Qualcuno si aspettava una mattinata di “lotta dura e pura”… qualcun altro temeva che il dibattito finisse “in caciara”… e invece questa mattina a Roma al Cinema Adriano si è assistito ad una rappresentazione moderata (molto moderata) dello stato di strisciante preoccupazione che pure attraversa tutta l’industria cinematografica e audiovisiva italiana.
Iniziativa senza dubbio partecipata ovvero molto affollata, il che ha costretto gli organizzatori a mettere a disposizione ben 5 sale del Cinema Adriano (grazie alla disponibilità del boss della multisala Massimo Ferrero), accogliendo complessivamente oltre 1.200 persone (in gran parte giovani, e studenti di cinema).
Le criticità più gravi del sistema non sono state aggredite, semplicemente perché non sono state identificate.
D’altronde, il gran “regista” della mattinata è stato il brillante ed elegante (ma moderatissimo e diplomaticissimo) Andrea Occhipinti, titolare di una delle più qualificate e prestigiose società di distribuzione e produzione italiane, qual è la pluripremiata (ed indipendente) Lucky Red: Occhipinti è però anche esponente dell’Anica, che era e resta la principale “lobby” del settore (assieme alla consorella televisiva Apa), garante della conservazione della Legge Franceschini (di cui Anica ed Apa sono stati co-autori) e gran cantrice – almeno fino a poco tempo – delle sorti sempre “magnifiche e progressive” del cinema italico. Quella stessa Anica (presieduta da Francesco Rutelli, oggi assente) nel cui ambito operano anche coloro che non sono esattamente convinti delle potenzialità della produzione indipendente, ovvero le vecchie e nuove “major” (da Warner Bros Discovery a Disney), gran parte delle quali sono ormai soggetti integrati verticalmente e quindi operano anche come piattaforme web, anche se ben lontane dallo strapotere di Netflix o Amazon (associate ad Anica).
Ci limitiamo a segnalare che, durante la mattinata, nessuno (dicasi nessuno) ha denunciato che una delle conseguenze patologiche del sistema ovvero della “Legge Franceschini” del 2016 è stata l’acquisizione da parte di grandi multinazionali straniere delle migliori e maggiori società di produzione cinematografica e audiovisiva italiane, con buona pace del concetto di impresa “indipendente” (definizione che, nell’assetto normativo italiano, è sfuggente, a differenza di quel che avviene nella gran parte degli altri Paesi europei). E certamente con buona pace di quel concetto di “sovranità culturale” evocato talvolta dagli esponenti del Governo guidato da Giorgia Meloni.
Moderata lamentazione, e paura che il Principe chiuda i cordoni della borsa
Già questa “distrazione” soltanto evidenzia il deficit di approccio critico. In sostanza, la mattinata intitolata “Vogliamo che ci sia Ancora un Domani” ha presentato l’idea di una “industria” che complessivamente sta bene, e che, semplicemente, ha paura che il Principe chiuda troppo i cordoni della borsa…
Senza dubbio, alcune problematicità del sistema sono state identificate, ed anche importanti (l’assenza di “certezze” burocratiche, i ritardi nell’emanazione dei nuovi “decreti ministeriali” attesi da tanti mesi, la confusione perdurante su come verrà modificato il “tax credit”, ecc.), ma le questioni essenziali che alterano il sistema non sono state focalizzate. I problemi più veri non sono stati affrontati di petto. Continua a mancare una visione sistemica, focalizzata sull’esigenza di estendere un autentico pluralismo espressivo e di stimolare l’“audience development”…
Complessivamente, si è trattato di un’iniziativa di moderata lamentazione, con la richiesta di alcune piccole “correzioni di rotta”, e soprattutto l’auspicio che “le risorse” non vengano ridotte. Tra le auspicate correzioni di rotta, la necessità di prevedere una qualche particolare attenzione a settori trascurati come l’animazione ed i documentari (ma notoriamente la questione è stata ignorata nella riforma del “Tusma”…).
Il rischio – con metafora volgare ma efficace – che tutto si risolvesse in una sceneggiata del tipo “chiagni e fotti” (come ha detto il Presidente dell’Unione dei Produttori dell’Anica, Benedetto Habib, di Indiana Production – in chiusura della mattinata) era latente, e – per alcuni aspetti – s’è purtroppo concretizzato.
Le criticità noi abbiamo identificate tante volte, anche su queste colonne della rubrica IsICult per il quotidiano online “Key4biz”, e qui sinteticamente le riproduciamo: (1.) una fetta troppo grossa del sostegno pubblico al cinema viene assegnata al “tax credit” e questa stortura va corretta; (2.) una fetta troppo grossa del sostegno pubblico va alla “fiction” televisiva, a discapito del cinema “theatrical”, ed anche questa patologia va affrontata; (3.) troppo danaro pubblico italico va a vantaggio di multinazionali straniere dell’audiovisivo…
La mattinata è stata intitolata “La voce di tutta l’industria cinematografica e audiovisiva indipendente”, ma l’aggettivazione… “tutta”, senza dubbio volutamente enfatica, purtroppo non corrisponde a verità, perché sono mancate (completamente) due voci importanti: l’industria audiovisiva (così intesa come “audiovisivo non cinematografico)” ed il segmento “theatrical” della filiera (ovvero le sale cinematografiche).
La prima assenza, ovvero quella dell’Apa (Associazione Produttori Audiovisivi), che aveva firmato il manifesto-appello del 27 marzo 2024, ma si è poi sfilata ed oggi il suo logotipo non campeggiava tra gli aderenti all’iniziativa.
Ed in sala questa mattina non s’è affacciata la sua Presidente, Chiara Sbarigia, che – come abbiamo già segnalato – non è curiosamente soltanto la Presidente di Cinecittà (il mandato è in scadenza in queste settimane), ma anche la consigliera privilegiata giustappunto della Sottosegretaria delegata Lucia Borgonzoni.
La seconda assenza: completamente assente l’anima dei “cinematografari”, eppure esisterebbe un’associazione che rappresenta le sale, ovvero l’Anec, associazione silente non meno della casa-madre, la storica Agis; non si comprendono le ragioni di questa ritrosia (cautela? paura?!), dato che il “theatrical” continua ad essere il punto forse più debole della filiera, con cinematografi che chiudono sempre più (e molti sarebbero morti da anni, se non fosse intervenuto assistenzialmente lo Stato), e con la progressiva desertificazione culturale dell’intero territorio nazionale (sia nelle grandi metropoli sia in provincia).
E si potrebbe osservare che era assente anche la più giovane delle associazioni dei produttori e distributori indipendenti, Itaca (vedi “Key4biz” del 28 settembre 2023, “Nasce ‘Itaca’, nuova associazione di produttori cinematografici indipendenti”), sicuramente la più vicina politicamente al centro-destra…
Le associazioni che risultavano ad oggi aderenti all’iniziativa erano 23 (al netto di Apa), anche se curiosamente Andrea Occhipinti ha fatto riferimento ad un numero diverso, 21 soltanto.
Incomprensibile assenza della Sottosegretaria Lucia Borgonzoni, infastidita perché la comunità degli operatori si lamenta?!
Quindi, suvvia, quasi tutta l’industria. Non proprio tutta, considerando che erano assenti due anime ben significative.
Ai limiti dell’incredibile l’assenza del Ministero: la Sottosegretaria Lucia Borgonzoni non è intervenuta (anche se era stata esplicitamente invitata), e non ha nemmeno inviato un messaggio di saluto (come sempre si usa fare in queste occasioni, pur ritualmente); non è intervenuto nemmeno in sala il Direttore Generale del Cinema e dell’Audiovisivo, Nicola Borrelli, che “il sistema” conosce benissimo essendo alla guida della Dgca del Mic da moltissimi anni. D’altronde, ieri sera la senatrice leghista aveva diramato un comunicato stampa dal quale emergeva fastidio per l’iniziativa di questa mattina.
Tre esponenti delle 23 sigle che hanno aderito all’iniziativa hanno presentato un documento che presenta senza dubbio alcuni passaggi interessanti, ma che, nel complesso, non chiede modifiche radicali all’assetto attuale del sistema. La presentazione è stata tri-ripartita tra Carlotta Ca’ Zorzi (Fandango), Simonetta Amenta (Agici), ma è stato soprattutto Andrea Occhipinti (Lucky Red) a tenere le fila. Non ci soffermeremo qui su diversi altri interventi, da Valeria Puccini a Marco Bellocchio, perché sono stati stimolanti ma assolutamente generici (si rimanda alla cronaca redatta con cura da Pedro Armocida, vedi l’edizione odierna della newsletter del mensile “Box Office”, edito dal gruppo e-duesse). E non enfatizzeremo che si trattava di una conferenza stampa, ma di fatto nessun giornalista ha posto domande (e molte delle domande poste da una variegata umanità di intervenienti si sono dimostrate veramente velleitarie)…
Ancora una volta, sono state riproposte numerologie fantasiose, sia sulla quantità di “occupati” nel settore, sia sui “moltiplicatori”: dati economici che non sono mai stati oggetti di una pur minima validazione metodologica vengono strumentalizzati ad uso e consumo di chi vuole rappresentare il sistema come vivo e vitale.
Si omette di osservare che, se lo Stato ritirasse la sua mano benevola, tutto “il sistema” crollerebbe nell’arco di pochi mesi. E non è casuale che il sistema attuale sia insofferente, perché, da mesi, si attendono i decreti che detteranno le nuove regole di accesso ai contributi pubblici.
E, nel mentre, non c’è molto “capitale di rischio” che viene investito: chissà perché, nevvero?!
Se il Ministero chiudesse i rubinetti, tutta (o quasi) “l’industria” scomparirebbe nel nulla, come una grande bolla
Grande bolla che è stata causata da imprenditori talvolta truffaldini e da uno Stato che non ha messo in atto adeguati controlli.
Tutto è però avvenuto con una sorta di diffusa e silente connivenza di quasi tutti gli operatori del settore, che hanno beneficiato della manna statale su più fronti, e con i sindacati anch’essi taciturni, perché mai si era registrata una così impressionante “piena occupazione”.
L’arrivo del Ministro Gennaro Sangiuliano ha determinato la (tardiva) scoperta che c’era “qualcosa” (qualcosa di grosso) che non funzionava nel sistema.
Però nessuno, fino all’ottobre del 2022 (insediamento del nuovo Governo), aveva notato – nemmeno la Sottosegretaria leghista, che è simpaticamente passata da un governo all’altro, tra diverse cromie partitiche – che il sistema era alterato da un eccesso di sostegno pubblico male allocato.
Questa mattina nessuno (o quasi) denunciava che venivano prodotti troppi film, nessuno denunciava che la gran parte di questi film non uscissero in sala, né venissero trasmessi dalle televisioni né offerti dalle piattaforme…
Nessuno (o quasi) denunciava i meccanismi contorti e perversi del tanto decantato (anche dalla Sottosegretaria trasversale alle maggioranze) “Tax Credit”, con produzione di preventivi gonfiati e talvolta anche di fatture false (qualche intervento della Guardia di Finanza c’è stato, ma non sono mai stati messi in atto controlli a tappeto, che potrebbero evidenziare che forse “l’eccezione” criminale è stata invece paradossalmente “la regola” diffusa)… Ed oggi nessuno ha ricordato – tra l’altro – esemplificativamente l’incredibile budget del film di Saverio Costanzo “Finalmente l’alba”, 29 milioni di euro, a fronte di un contributo statale di ben 10 milioni: secondo alcuni detrattori quei 10 milioni sarebbero il vero costo complessivo dell’opera. Opera prodotta da Wild Side ovvero la multinazionale tedesca Fremantle (a proposito di “indipendenti”…) con l’apporto (ovviamente…) di RaiCinema.
Nessuno ha denunciato il saccheggio delle società di produzione cinematografica e audiovisiva italiane da parte delle multinazionali straniere
Nessuno (o quasi) denunciava le politiche di “saccheggio” del mercato italiano da parte di aggressive multinazionali straniere, che hanno fatto man bassa delle maggiori società di produzione, trasformate da “indipendenti” a “filiali” italiche di centrali decisionali in buona parte allocate all’estero…
Ancora questa mattina, in numerologie creative, emergeva quasi l’esaltazione perché nel 2023 la quota di mercato del cinema italiano sarebbe stata ben alta, addirittura il 24 %, omettendo (con disonestà intellettuale, oltre che manipolazione dei dati) che questa quota è stata in gran parte determinata da 1 titolo soltanto, l’acclamato film di Paola Cortellesi: se si sottraesse a quel 24 % il successo di “Ancora Domani”, i numeri sarebbero sconfortanti! Altro che “orgoglio” culturale nazionale: non prendiamoci in giro!
Altro dato piuttosto “fantasioso” quel 3,54 di presunto “moltiplicatore” (per 1 euro investito), attinto ad una stima di Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), che mai ha illustrato la metodologia adottata per giungere a cotanto esaltante risultato (e – secondo alcuni osservatori critici – quel dato “moltiplica” in verità l’esposizione delle finanze pubbliche, e quindi potrebbe essere interpretato paradossalmente in negativo…).
Approvato quasi di nascosto il “riparto” del Fondo Cinema e Audiovisivo (700 milioni)? Quando diventerà di pubblico dominio, e magari in bozza ancora, prima della firma definitiva del Ministro?
E nessuno, incredibilmente, questa mattina, ha segnalato che il “riparto” del Fondo Cinema e Audiovisivo, è stato approvato in fretta e furia, l’altro ieri (mercoledì 3 aprile), dal Consiglio Superiore del Cinema e dell’Audiovisivo (nominato a distanza di oltre nove mesi dalla decadenza del precedente). Non a caso 3 degli 11 componenti hanno giustamente votato contro questa procedura veramente troppo frettolosa. E – da quanto trapela – questa “ripartizione” prevede una notevolissima riduzione del budget pubblico allocato a favore del “Tax Credit” (il che è saggio, almeno a prima vista), mantenendo però lo squilibrio tra “televisione” e “cinema”, a tutto vantaggio della prima (ed infatti i televisivi dell’Apa questa mattina si sono ben guardati dal farsi vedere, perché questa asimmetria è naturalmente da loro ben apprezzata).
Eppure, questa mattina, a proposito del fondamentale “riparto” dei 700 milioni di euro, erano presenti in sala i presidenti di due associazioni (l’Anac e Cna Cinema e Audiovisivo) che siedono nel Consiglio Superiore del Cinema e Audiovisivo: perché Francesco Ranieri Martinotti (Anac) e Gianluca Curti (Cna), che pure qualche parola hanno speso, non hanno dichiarato che il “riparto” approvato non va esattamente nella direzione delle postulazioni odierne?!
Non sarebbe stato opportuno condividere con la “comunità” questo approccio, anche prima della firma del Ministro Gennaro Sangiuliano, che avrebbe potuto magari mettere in atto delle …“corrigende” in modalità “last minute”?!
Paura strisciante: atteggiamento “cerchiobottista” per timore di ritorsioni?
In sostanza, un atteggiamento complessivamente moderato, una lamentazione sommessa: in sintesi, un evidente “cerchiobottismo”. Più volte Occhipinti ha infatti lanciato segnali benevoli nei confronti della Sottosegretaria, così come dello stesso Ministro.
Alcuni osservatori hanno notato una sorta di “paura”: alzare troppo il tiro contro il Ministero può sempre determinare “ripercussioni” pericolose, anche a livello “individuale” (personale o imprenditoriale)?! Meglio lasciar prevalere prudenza e diplomazia. Dire e non dire. Denunciare e non denunciare. Criticare, ma non più di tanto.
C’è voluto questa mattina un intervento – cordiale e certamente fuori dal coro – dell’ex Direttore Generale della Siae (Società Italiana degli Autori e Editori) nonché ex Direttore Cinema del Ministero della Cultura Gaetano Blandini, per ricordare che “il sistema” è drogato da alcuni personaggi che si sono inventati dal nulla – abusando del “tax credit” – “imprenditori” cinematografici e audiovisivi?! Autentici “prenditori” (di danaro pubblico) piuttosto che veri “produttori”…
Perché questa mattina le 23 sigle, tra grandi e consolidate e piccine, non hanno chiesto conto del “piano di riparto” dei 700 milioni di euro previsti per l’anno 2024?
Perché questo “riparto” – documento massimo della politica culturale nel settore – non è stato discusso pubblicamente con le associazioni e soprattutto con l’intera comunità professionale?!
E, ancora, perché le 23 associazioni non hanno chiesto che fine ha fatto la misteriosa “valutazione di impatto” per l’anno 2022 (duemilaventidue) della Legge Cinema e Audiovisivo, che il Dgca ha inviato al Gabinetto del Ministro e che non risulta ancora pervenuta a Camera e Senato (istituzioni che avrebbero dovuto riceverla entro il 30 settembre 2023)?
Si legifera (e si critica) in assenza di adeguati strumenti di conoscenza e (auto)coscienza
Perché, in sostanza, si continua a legiferare e a regolamentare (nelle istituzioni preposte), e finanche a contestare e protestare (da parte della società civile, ovvero la comunità degli operatori), allorquando nessuno dispone (né dentro né fuori il Collegio Romano o Santa Croce in Gerusalemme) di una “cassetta degli attrezzi” che possa consentire di comprendere la vera verità del funzionamento del sistema?!
Per esempio, è stata presentata una slide che ha dell’incredibile, sulla quale però nessuno ha commentato nulla: citando la fonte ministeriale, si legge che nell’anno 2022 sarebbero stati assegnati alla produzione ben 768 milioni di euro un totale di “tax credit”, di cui 339 milioni di euro a favore di “cinema e audiovisivo internazionale” (44 %), e 254 milioni per “audiovisivo italiano” (33 %), e soltanto 176 milioni di euro per il “cinema italiano” (29 %). Già questi dati (la ripartizione dei 768 milioni di euro) dovrebbero far gridare… allo scandalo!
Retoricamente, in un’altra slide della presentazione, i promotori (si) domandano “Il sistema è perfetto?”. La risposta è semplicemente “sono necessari interventi correttivi: dialogo delle associazioni con il governo”.
Una risposta chiaramente diplomatica, che evidenza che, in fondo, la situazione determinata dai primi 7 o 8 anni della “Legge Franceschini” continua a piacere. Senza interrogarsi veramente in profondità: questo è il vero problema, l’assenza di una coscienza (auto)critica.
Ha commentato Stefano Pierpaoli, organizzatore culturale (Film Studio di Roma e +Cultura Accessibile onlus) ed attivista degli indipendenti, con crudeltà: “questa mattina nessun ragionamento di sistema e, come sempre, non c’è ombra di autocritica. La legge Franceschini fu scritta dai padroni e accettata dai prigionieri. I padroni si sono arricchiti e forse continueranno a farlo. I prigionieri si accorgono di essere fuori dai giochi, mentre l’invasore straniero occupa il territorio e impone le sue regole…”.
Nessun ragionamento di sistema
Questa approssimazione, questa solita nasometria è funzionale alla conservazione dello status quo. Con piccole “correzioni di rotta”, così come richieste da molti questa mattina.
Si ha paura di affrontare il toro per le corna. E qui di corre il rischio di finire tutti incornati.
L’iniziativa di questa mattina dimostra che, comunque, è possibile far convergere anime diverse in una prospettiva di “unità”, ma emerge altresì che questo “minimo comun denominatore” determina il rischio di un annacquamento delle tesi delle varie soggettività.
Ci si augura che il Ministro Gennaro Sangiuliano si dimostri più intraprendente e coraggioso, nello scardinare l’assetto esistente del sistema, ma molti temono che preverrà invece l’approccio sostanzialmente conservativo della Sottosegretaria Lucia Borgonzoni.
Il “piano di riparto” dei 700 milioni di euro del Fondo Cinema e Audiovisivo per l’anno 2024, non appena sarà reso di pubblico dominio (quando?!), sarà una buona cartina di tornasole per comprendere se si assisterà ad una nuova gattopardesca applicazione del principio “se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”… Auguriamoci che così non sia.
Clicca qui per le slide delle proposte delle 23 associazioni del cinema e dell’audiovisivo che hanno promosso ed aderito all’iniziativa ““Vogliamo che ci sia ancora un domani”, Cinema Adriano, Roma, 5 aprile 2024
Note: questo l’elenco completo delle 23 associazioni i cui loghi risultano nella presentazione odierna al Cinema Adriano:
- dal fronte autoriale (7 sigle):
100 Autori (sceneggiatori e registi); Anac (sceneggiatori e registi); Wgi (sceneggiatori); Acmf (compositori musiche per film); Air3 (autori); Asifa (autori animazione); Collettivo ChiarOscuro (autori della fotografia);
- dal fronte imprenditoriale (7 sigle):
Agici (produttori indipendenti); Apai (produttori esecutivi); Cartoon Italia (produttori animazione), Cna – Cinema e Audiovisivo (produttori indipendenti), Doc/it (produttori documentaristi); Unione Produttori Anica (produttori); Unefa (Unione Esportatori dell’Anica)…
- dal fronte attoriale (2 sigle):
Unita (attori); Raai (Registro Attrici Attori Italiani)
- dal fronte tecnico (7 sigle):
Aic (autori della fotografia); Amc (montatori); Asc (scenografi); Fidac (federazione delle associazioni cineaudiovisive); Agenti Spettacoli Associati (agenti); Afic (associazione dei festival cinematografici); Lara (Libera Associazione Rappresentanti di Artisti)
Nota: su questi temi, si rimanda anche agli ultimi quattro interventi IsICult su queste colonne:
“Key4biz” giovedì 4 aprile 2024
“Key4biz” mercoledì 3 aprile 2024
“Key4biz” venerdì 29 marzo 2024
“Key4biz” giovedì 28 marzo 2024
[ Note: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale; hanno collaborato Luca Baldazzi, Vincenzo Carrano, Natasha Mazza . ]
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.