La trasformazione digitale del settore manifatturiero avanza a grandi passi e si susseguono gli studi di settore per capirne trend ed evoluzioni. Come evidenziato da uno studio IDC, gli investimenti mondiali in servizi e tecnologie abilitanti la digital transformation (DX) aumenteranno del 16,8% quest’anno e
La voce che attrae la maggior parte delle risorse è quella della manifattura, per la precisione la smart manufacturing.
A fine 2018, la spesa in soluzioni digitali potrebbe superare i 333 miliardi di dollari a livello globale, circa un terzo del totale degli investimenti in trasformazione digitale.
Ulteriore outlook sul manifatturiero 4.0 è quello di Capgemini, secondo cui l’industria manifatturiera a livello globale, tramite la progettazione e la commercializzazione di dispositivi smart e connessi, potrebbe registrare un incremento dei propri ricavi tra i 519 e i 685 miliardi di dollari in termini di valore aggiunto entro il 2020.
Ovviamente, per raggiungere un tale risultato, si legge nel Report “Digital Engineering: The new growth engine for discrete manufacturers”, “è necessario che i produttori investano in digital continuity e in competenze digitali dalle quali trarre vantaggio”.
Andando ad esaminare i dati, entro il 2020 i produttori stimano che quasi il 50% dei loro prodotti diventerà smart e connesso, con un aumento del 32% rispetto al 2014. Inoltre, “il 18% degli intervistati dichiara di voler passare da un business model basato completamente sui prodotti a uno fondato esclusivamente sui servizi”.
Altro dato estremamente rilevante è che quasi il 50% dei produttori punta a spendere oltre 100 milioni di euro in piattaforme PLM (Product Lifecycle Management) e in soluzioni digitali nei prossimi due anni, mentre la percentuale di budget IT destinata al mantenimento di sistemi legacy è diminuita in modo significativo, dal 76% nel 2014 al 55% nel 2017.
Fondamentale sarà investire in competenze ed ecosistemi digitali. In base a quanto riportato dal Report, “tra le capacità attualmente a disposizione dei “principianti “, quelle insufficienti sono legate alla gestione dei dati per l’86% degli intervistati; il 95% ha scarse competenze in materia di progettazione di applicazioni e il 94% per quanto riguarda l’intelligenza artificiale”.
Il documento suggerisce, infine, che “le assunzioni esterne non colmeranno completamente il gap digitale, il che significa che le aziende dovranno investire in formazione, strumenti e nuovi modi collaborativi di lavorare per i propri dipendenti”.