Il Tribunale delle Imprese di Roma, con sentenza n. 3512/2019 pubbl. il 15/2/2019, ha accertato la natura illecita della presenza su un profilo Facebook di collegamenti ipertestuali (links) che conducevano alla visione di due sequenze di immagini tratte dalla una serie animata trasmessa dalle reti televisive di RTI (società del Gruppo Mediaset, difesa dagli Avvocati Stefano Previti, Alessandro La Rosa e Vincenzo Colarocco) e segnatamente le immagini relative alla sigla iniziale.
La Corte romana ha dato atto dell’orientamento granitico della Corte di Giustizia UE in materia di violazioni dei diritti autorali commessi attraverso la tecnica del linking: sul carattere illecito della pubblicazione di link di collegamento a portali terzi, in assenza di qualsiasi preventiva autorizzazione del titolare, si è più volte espressa anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale ha affermato che “l’atto di collocare un collegamento ipertestuale verso un’opera illegittimamente pubblicata su Internet costituisce una ‹‹comunicazione al pubblico›› ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29” (sentenza del 26 aprile 2017 relativa al caso C-527/15 e che “la messa in rete di un’opera protetta dal diritto d’autore su un sito Internet diverso da quello sul quale è stata effettuata la comunicazione iniziale con l’autorizzazione del titolare del diritto d’autore deve essere qualificata come messa a disposizione di un pubblico nuovo di siffatta opera” (sentenza del 7 agosto 2018 relativa al caso C-161/17).
Le sentenze su citate sono infatti due delle più recenti decisioni della Corte di Giustizia UE, con cui sono state chiarite le condizioni in presenza delle quali la messa a disposizione del pubblico di opere protette tramite la pubblicazione di cc.dd. hyperlink deve ritenersi illecita: essa, infatti, in assenza di specifica autorizzazione da parte del titolare dei diritti costituisce atto di comunicazione dell’opera “verso un pubblico nuovo perché diverso da quello in origine autorizzato dall’attrice. Ed infatti i link pubblicati attraverso la pagina Facebook conducevano non a materiali pubblicati dalla stessa RTI, bensì a materiale pubblicato attraverso un sito terzo (YouTube) non autorizzato da RTI alla diffusione dei materiali audiovisivi in questione”.
Nello specifico, la Sezione Impresa della Corte romana ha riconosciuto la responsabilità della Facebook Inc. “per aver concorso, quantomeno con condotta omissiva, alle violazioni poste in essere dagli utenti che hanno fattivamente creato il profilo Facebook in contestazione”.
In ordine alla questione della conoscenza effettiva dei contenuti illeciti (la cd. “actual knowledge”), Facebook ha contestato l’idoneità delle diffide trasmesse da RTI, sostenendo che le stesse non fossero sufficientemente dettagliate in quanto non contenevano gli URLdei contenuti censurati. Tale difesa è stata ritenuta dalla Corte “del tutto priva di pregio giuridico”.
Secondo il Collegio giudicante “l’indicazione dell’URL costituisce un dato tecnico che non coincide con i singoli contenuti lesivi presenti sulla piattaforma digitale, ma rappresenta soltanto il “luogo” dove i contenuti sono reperibili e, quindi, non costituisce un presupposto indispensabile per la loro individuazione”.
Peraltro, nel caso in esame, già la prima diffida datata 26/2/2010 non soltanto forniva informazioni specifiche sui contenuti illeciti, ma conteneva anche l’indicazione dell’URL relativo alla pagina web di apertura del profilo Facebook in contestazione (si trattava della pagina attraverso la quale era possibile iscriversi al “gruppo” appositamente creato, leggere i commenti indirizzati alle due attrici ed infine visionare, attraverso i link, alcuni contenuti audiovisivi della serie animata “Kilari”).