Mario Draghi mette in guardia l’Europa: senza una nuova strategia industriale, l’esistenza stessa della Ue è a rischio. Un allarme in piena regola, scritto nero su bianco nel suo rapporto sulla competitività pubblicato oggi. Per l’ex presidente della Bce, già presidente del Consiglio, servono 800 miliardi di euro per spingere gli investimenti e finanziare la trasformazione digitale e green dell’Europa. L’Europa ha bisogno di un cambio rapido e radicale per fermare la dinamica che la vede restare sempre più indietro rispetto a Usa e Cina (scarica il report The future of European competitiveness).
Un anno fa, la Commissione Europea ha chiesto a Draghi di scrivere un rapporto su come l’UE dovrebbe mantenere la sua economia più verde e digitale competitiva in un momento di crescente attrito globale.
“L’Europa è l’economia più aperta al mondo, quindi quando i nostri partner non giocano secondo le regole, siamo più vulnerabili di altri”, ha detto Draghi in conferenza stampa.
Draghi: al netto delle Big Tech l’economia Ue è paragonabile agli Usa
“Abbiamo fatto un esperimento, abbiamo rimosso il settore dell’high tech negli Usa e abbiamo comparato nuovamente l’economia degli Stati Uniti e dell’Ue a abbiamo visto che in quel caso sono paragonabili e anzi, la produttività nell’Ue sarebbe leggermente meglio. Dunque la chiave è nell’high tech e nell’innovazione”. Lo ha detto Mario Draghi nel corso della presentazione del suo rapporto sulla competitività.
Serve il doppio del piano Marshall
Nella sezione iniziale del rapporto di circa 400 pagine, Draghi ha detto che la Ue ha bisogno di investimenti aggiuntivi di 750-800 miliardi di euro (829-884 miliardi di dollari) all’anno, fino al 5% del PIL, molto più alto persino dell’1-2% del Piano Marshall per la ricostruzione dell’Europa dopo la seconda guerra mondiale. “La crescita rallenta da molto tempo in Europa, ma noi l’abbiamo ignorata“, ha detto Draghi.
Crisi energetica e rallentamento cinese
“Ora non possiamo più ignorarla. Ora le condizioni sono cambiate: il commercio mondiale sta rallentando, la Cina sta effettivamente rallentando molto e sta diventando molto meno aperta a noi… abbiamo perso il nostro principale fornitore di energia a basso costo, la Russia”.
I paesi dell’UE avevano già risposto al nuovo contesto, si legge nel rapporto di Draghi, ma pesa una mancanza di coordinamento che va superata. La frammentazione limita la scala richiesta per competere a livello globale e il processo decisionale dell’UE è troppo complesso e lento.
Serve maggior coordinamento Ue. Superare il criterio dell’unanimità
“Ciò richiederà di riorientare il lavoro dell’UE sulle questioni più urgenti, garantire un coordinamento efficiente delle politiche dietro obiettivi comuni e utilizzare le procedure di governance esistenti in un modo nuovo che consenta agli stati membri che vogliono muoversi più velocemente di farlo”, emerge nel il rapporto, secondo cui il cosiddetto voto a maggioranza qualificata, in cui non è necessario che la maggioranza assoluta degli stati membri sia a favore, dovrebbe essere esteso a più aree e, come ultima risorsa, che alle nazioni con idee simili venga consentito di fare da sole su alcuni progetti.
Mentre le fonti di finanziamento nazionali o dell’UE esistenti copriranno alcune delle ingenti somme di investimento necessarie, Draghi sostiene che potrebbero essere necessarie nuove fonti di finanziamento comune, che i paesi guidati dalla Germania sono stati in passato riluttanti ad accettare.
Servono eurobond
“Se le condizioni politiche e istituzionali sono presenti, l’Ue dovrebbe continuare – basandosi sul modello del NextGenerationEu – a emettere strumenti di debito comune, che verrebbero utilizzati per finanziare progetti di investimento congiunti volti ad aumentare la competitività e la sicurezza” europea.
“Se le condizioni politiche e istituzionali saranno soddisfatte, questi progetti richiederanno anche finanziamenti comuni”, ha detto il rapporto, citando investimenti nella difesa e nella rete energetica come esempi.
Locomotiva tedesca in crisi
La crescita dell’UE è stata costantemente più lenta di quella degli Stati Uniti negli ultimi due decenni e la Cina stava rapidamente recuperando terreno. Gran parte del divario era dovuto alla minore produttività.
Il rapporto di Draghi arriva mentre emergono dubbi sul modello economico della Germania, una volta il motore e la locomotiva dell’UE, dopo che la Volkswagen sta valutando le sue prime chiusure di stabilimenti lì.
Draghi dice che l’UE sta lottando per far fronte ai prezzi più elevati dell’energia dopo aver perso l’accesso al gas russo a basso costo e non può più contare sui mercati esteri aperti. L’ex banchiere centrale ha detto che il blocco deve promuovere l’innovazione e abbassare i prezzi dell’energia, continuando a decarbonizzare e riducendo la dipendenza dagli altri, in particolare dalla Cina per i minerali essenziali, e aumentando gli investimenti nella difesa.
“Urgenza e concretezza sono due parole chiave del report” ha detto Mario Draghi sottolineando come il documento presenta circa “170 proposte”. “Non stiamo partendo da zero, voglio rassicurarvi”, ha aggiunto Draghi osservando come, come terzi pilastro per una svolta sulla produttività il lavoro individua quello dell’“innovazione”.
Ue: Draghi critica Ai Act e Gdpr, ‘stiamo uccidendo le nostre Pmi’
L’Ue, con la sua produzione legislativa in ambito tecnologico, che costringe le aziende a dedicare sempre più “persone” alla compliance, sta “uccidendo” le proprie piccole imprese attive nei settori più avanzati dell’economia, che non possono permettersi uno sforzo simile, a differenza dei colossi del settore, peraltro non europei. Lo sottolinea l’ex presidente della Bce Mario Draghi, rispondendo a Bruxelles ad una domanda in conferenza stampa e citando come esempi il Gdpr, il regolamento generale sulla protezione dei dati, e l’Ai Act, che l’Europarlamento vanta come uno dei principali risultati della passata legislatura.
Troppe leggi e frammentate
“L’atteggiamento regolatorio dell’Ue nei confronti delle compagnie tecnologiche – afferma – ostacola l’innovazione. L’Ue ha quasi 100 testi legislativi relativi al settore tecnologico e molte di queste leggi adottano un approccio precauzionale, dettando specifiche pratiche, per evitare rischi potenziali ma indeterminati. Per esempio, l’Ai Act impone requisiti aggiuntivi per modelli che eccedono una soglia predefinita, che i modelli più avanzati già superano. Le aziende digitali sono scoraggiate dal fare affari nell’Ue attraverso delle controllate, perché devono affrontare requisiti eterogenei, una proliferazione di agenzie regolatorie, il gold plating (cioè l’imposizione di requisiti più stringenti, ndr) della legislazione Ue da parte delle autorità nazionali, limitazioni allo stoccaggio e al trattamento dei dati”.
GDPR riduce del 15% utili delle Pmi
Tutte cose, osserva l’ex banchiere centrale, che creano “elevati costi di compliance (la funzione aziendale che si occupa del rispetto delle normative, ndr). Si stima che il regolamento generale sulla protezione dei dati abbia ridotto gli utili delle piccole aziende tecnologiche del 15%. C’è un problema generale: tutta questa legislazione richiede persone per la compliance. Ma queste sono piccole imprese: spesso hanno due o tre persone. Quello che mi hanno detto coloro che ora lavorano negli Usa è ‘non posso permettermi di assumere persone solo perché controllino il rispetto della legislazione’. Alla fine, questa legislazione si applica alle aziende molto grandi, 5-6 imprese enormi, statunitensi, mentre noi in realtà stiamo uccidendo le nostre piccole imprese. Non abbiamo grandi imprese come negli Usa: abbiamo piccole imprese. Con questa legislazione che ci siamo dati, che in realtà è autolesionista, stiamo uccidendo le nostre imprese”, conclude.
Draghi: non riconoscere crisi significa ignorare realtà
“Secondo me, siamo già in una modalità di crisi. E non riconoscere questo stato significa ignorare la realtà e scivolare verso la situazione che non si desidera avere”. Lo ha dichiarato Mario Draghi nella conferenza stampa di presentazione del suo rapporto sul Futuro della competitività europea. “Queste sono proposte che riteniamo necessarie per aumentare la produttività nell’Unione europea, e questo è l’obiettivo principale”, ha evidenziato.
Draghi, nel settore auto disallineamento Ue tra green-industria
Nel settore delle auto, guardando alla transizione verde e al previsto stop ai motori a diesel e a benzina nel 2035, in Ue si è verificato “un grave disallineamento” tra le richieste all’automotive e l’installazione delle colonnine di ricarica per le auto elettriche. Lo ha detto l’ex premier Mario Draghi in conferenza stampa presentando il suo report sulla competitività Ue.
“Il sistema europeo di scambio di quote di emissione (Ets) è stata una misura importante per ridurre le emissioni, efficace”, ha evidenziato Draghi, mettendo tuttavia in luce a più riprese la necessità di “assicurarsi che tutte le politiche siano allineate: le politiche climatiche con le politiche industriali, quelle industriali con quelle commerciali, e così via”.
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