Il maggiore ostacolo alle trattative tra Mediaset e Vivendi è la valutazione della pay tv Premium.
Una volta escluso che ci sia in ballo la cessione della controllata del Biscione alla media company francese, adesso i due gruppi discutono un’intesa più ampia che richiederà più tempo. Non è quindi previsto un annuncio imminente
Si parla di uno scambio azionario del 3% circa tra Vivendi e Mediaset e di un’intesa sulla governance.
L’azienda della famiglia Berlusconi non vuole di certo rinunciare ai pregiati contenuti di Premium.
Sappiamo bene che saranno proprio i player che dispongono di questi a fare la differenza in futuro sul mercato audiovisivo. Non a caso Vivendi sta procedendo con una serie di acquisizioni per ampliare il proprio portfolio e Mediaset porterebbe in dote i pregiati diritti tv della Champions League.
Ecco quindi la soluzione: le due aziende sarebbero presenti l’una nel capitale dell’altra e avrebbero a garanzia anche la presenza di un proprio consigliere nei rispettivi Cda.
Ma a ostacolare il tutto c’è l’enterprise value, Vivendi ha una capitalizzazione di 26 miliardi di euro contro i 4,5 miliardi di Mediaset.
Per equilibrare la situazione, Mediaset potrebbe garantire l’ingresso di Vivendi in Premium che vale 900 milioni di euro. Su questo prezzo però i francesi non sarebbero d’accordo.
Ed è su questo aspetto che i legali delle due compagnie si stanno confrontando per definire l’operazione.
L’uomo chiave sarebbe il finanziere franco-tunisino Tarak Ben Ammar, amico dei Bolloré e dei Berlusconi oltre a essere consigliere di Mediobanca di cui sono socie le due famiglie.
Il Sole24Ore parla di un piano Ben Ammar che prevedrebbe un accordo su tre livelli: contenuti, distribuzione e pay tv.
Obiettivo principale delle due aziende è ambire a un mercato che non sia più solo domestico ma con una vocazione chiaramente sovranazionale dove poter competere al meglio con aziende di peso come Sky Europe o new comers come Netflix.
La compagnia di Rupert Murdoch è presente nel Regno Unito, Italia, Germania e Austria.
La web company americana ha portato il proprio servizio di video streaming in UK, Svezia, Olanda, Norvegia, Finlandia, Germania, Francia, Irlanda, Svizzera, Austria, Italia, Spagna e Portogallo. Solo per limitarci all’Europa.
Mediaset e Vivendi punterebbero a una presenza in Francia, Italia, Spagna e Germania.
In Spagna c’è la pay tv Digital+ controllata da Telefonica che è anche in Premium con una quota dell’11% mentre Mediaset è presente con la tv generalista Telecinco, la prima tv commerciale del Paese. Ricordiamo anche che Vivendi ha una quota di circa l’1% in Telefonica.
Ci sono insomma tutti gli ingredienti perché questo progetto sia fattibile.
Il primo passo sarebbe la creazione di una piattaforma OTT in cui confluirebbero i servizi streaming delle due aziende (Infinity Italia e Infinity Espana e da parte di Vivendi il servizio tedesco Watchever).
Lo step successivo sarebbe quello della produzione di contenuti esclusivi così come fa Netflix da distribuire su larga scala.
E infine un’alleanza per la pay tv che metterebbe insieme le due controllate, la francese Canal+ e l’italiana Premium che potrebbero fondersi e far la guerra a Sky.
Un’ipotesi questa che è in linea con quanto sta già avvenendo sul mercato europeo dove da tempo è in atto un processo di aggregazione. Di questo è consapevole anche Sky. Ieri l’amministratore delegato Andrea Zappia, a margine di un evento a Milano della Ruling Companies Association, ha dichiarato all’Ansa: “Noi abbiamo già fatto l’integrazione tra le nostre attività in Europa, è normale che altri vadano verso un’alleanza internazionale”.
Secondo Repubblica, al vaglio ci sarebbe un progetto che va anche in altra direzione. Vivendi è il principale azionista di Telecom Italia con una quota del 24,9% che in Borsa vale oggi quasi quanto il 100% di Mediaset. Se Bolloré cedesse la propria quota all’operatore tlc francese Orange potrebbe comprare tutta Mediaset. Ma la famiglia Berlusconi vuole davvero cedere l’azienda?
Difficile crederlo. Più ipotizzabile che aspiri a un accordo di massima che gli dia la possibilità di lanciarsi su un mercato europeo.