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I più amati sono gli spaghetti. La produzione italiana è di 3,5 milioni di tonnellate
Gli italiani consumano circa 23 chili annui pro capite all’anno e, ovviamente, siamo in cima alla classifica mondiale. In un anno nel mondo si mangiano circa 17 milioni di tonnellate di pasta, quasi il doppio rispetto a dieci anni fa, quando era ben al di sotto dei 10 milioni di tonnellate. Merito anche delle varietà di tipi di pasta disponibili sul mercato: sono oltre 300 tra pasta lunga, corta, liscia, rigata, colorata, ripiena, ecc…
Un piatto di pasta su tre nel mondo è con gli spaghetti
Si stima che i 10 formati di pasta più amati e acquistati dagli italiani rappresentino il 60% del totale della pasta mangiata nel nostro paese nel corso di un anno. Ma tra i tanti tipi di pasta disponibili, il re incontrastato resta lo spaghetto: in Italia un piatto di pasta su cinque è preparato con gli spaghetti. Una percentuale alta? No, bassissima: in tutto il mondo, infatti, ben 1 piatto di pasta su 3 è fatto di spaghetti. Al secondo posto della graduatoria dei tipi di pasta più venduti in Italia ci sono le penne – penne rigate, per essere precisi – e al terzo i fusilli. Fuori dal podio restano i rigatoni, mentre a seguire troviamo farfalle, linguine, lumachine, bucatini e mezze maniche. Chiudono la top ten le lasagne.
Gli italiani mangiano 23 kg di pasta a testa all’anno
Secondo le stime di Unione Italiana Food le famiglie italiane mangiano pasta in media ben cinque volte a settimana. D’altra parte, la pasta è considerato l’alimento preferito da un italiano su due, soprattutto al Sud. Una passione che ogni anno si traduce, come dicevamo, in ben 23 chilogrammi di pasta consumati pro capite: un quantitativo superiore a quello di qualunque altro paese: in Tunisia se ne mangiano 17 chilogrammi a testa all’anno, in Venezuela 12 e in Grecia 12,2.
L’Italia produce 3,5 milioni di tonnellate di pasta all’anno
Secondo Coldiretti, in Italia sono 200mila le aziende agricole che si occupano della produzione di grano duro di alta qualità, per rifornire una filiera che conta 360 imprese e circa 7.500 addetti, incaricati di realizzare un prodotto del valore complessivo di circa 5 miliardi di euro. Sì, oltre a essere grandi mangiatori di pasta, gli italiani sono eccezionali produttori di questo alimento. L’Italia è infatti il primo produttore mondiale di pasta, con 3,5 milioni di tonnellate all’anno, davanti a Stati Uniti e Turchia. Un primato che è naturalmente riconosciuto e apprezzato all’estero. L’Italia esporta ogni anno il 60% della pasta che produce, commercializzandola in quasi 200 paesi. Per il 65% le esportazioni avvengono nei paesi dell’Unione Europea, in particolare Germania (oltre 440mila tonnellate annue), Regno Unito (296mila) e Francia (267mila). La restante parte è la quota di export fuori dai confini europei, in particolare negli Stati Uniti (259mila tonnellate all’anno). Quelli elencati sono, tradizionalmente, i paesi che più importano la pasta italiana. Anche se di recente si registrano crescite consistenti in altri mercati, come Arabia Saudita, Canada, Costa d’Avorio, Indonesia e Iraq.
Come si produce la pasta? In sette fasi
Il processo produttivo della pasta secca si sviluppa in sette fasi. Tutto inizia con la selezione delle semole di grano duro: step preparatorio fondamentale, perché ha un’influenza determinante su quello che sarà il prodotto finale. Si passa poi alla macinazione, con il frumento che viene setacciato e macinato al fine di ottenere semola e semolato. La semola viene mescolata all’acqua per formare l’impasto, che successivamente passa alla trafilazione, il momento in cui si modella il formato prescelto. Quindi è la volta dell’essiccamento, necessario per ridurre il contenuto di acqua, e poi del raffreddamento, per riportare la pasta a temperatura ambiente. Infine, si può procedere con il confezionamento.
La crescita del prezzo della pasta
Il grande amore degli italiani per tutti i tipi di pasta, in un certo senso, è stato messo alla prova negli ultimi mesi, a causa dei rincari del grano duro (con il conflitto in Ucraina), che hanno inciso sul prezzo della pasta. Questo perché l’Italia, per raggiungere grandi quantitativi di pasta prodotta, oltre a quello coltivato sul territorio nazionale, il grano deve anche importarlo (in particolare dal Canada). Secondo Assoutenti, è proprio la pasta uno dei prodotti base della dieta delle famiglie italiane ad aver subìto i maggiori rincari tra il 2022 e il 2023, con prezzi in aumento fino al 25%.
Come si riconosce la pasta di qualità
Una pasta di qualità la si riconosce dal colore che ha prima della cottura: giallo ambrato omogeneo, senza puntini. Una volta “calata” nella pentola, un segnale sulla qualità arriva dalla limpidezza dell’acqua, che deve rimanere poco torbida. Naturalmente la pasta deve anche “tenere” la cottura: pezzi rotti o incollati sono sintomo di una bassa qualità. Proprio la rottura e l’incollamento, tra l’altro, sono tra gli “incubi” principali quando cuciniamo la pasta, rispettivamente per il 66% e il 59% degli italiani. Ma altri fastidi sono dati anche dai tempi di cottura sbagliati sulla confezione (37%) e dal timore che, una volta aggiunto il condimento, risulterà un piatto con poco sugo (36%).
I dati si riferiscono al: 2022
Fonte: Unione Italiana Food, Coldiretti, Assoutenti