Mediaset e Vivendi, da più di un anno in conflitto per il controllo del Biscione, sarebbero pronte a sotterrare l’ascia di guerra. Lo scrive Repubblica ieri, rilanciando voci che si inseguono da tempo. Secondo il quotidiano, Vivendi, che detiene il 28,8% di Mediaset, sarebbe pronta ad accettare una riduzione della sua quota al 5%, mentre Premium comincerebbe a collaborare con il nuovo polo nato dalla joint venture fra Canal+ e Tim per fare concorrenza nell’on demand con Netflix.
A meno di colpi di scena dell’ultim’ora, secondo Repubblica, l’accordo fra Mediaset e Vivendi sarebbe in fase di definizione. Mediaset e Vivendi sono ai ferri corti da quando il gruppo di Vincent Bollorè ha deciso nel luglio 2016 il dietrofront sull’accordo di acquisto del 100% di Premium che prevedeva uno scambio azionario del 3,5% delle rispettive quote.
Scalata ostile
Una mossa che ha mandato su tutte le furie Mediaset, tanto più che Vivendi nel giro di pochi mesi ha rastrellato quote del Biscione arrivando al 28,8% del capitale di Mediaset entro dicembre 2016, con una scalata definita ostile dalla famiglia Berlusconi, che imputa a Vivendi la caduta artificiale e voluta del valore del titolo Mediaset, in seguito alla rottura dell’accordo su Premium. Operazione che avrebbe consentito a Vivendi di rastrellare titoli Mediaset a prezzi più bassi.
Per questo Mediaset e il principale azionista Fininvest reclamano per vie legali un risarcimento danni complessivo di 3 miliardi di euro dal gruppo francese.
Ora, secondo la Repubblica, i due gruppi avrebbero convenuto di trovare un accordo entro metà dicembre, in vista di due appuntamenti decisivi per risolvere l’affaire in tempi stretti: il primo è il 19 dicembre, data dell’udienza fra le parti in Tribunale a Milano. Il secondo è l’asta per l’attribuzione dei diritti televisivi di Serie A per il triennio 2018-2021, che si dovrebbe tenere entro fine anno.
C’è da dire che per quanto riguarda i diritti per la Serie A, a più riprese i vertici di Tim hanno dichiarato che non sono strategici per la nuova joint venture fra Canal+ Tim. Ma è pur vero che se Mediaset e Vivendi giungessero ad un accordo, con il conferimento di Premium, le cose potrebbero prendere una piega diversa.
Capitolo Tim
L’altro fronte aperto in Italia per Vivendi è quello con Tim, di cui il gruppo francese detiene il 23,9% del capitale. Il 16 ottobre scorso il Governo italiano ha esercitato il golden power, i poteri speciali sugli asset strategici di Tim (Sparkle, Telsy ma anche la rete) in seguito alla mancata notifica dell’assunzione del controllo di fatto sull’azienda da parte di Vivendi. Il presidente di Tim e amministratore delegato di Vivendi Arnaud de Puyfontaine ha ribadito giovedì scorso che Tim “è un investimento strategico e di lungo periodo” per Vivendi. Ha inoltre sottolineato che la creazione della joint venture fra Canal+ e Tim, annunciata a ottobre, “è la prima manifestazione della logica alla base dell’investimento”.
Calenda: ‘Trattati come la Guaiana Francese’
In questo contesto, a tenere alta l’attenzione sul tema della rete è stato il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, che ieri ha accusato la francese Vivendi di trattare l’Italia come la Francia tratta la Guaiana Francese. Nel mirino del ministro la mancata notifica da parte di Vivendi del controllo di fatto su Tim, per la quale peraltro non è scattata alcuna sanzione finora da parte del Governo Gentiloni (che potrebbe lasciare la patata bollente al nuovo Esecutivo).
“Un’azienda che fa degli investimenti in telecomunicazioni…ha il dovere di notificare che ha perso il controllo e se non lo fa e se ci tratta come se fossimo la Guaiana Francese….deve essere portata al tavolo e l’applicazione del golden power è parte di questo processo, per chiarire che siamo un paese serio”, ha detto Caldenda al Sole 24 Ore.
Il nuovo affondo di Calenda arriva dopo il via libera in Consiglio dei Ministri del cosiddetto “decreto golden power” che impone a Tim una serie di restrizioni e condizioni sugli asset del gruppo strategici per l’interesse nazionale. E’ la prima volta che il Governo italiano esercita i poteri speciali per intervenire su asset strategici e Vivendi a questo punto è preoccupata di subire ulteriori perdite e rimedi ancor più severi, dall’ingente investimento in Tim, che al momento rappresenta una pesante minusvalenza. Resta sempre in ballo la multa per un massimo di 300 milioni di euro per la mancata notifica del controllo di fatto di Tim.
Calenda dovrebbe incontrare di nuovo l’amministratore delegato di Tim Amos Genish in settimana. Sul tavolo anche la possibile separazione e societarizzazione della rete in rame. Il ministro Calenda spinge per lo scorporo e la quotazione della rete, mentre l’ad Genish ha ribadito nei giorni scorsi che l’azienda vuole mantenere il controllo della rete, anche se “non deve per forza controllare il 100%”.