La guerra delle materie prime
In un’epoca come la nostra di grave degrado ambientale e climatico, di estesa instabilità politico-economico-finanziaria su scala globale, di ritorno della guerra in Europa orientale, di scarsità di risorse energetiche e di materie prime, scegliere l’economia circolare non è un’opzione, è una necessità per l’intero ecosistema industriale e per il nostro stesso benessere.
Secondo una nota diffusa da JPMorgan Chase, nel mese di marzo i prezzi delle materie prime a livello mondiale sono cresciuti mediamente del 40% su base annua, soprattutto come riflesso delle sanzioni economiche alla Russia per l’invasione dell’Ucraina.
Solo per fare alcuni esempi: sempre per marzo 2022, il prezzo del petrolio è salito del +33% rispetto ad un anno fa, quello del gas naturale del +65%, dei metalli del +7%, mentre il prezzo del grano è aumentato del +33%.
Nella nota è riportato: “In termini di dollari, l’open interest totale dei futures su materie prime ex oro è di circa 1,4 trilioni di dollari, che, sebbene elevato per gli standard storici, sembra molto più basso rispetto allo stock di azioni, obbligazioni e contanti nel mondo”.
Le materie prime potrebbero comunque vedere un ulteriore aumento dei prezzi, anche del +30/+40% rispetto ai valori attuali, secondo il Gruppo bancario. Un trend legato da un lato alla guerra, che ha reso incerta la disponibilità di queste materie, dall’altra dall’incremento rapido della domanda di beni e servizi post-pandemia, da parte dei consumatori e delle imprese stesse.
La strada dell’economia circolare, il Rapporto Erion
Le materie prime diventano oggetto di speculazione finanziaria, che farà ancora lievitare i prezzi medi a livello mondiale, alimentando l’inflazione e obbligando gli Stati a cercare nuove coperture. Uno scenario molto preoccupante per la tenuta democratica e civile di qualsiasi Paese, nostro compreso.
Un primo intervento che è possibile fare per compensare tale crescita dei prezzi medi delle materie prime è cercare di potenziare le attività di recupero e riuso di quanto abbiamo precedentemente gettato via sotto la categoria “rifiuto”.
Abbiamo sempre sentito dire che le discariche sono una miniera d’oro, se si sa cosa cercare. Intervenendo alla presentazione del IV Rapporto sull’Economia Circolare di Erion, il Direttore del Dipartimento sostenibilità sistemi produttivi e territoriali ENEA, Roberto Morabito, ha spiegato che: “attuare una vera simbiosi industriale significherebbe dar vita a un mercato potenziale che, solo nell’Unione europea, avrebbe un valore stimato tra i 6,9 e i 12,9 miliardi di euro all’anno, frutto dello scambio di risorse fra i vari attori economici”.
Per simbiosi industriale si intende lo scambio di tutte le risorse possibili tra cicli produttivi differenti con vantaggi ambientali in termini di riduzione di utilizzo di materie prime e di emissioni. Un percorso virtuoso che in tempi di transizione energetica ed ecologica porta dei grandi vantaggi in termini di risparmi economici per imprese e casse pubbliche.
PNRR, non solo una questione di fondi
“A tale cifra – ha aggiunto Morabito – si aggiungerebbero risparmi sui costi di smaltimento in discarica dei rifiuti stimati in 72,7 miliardi di euro all’anno. Tra i settori strategici, Morabito ha evidenziato quello dei RAEE che, in un quadro di simbiosi industriale, permetterebbe di riciclare 9,5 Mt di materie all’anno (tra cui CRM) con un mercato potenziale stimato tra i 2,1 e i 3,6 miliardi di euro annui”.
Il Piano nazionale per la ripresa economia e la resilienza o PNRR ha messo a disposizione per l’economia circolare circa 2,1 miliardi di euro, da destinare alla realizzazione di nuovi impianti per il trattamento e il riciclo dei rifiuti, l’ammodernamento di impianti esistenti e la realizzazione di progetti “faro” di settore.
Ma non è solo un problema di risorse, perché molto spesso è la decisione politica a mancare. Secondo il Circularity Gap Report 2022, solamente il 9% dei materiali utilizzati a livello globale viene reimpiegato nei cicli produttivi.
Il tesoro dei RAEE
Tornando ai dati di Erion, dal riciclo di 1.000 tonnellate di rifiuti elettronici domestici (dalle lavatrici ai telefonini) è possibile ricavare circa 900 tonnellate di materie prime seconde, equivalenti al peso di 2 treni Freccia Rossa. I famosi RAEE.
A riguardo, come riportato dal Sole 24 Ore, il Consorzio Erion Weee ha scritto al Governo una Lettera, con 32 proposte volte a migliorare e semplificare a livello burocratico la gestione dei rifiuti da apparecchiature elettroniche ed elettriche domestiche e professionali o RAEE.
Parliamo di materie prime come ferro e alluminio, ad esempio, che rispettivamente hanno registrato aumenti di prezzo incredibili da settembre 2020 a luglio 2021, rispettivamente +105% e +74%.
Del resto il potenziamento del riciclo non è una risorsa solo in termini economici, ma ha anche un deciso impatto ambientale. L’adozione di metodologie idonee di trattamento permette di evitare l’emissione in atmosfera di quasi 7.000 tonnellate di CO2eq e di risparmiare oltre 1,5 milioni di kWh di energia ogni 1.000 tonnellate di Raee gestiti.