Regno Unito, May e Rolet in visita in Arabia Saudita fanno lobbying per la quotazione di Aramco
05 apr 11:06 – (Agenzia Nova) – La premier del Regno Unito, Theresa May, riferisce la stampa britannica, nella sua visita in Arabia Saudita e’ stata accompagnata da Xavier Rolet, amministratore delegato della London Stock Exchange, la Borsa di Londra, segno dell’importanza politica attribuita alla quotazione di Saudi Aramco, la compagnia petrolifera di Stato saudita. May e’ giunta a Riad, a capo scoperto, per costruire relazioni commerciali, nonostante il disagio britannico per il ruolo saudita nella guerra dello Yemen e le critiche dei sostenitori dei diritti umani e di alcuni giornali: ad esempio “The Guardian”; altri, invece, come “The Times”, accettano il “compromesso morale” nella convinzione che la Realpolitik con i regimi repressivi sia il modo migliore per difendere i valori occidentali. Rolet e’ uno dei pochi rappresentanti del settore privato ammessi nella sua delegazione. Riad vuole collocare sul mercato una quota del cinque per cento della societa’, valutata duemila miliardi di dollari, la piu’ grande offerta pubblica di vendita di tutti i tempi: assicurarsi la componente internazionale della vendita sarebbe una conquista significativa per la Gran Bretagna, nella situazione di incertezza creata dalla decisione di lasciare l’Unione Europea.
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Siria, il presidente Usa Trump imputa l’attacco con armi chimiche ad Assad e al suo predecessore Obama
05 apr 11:06 – (Agenzia Nova) – Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha imputato al presidente siriano Bashar al Assad il grave attacco con armi chimiche che ieri ha ucciso decine di persone nella cittadina di Khan Sheikhoun, nella provincia siriana di Idlib, in un’area controllata dai ribelli islamisti di al Nusra. Stando all’Osservatorio siriano sui diritti umani e alle prime informazioni diffuse dall’Onu, l’attacco avrebbe provocato la morte di almeno 58 persone, tra cui donne e bambini. Trump non si e’ limitato a puntare l’indice contro Assad, ma ha anche chiamato in causa l’ex inquilino della Casa Bianca, Barack Obama: l’attacco, ha accusato il presidente Usa, e’ una “conseguenza” della “debolezza ed indecisione” della precedente amministrazione presidenziale statunitense. Trump ha fatto chiaramente riferimento alla “linea rossa” tracciata da Obama all’inizio della guerra civile siriana, quando aveva minacciato Damasco di intervenire direttamente nel conflitto nel caso fossero state utilizzate armi proibite; l’amministrazione Obama non aveva dato seguito alla minaccia nel 2013, dopo il primo attacco chimico imputato al regime siriano. In un comunicato diffuso dalla Casa Bianca nella giornata di ieri, Trump ha avvertito che l’attacco “non puo’ essere ignorato dal mondo civilizzato”. L’ambasciatore Usa alle Nazioni Unite, Nikki Halay, ha chiesto, assieme alla Francia e ad altri paesi, l’immediata convocazione di una riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza Onu. Damasco ha negato di essere coinvolto nell’attacco, tramite un comunicato del ministero degli Esteri diffuso nella giornata di ieri. Il governo siriano ha formalmente aderito alla Convenzione internazionale sulle armi chimiche nel 2013, dopo aver accettato la distruzione del suo arsenale di armi proibite da parte della comunita’ internazionale. Da allora, al regime di damasco sono stati imputati diversi attacchi con rudimentali armi chimiche al cloro.
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La Spagna “non ha colonizzato, ma evangelizzato”: polemiche sul presidente della tv pubblica
05 apr 11:06 – (Agenzia Nova) – La polemica e’ arrivata con qualche giorno di ritardo ma ha conquistato le pagine di molti quotidiani spagnoli. In un recente discorso pubblico, il presidente di Rtve (Radiotelevisio’n Espanola) Jose’ Antonio Sanchez ha detto che l’intervento dei conquistadores spagnoli in America e’ stato di “evangelizzazione e civilizzazione” del continente. Parole spese nel corso di un atto alla “Casa de America”, istituto culturale di Madrid che coltiva i rapporti transatlantici alimentati dalla comunanza di lingua e cultura. “La mancanza di conoscenza approfondita del tema, l’eccesso di lavoro e il poco tempo che ho avuto fanno si’ che la qualita’ delle parole che pronuncio lasci molto a desiderare per cui chiedo indulgenza per il discorso”, ha detto Sanchez aprendo l’intervento di celebrazione di un accordo firmato per l’intercambio di contenuti. I social network non hanno pero’ perdonato. “La Spagna non e’ mai stata conquistatrice, ha civilizzato e evangelizzato” ha detto il presidente di Rtve evocando a piu’ riprese le “chiese, le scuole e gli ospedali” costruiti dalla corona in Messico e dintorni. Un discorso in cui ha trovato spazio anche la citazione di Inga Clendinnen, storica e antropologa con cattedra a Cambridge, secondo cui “piangere la scomparsa dell’impero azteco e’ come fare le condoglianze per la sconfitta dei nazisti nella Seconda guerra mondiale”. Presentato il catalogo delle atrocita’ commesse dal “totalitarismo sanguinolente” degli aztechi nei confronti delle tribu’ vicine, Sanchez ha ricordato i meriti dell’intervento culturale della Spagna, paese “pieno di cattedrali”, patria di don Chisciotte e che all’epoca era un punto di riferimento del continente. Sbarcando in America ha compiuto azioni riprovevoli? “Qualcuno mi dica quale paese non lo ha mai fatto conquistandone un altro”.
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Francia, Marine Le Pen stacca Macron nonostante la mediocre apparizione al maxi-dibattito tv
05 apr 11:06 – (Agenzia Nova) – I media francesi oggi mercoledi’ 5 aprile sono dominati dai commenti e dalle analisi del maxi-dibattito televisivo che ieri sera ha visto scontrarsi tutti e undici i candidati alle elezioni presidenziali in maniera assai animata, ma anche molto confusa. I candidati “minori”, sia i due esponenti della sinistra piu’ estrema che i “sovranisti” di centro e di destra, hanno avuto in tv il loro momento di gloria ed hanno spesso messo in difficolta’ i candidati “maggiori” (Marine Le Pen, Emmanuel Macron, Francois Fillon, Benoit Hamon e Jean-Luc Me’lenchon); ma a soffrire di piu’, secondo diversi commenti fra cui quello del quotidiano economico “Les Echos”, e’ stata la leader del Front national, che nel confuso dibattito televisivo non e’ riuscita ad emergere ed a reagire agli attacchi concentrici sferrati dai suoi rivali per le inchieste giudiziarie aperte contro di lei e per la sua promessa di far uscire la Francia dall’euro in caso di vittoria. Secondo un sondaggio-lampo effettuato a caldo dalla societa’ Elabe immediatamente dopo il termine del dibattito, per conto della rete BfmTv che l’ha ospitato e citato in prima pagina da “Les Echos”, i “vincitori” della serata, quelli piu’ convincenti, sarebbero stati il candidato “indipendente” di centrosinistra, Macron, e quello del cartello di estrema sinistra della “France insoumise” (“Francia non-sottomessa”, ndr), Me’lenchonn. Tuttavia e’ presto per capire se e quanto il maxi-dibattito tv abbia influito sulle intenzioni di voto dei francesi e sia riuscito a cambiare gli equilibri tra i candidati e le dinamiche della campagna elettorale. L’ultimo dato certo disponibile e’ il sondaggio giornaliero “PresiTrack” condotto per “Les Echos” dalla societa’ di rilevazioni statistiche OpinionWay/Orpi, che ieri martedi’ 4 aprile constatava come la Le Pen avrebbe distanziato Macron di ben due punti percentuali al primo turno elettorale in calendario per il 23 aprile (26 per cento contro 24 per cento); e che soprattutto avrebbe ulteriormente ridotto lo scarto che al secondo turno di ballottaggio del 9 maggio prossimo la vedrebbe battuta da Macron: ora quello scarto sarebbe di 22 punti (69 per cento Macron e 39 per cento Le Pen), in forte calo rispetto ai quasi 30 punti di appena una settimana fa.
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Brasile: Sergio Moro, il magistrato che amava Falcone, star dell’America Latina
05 apr 11:06 – (Agenzia Nova) – Sergio Moro e’ il magistrato di punta del “lava jato”, l’operazione condotta dalla procura brasiliana per svelare le trame di corruzione ai piu’ alti livelli della politica e dell’imprenditoria. La sua fama ha passato il confine e, come le sue indagini, si e’ diffusa in gran parte dell’America Latina. Moro, considerato “un esempio” dal presidente argentino Mauricio Macri, e’ volato a Buenos Aires per un incontro pubblico all’Universita’ cattolica raccontato dal quotidiano spagnolo “El Pais”. Una delle chiavi dell’operazione e’ l’appoggio dell’opinione pubblica, spiega Moro rivendicando la scelta di dare massima trasparenza a tutti i processi. Le manifestazioni di massa a sostegno delle procure hanno “protetto la giustizia, perche’ quando si coinvolgono persone potenti c’e’ un grande rischio di affossamento”. Parte dell’opinione pubblica vede nell’operazione della magistratura un tentativo di affossare il Partito dei lavoratori, la formazione degli ex presidenti Inacio Luis Lula da Silva e Dilma Rousseff, quest’ultima caduta per impeachment. Il magistrato ricorda che fascicoli sono stati aperti nei confronti di tutti i partiti e spiega che il Brasile “sta muovendo passi importanti per affrontare la corruzione sistematica. Lava Jato, al di la’ di tutto, serve per rafforzare la democrazia in Brasile”. Moro ha studiato con attenzione “Mani Pulite” ed ha in Giovanni Falcone un “punto di riferimento”. Quando ha un momento di difficolta’ “rilegge la biografia di Falcone e capisce che le pressioni che deve affrontare non sono niente a confronto di quelle che ha dovuto sopportare l’italiano, morto in uno spettacolare attentato in piena autostrada in Sicilia”. La sua “formazione” lo porta a difendere la scelta, contestata, delle “deposizioni premiate”, le testimonianze degli stessi criminali usate come leva per istruire i processi. “Nei reati di corruzione gli unici testimoni sono gli stessi corrotti, colui che paga e colui che riceve i soldi. Usiamo un delinquente come testimone contro un suo pari”. Le deposizioni non sono atti di pentimento, ma azioni fatte per avere benefici. “Un reo confesso riceve una sanzione minore di quella che gli spetterebbe. Ma se ci offre prove rilevanti per incriminarne altri, ha un premio”, spiega Moro sottolineando che la tecnica viene usata soprattutto per far cadere i nomi piu’ alti partendo dai gradini bassi della gerarchia. “Importante”, inoltre, “l’uso della prigione preventiva, che e’ stata una eccezione ma e’ stata molto utile”.
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Usa, l’ex consigliere per la sicurezza nazionale Rice ordino’ la divulgazione dell’intelligence su Trump
05 apr 11:06 – (Agenzia Nova) – Fu il consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Barack Obama, Susan Rice, a ordinare all’intelligence Usa l'”unmasking” dei funzionari della campagna presidenziale e del team di transizione di Donald Trump intercettati prima e dopo le elezioni dello scorso novembre. A pubblicare per primo l’esplosiva rivelazione e’ stato un opinionista di “Bloomberg Intelligence”, Eli Lake, nella giornata di lunedi’. Il caso, pero’, ha guadagnato le prime pagine dei principali quotidiani statunitensi soltanto il giorno successivo, dopo che Rice, intervistata da Fox News, ha provato a smentire ogni addebito. Stando a Lake, che ha ricevuto le indiscrezioni da fonti anonime dell’intelligence Usa, Rice avrebbe richiesto “in piu’ occasioni” di rendere visibili i nomi dei collaboratori di Trump intercettati dalla Cia: intercettazioni che – ormai e’ acclarato – sono avvenute, anche se “incidentalmente”: l’ex amministrazione Obama avrebbe ordinato, prima e dopo le elezioni presidenziali dello scorso anno, l’intercettazione di diplomatici e funzionari russi sulla base di un mandato Fisa (“Foreign Intelligence Surveillance Act”), motivato col sospetto di un “sabotaggio” del processo elettorale da parte di Mosca. Le fonti di Lake hanno ribadito che le agenzie di intelligence avevano inizialmente “mascherato” i nomi dei collaboratori di Trump divenuti “incidentalmente” oggetto delle intercettazioni, come richiesto dalla legge a tutela dei cittadini statunitensi. Lo scorso dicembre, pero’, l’amministrazione Obama ha ordinato la disseminazione di questi rapporti tra tutte le agenzie della comunita’ d’intelligence Usa, e la chiara menzione dei nomi di ogni soggetto interessato dalle intercettazioni. Sarebbe stata proprio Rice a richiedere in piu’ occasioni che i rapporti riservati, e trapelati nei loro contenuti nelle settimane successive, riportassero chiaramente l’identita’ degli intercettati. Intervistata da “Fox News”, l’ex consigliere per la sicurezza nazionale si e’ professata del tutto all’oscuro dei fatti, ma al contempo ha ammesso che “lo scorso dicembre il presidente (Obama, ndr) aveva chiesto alla comunita’ d’intelligence di riunire tutte le informazioni a sua disposizione emerse nel corso della campagna elettorale”: Rice, insomma, afferma di essere stata a conoscenza dell’ordine presidenziale, ma non della richiesta. E se da un lato la “Washington Post” da’ rilievo alla sua smentita – affermando che in ogni caso “l’unmasking” dei nomi di cittadini Usa coinvolti nelle intercettazioni e’ possibile, a patto sussistano timori legati alla sicurezza nazionale – il “Wall Street Journal” pubblica ulteriori rivelazioni a carico di Rice, in un editoriale non firmato intitolato “Susan Rice smascherata”. Il quotidiano cita nuove fonti d’intelligence che confermano quanto rivelato da Lake su “Bloomberg”: a ordinare la divulgazione dei collaboratori di Trump intercettati fu proprio Rice. Quel che e’ peggio, la fonte afferma che nessuno delle “decine di rapporti d’intelligence” oggetto delle ripetute richieste di Rice avevano a che fare con “le indagini dell’Fbi sui legami tra la Russia e la campagna di Trump”. Al contrario, le intercettazioni contenevano “informazioni politiche in merito agli incontri del team di transizione di Trump e ai suoi progetti politici”, e non e’ chiaro, pertanto, su quale base giuridica siano state effettuate. Il “Wall Street Journal”, inoltre, pubblica un’altra rivelazione degna di nota: pur avendo inizialmente “mascherato” i nomi dei collaboratori di Trump, l’intelligence aveva redatto i documenti in modo che la loro identita’ risultasse comunque ovvia al lettore. Le rivelazioni delle ultime ore, scrive il quotidiano, spiegano perche’ il presidente della Commissione intelligence della Camera, Devin Nunes, si sia recato alla Casa Bianca prima di rivelare che Trump fu effettivamente oggetto di intercettazioni: i documenti che provano le richieste avanzate da Rice sarebbero custoditi proprio in quella sede, al Consiglio di sicurezza nazionale. I Repubblicani hanno gia’ richiesto che Rice sia chiamata a testimoniare di fronte al Congresso, nell’ambito delle inchieste sulla presunta influenza Russa nelle elezioni dello scorso anno. I Democratici, invece, accusano Trump di aver “fabbricato” le accuse a carico di Rice per sviare l’attenzione pubblica dalle indagini sui suoi presunti contatti con la Russia.
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Regno Unito, May lascia intendere che l’accordo commerciale potrebbe non essere concluso prima del divorzio
05 apr 11:06 – (Agenzia Nova) – La premier del Regno Unito, Theresa May, riferisce la stampa britannica, parlando dal Medio Oriente, ha lasciato intendere che la libera circolazione dei cittadini comunitari in Gran Bretagna potrebbe continuare per un periodo dopo l’uscita dall’Unione Europea, nella”fase di implementazione”; ha ammesso, inoltre, che probabilmente l’accordo commerciale non sara’ definito fino al completamento della Brexit, nel 2019. Oggi il Parlamento europeo votera’ la risoluzione contenente le sue condizioni per l’intesa Ue-Gb. Manfred Weber, leader del Partito popolare europeo, il piu’ grande gruppo parlamentare, ha dichiarato che il clearing delle transazioni in euro non puo’ restare al Regno Unito dopo la Brexit, una dichiarazione che preoccupa la City: si stimano centomila posti di lavoro a rischio. Il governo di Londra e’ impegnato in diverse missioni commerciali, oltre quella mediorientale. Il cancelliere dello Scacchiere, Philip Hammon, in visita in India, ha avuto un colloquio col ministro delle Finanze indiano, Arun Jaitley, al quale ha assicurato che le future restrizioni all’immigrazione non impediscono di negoziare un accordo di libero scambio. Il segretario al Commercio internazionale, Liam Fox, ha incontrato, invece, il presidente della Filippine, Rodrigo Duterte, suscitando polemiche per la dichiarazione di “valori condivisi”.
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Francia, quanto e’ affidabile la rilevazione Filteris che da’ Fillon al secondo turno?
05 apr 11:06 – (Agenzia Nova) – Lo studio delle reti sociali permette di interpretare la realta’ politica in Francia meglio dei sondaggi tradizionali? Se lo chiede oggi mercoledi’ 5 aprile il quotidiano conservatore “Le Figaro” dopo l’irruzione nella campagna per le elezioni presidenziali di Filteris, la societa’ canadese che analizza i flussi di comunicazione su Twitter, Facebook, Instagram. Secondo i tradizionali istituti di rilevazioni statistiche di opinione come Kantar Sofres e Ifop, al secondo turno di ballottaggio del 9 maggio prossimo la sfida piu’ probabile dovrebbe essere tra Marine Le Pen ed il candidato “indipendente” di centrosinistra Emmanuel Macron; stando a Filteris, al contrario, a superare il primo turno del 23 aprile sara’ il candidato del centro-destra Francois Fillon, oltre alla leader del Front national (Fn). In base alle analisi della societa’ canadese dunque, il “peso elettorale digitale” di Fillon misurato ieri martedi’ 4 aprile sarebbe al primo turno del 22,44 per cento: dietro la Le Pen (24,45 per cento), ma ben davanti a Macron (21,23 per cento). L’innovativa rilevazione di Filteris ha ridato slancio ed ottimismo al candidato del centro-destra, che da tempo rivendica l’esistenza di un “voto nascosto” a suo favore che i sondaggi “classici” non sarebbero in grado di rilevare; e che, secondo Fillon, si “nasconde” appunto a causa del “complotto” politico-giudiziario condotto contro di lui ed a cui i principali media del paese avrebbero fatto da grancassa. Questa “realta’ nascosta” emergerebbe dalla constatazione, secondo il “Figaro”, che il candidato del centro-destra e’ quello di cui si parla di piu’ (nel bene e nel male) sulle reti sociali, sulle quali invece Macron e’ assai meno visibile. A favore di Fillon giocherebbe poi anche il fatto che Twitter, Facebook, YouTube e le altre reti sociali consentono ad un candidato di potersi rivolgere direttamente a tutti i francesi, senza intermediari e con un tono colloquiale, per esporre con maggior precisione e dettagli le proprie idee ed i propri programmi: idee e programmi che invece restano vaghi per Macron, che quindi avrebbe poche chance di “sfondare” sul web. Il “Figaro” comunque mette in guardia dal cadere da un eccesso all’altro, dalla fede cieca nei sondaggi all’aspettarsi che sia internet ad indicare il nome de prossimo presidente della Repubblica: queste restano le elezioni presidenziali piu’ anomale ed incerte della recente storia francese.
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Germania, anche il ministro dell’Interno de Maizie’re dice “no” ad una legge sull’Islam
05 apr 11:06 – (Agenzia Nova) – La richiesta di alcuni politici della Cdu di varare una legge ad hoc per i musulmani in Germania continua ad alimentare le polemiche. Il ministro dell’Interno tedesco, Thomas de Maizie’re (Cdu), si e’ deto fermamente contrario alla proposta: “Non sarebbe compatibile con la nostra Costituzione”, ha affermato, sposando cosi’ la linea espressa dal portavoce del governo, Steffen Seibert; questi aveva chiarito lunedi’ che il governo non ha in programma alcun intervento legislativo in merito al culto islamico, e che reputa sufficientemente esaustive le disposizioni costituzionali in materia di liberta’ di culto. Tra i principali oppositori della proposta, all’interno della maggioranza parlamentare, era spiccata nei giorni scorsi la figura dell’ex segretario della Cdu, Ruprecht Polenz, che aveva definito l’ipotesi di una legge sull’islam “una folle idea populista”: “In uno Stato costituzionale con 4 milioni di musulmani e 2.500 moschee non puo’ esserci un sospetto generalizzato”, aveva affermato il politico. Tra i favorevoli alla proposta, figurano invece Jens Spahn e Julia Kloeckner, oltre a Guenter Krings, segretario di Stato del Nord Reno-Vestfalia. Questi ha dichiarato alla “Rheinische post” che “e’ innegabile una tendenza al radicalismo in molti ambienti dell’islam”. Per evitare che queste tendenze estremistiche generino un ulteriore reazione populista da parte dei cittadini, ha detto il politico, sono necessarie “leggi chiare e coerenti” a garanzia della piena adesione del culto islamico ai principi costituzionali tedeschi. Tra le proposte avanzate da esponenti della maggioranza di governo c’e’ il formale divieto per le moschee di recepire finanziamenti esteri, oltre alla brusca limitazione delle visite di imam e predicatori islamici a prigioni, ospedali e case di cura. Il rappresentante dei vescovi cattolici presso il Governo federale, Karl Juesten, ha detto che “la Chiesa cattolica ritiene che le leggi esistenti siano sufficienti a conseguire l’integrazione dell’Islam in Germania”. Scettico invece il rappresentante protestante Hans Michael Heinig.
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Il presidente tedesco Steinmeier a Strasburgo, “Europa unita sola risposta ai populismi”
05 apr 11:06 – (Agenzia Nova) – Nel suo primo discorso da presidente della Repubblica tedesco, dinanzi al Parlamento europeo di Strasburgo, Frank-Walter Steinmeier ha criticato con forza la decisione del Regno Unito di lasciare l’Ue. “E’ stata una decisione irresponsabile, come far credere agli uomini che si possa combattere il terrorismo e i cambiamenti climatici erigendo muri e abbattendo alberi”, ha dichiarato Steinmeier. Il Presidente ha poi evocato l’eredita’ delle madri e dei padri dell’Europa, spronando in particolare in questo ruolo la Germania. “Sappiamo quello che dobbiamo all’Europa”, ha sottolineato ai membri provenienti dai 28 Paesi. E ancora: “Un’Europa unita e’ la sola risposta ai populismi, per il successo della nostra storia e della nostra geografia”. Il presidente ha poi commentato le tensioni in atto tra Washington e Berlino: ha definito un malinteso l’accusa dell’amministrazione presidenziale Usa secondo cui la Germania sfrutterebbe l’adesione all’Europa e all’eurozona per ricavarne un vantaggio commerciale indebito e per praticare dumping valutario. “La forza dell’Europa non puo’ essere fondata sull’iniziativa di un singolo, ma solo grazie alla responsabilita’ di tutti. E la Germania ha una responsabilita’ speciale essendo il piu’ grande e il piu’ popoloso Stato dell’Unione europea”, ha sottolineato. Tra i “bersagli” di Steinmeier anche l’Ungheria, e in particolare il suo presidente, Viktor Orban. A Strasburgo Steinmeier ha incontrato il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani e quello della Commissione, Jean-Claude Juncker, prima di recarsi in visita a Parigi.
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