, chissà, se la Newco dovesse affermarsi, potrebbe assumerne il comando in un contesto più ampio di Digital Single Market.
Da parte sua Hollande lascerebbe l’Eliseo definitivamente (ha già annunciato di non volersi ricandidare), come facitore di un grande progetto pan-mediterraneo di telecomunicazioni e industria dei contenuti sulla base di una gestione fondata inequivocabilmente sulla grandeur francese contrapposta allo strapotere economico finanziario della Germania: un abbassamento di baricentro della UE a trazione mediterranea, un ruolo guida della Francia, un futuro radioso per il “pirata” bretone, per dirla con le parole di Hollande, che assumerebbe un peso e un ruolo per il quale sta lavorando da qualche decennio.
Nell’arco di pochi mesi ci toglieremo ogni curiosità.