Quando si cita la censura, la mente corre ai testi giornalistici o ai servizi del telegiornale. Nei fatti però, anche la censura della musica—specialmente se ‘popolare’—è stata, ed è, piuttosto comune.
Il più interessante caso italiano è relativo alla vecchissima ‘Maramao perché sei morto?’, una canzone censurata nel Belpaese per la prima volta—che si sappia—addirittura nel 1831, quando, nella notte del 10 febbraio di quell’anno, fu arrestato un disabile che per le vie di Roma cantava “Maramao perché sei morto? Pan e vin non ti mancava, l’insalata sta all’orto…”, in quanto si pensò facesse ironico riferimento alla scomparsa del Papa Pio VIII, deceduto alcuni giorni prima.
Il problema ‘politico’ con quella canzonetta—della quale esiste anche un’improbabile versione di Rita Pavone—è che la si possa cantare in segno di scherno verso i potenti appena passati a miglior vita. Così, era invisa anche al fascismo, che la mise al bando in occasione della morte nel 1939 del presidente della Camera dei Fasci e delle Corporazioni Costanzo Ciano, padre di Galeazzo Ciano e consuocero di Benito Mussolini.
Il fascismo inoltre si poneva il problema dell’arrivo in Italia della musica popolare americana. Al riguardo, Carlo Ravasio—Vicesegretario del Partito Nazionale Fascista—scrisse: “È nefando e ingiurioso per la tradizione e per la stirpe riporre in soffitta violini e mandolini per dare fiato a sassofoni e percuotere timpani secondo barbare melodie che vivono soltanto per le effemeridi della moda. È stupido, ridicolo e antifascista andare in solluchero per le danze ombelicali di una mulatta o accorrere come babbei ad ogni americanata che ci venga da oltreoceano”.
Non è che ‘l’oltreoceano’ sia poi immune alla censura musicale, anche se la motivazione è almeno nominalmente più ‘morale’ che strettamente politica. Ne è esempio il divieto (nel 1975) alla trasmissione da parte delle reti radiofoniche Usa di “The Pill” della cantante country Loretta Lynn—promuoveva l’utilizzo dei contraccettivi orali—oppure, per motivi forse ancora più ovvi, di “Fuck the police” del gruppo rap NWA nel 1988. Questo solo per citare poche istanze…
L’usanza non è solo americana. Da questa parte dell’Atlantico, la BBC inglese è notoriamente attenta al rischio di ‘dare offesa’, come quando (nel 1967) ha ‘bannato’ i Beatles per “Lucy in the Sky with Diamonds”, a causa della presunta promozione del consumo dell’LSD, oppure, nel 1969, “Je T’aime… Moi Non Plus”, di Jane Birkin e Serge Gainsbourg, per via del sottofondo ‘orgasmico’. Non parliamo poi della colorita versione di “God Save the Queen”, degli Sex Pistols (1977)…
Malgrado tutto ciò, è da notare, specialmente nei confronti della musica ‘pop’ anglosassone, che la lista delle canzoni vietate calza in maniera meravigliosa con quella dei ‘Greatest Hits’.