Allarme criminalità digitale nel rapporto semestrale della Dia, che punta il dito contro le crescenti competenze tecnologiche delle cosche. Social network usati per fare proseliti.
Il metaverso è il nuovo fronte sul quale puntano le organizzazioni criminali, grazie alla loro capacità di cogliere le evoluzioni tecnologiche ed economico-finanziarie. Lo rileva la Dia (Direzione investigativa antimafia) nella relazione semestrale che si sofferma “sulla resilienza della criminalità organizzata e sulla capacità di cogliere celermente le trasformazioni tecnologiche e dei fenomeni economico-finanziari su scala globale, sfruttando ogni opportunità di profitto e realizzando una notevole espansione speculativa, non da ultimo grazie agli strumenti tecnologici connessi al metaverso, alle piattaforme di comunicazioni criptate e in generale al web (sia la rete internet che il dark web) e ad altri settori del mondo digitale meno conosciuti”.
‘Le Mafie nell’era digitale’ della Fondazione Magna Grecia (scarica il PDF)
Rapporto della DIA secondo semestre del 2022 (scarica il PDF)
Adeguare le agenzie di sicurezza alla sfida digitale
“Bisogna, quindi, adeguare gli strumenti tecnologici a disposizione delle agenzie di sicurezza alle nuove sfide nel contrasto alla criminalità organizzata, aumentare le capacità di penetrazione del metaverso, delle comunicazioni criptate e in generale del web (sia la rete internet che il dark web) e in altri settori del mondo digitale meno conosciuti, perché le mafie sono capaci di rigenerarsi continuamente – si legge – perché hanno a loro disposizione tecnologie e tecnici di altissima specializzazione. Per rimanere al passo dei tempi, cercando di essere magari un passo avanti a loro, poiché esse operano sempre più sul web e nel metaverso. La Relazione contiene uno specifico FOCUS di approfondimento sulle piattaforme di comunicazione criptate, in considerazione del sempre più diffuso ricorso a questa tecnologia da parte dei sodalizi criminali”.
Cooperazione con l’Europol
Per questo “il percorso di intensificazione della cooperazione internazionale sempre avvalendosi dell’importante progetto della Rete Operativa Antimafia @ON di cui la Dia e’ ideatore, promotore e Project Leader. Il progetto ha visto un’ulteriore espansione grazie alla disponibilità presso Europol di dati provenienti proprio dalle piattaforme di comunicazioni criptate, poste sotto sequestro da varie autorità giudiziarie estere, che hanno permesso di ricostruire ampie dinamiche criminali orchestrate da organizzazioni ben strutturate e ramificate non soltanto all’interno dell’Ue”.
Quindi “l’utilizzo sempre più diffuso delle comunicazioni criptate rappresenta una sfida attuale e futura che la tecnologia offre di continuo e che in futuro potrebbe essere affiancata dal diffondersi su scala globale del metaverso, scenario rispetto al quale Europol ha già evidenziato le potenzialità criticità cercando di veicolare alle Forze dell’ordine dell’Ue le raccomandazioni su quello che potrebbe accadere e come adattarsi e prepararsi all’intervento operativo nel nuovo contesto”.
Mafie digitali, i boss influencer
Un allarme digitale in piena regola, nuovo terreno di coltura e di business illeciti per le mafie come denunciato a più riprese dal Professor Antonio Nicaso, Membro del Centro Studi della Fondazione Magna Grecia che da tempo punta il dito sulla dimestichezza della criminalità organizzata con i nuovi strumenti digitali. In particolare con i social network, diventati un ottimo canale di proselitismo.
Amanti della musica, dalla trap al neomelodico, delle auto di lusso, dei gioielli e delle armi. Questo, e non solo, è il ritratto dei nuovi boss mafiosi, ormai sempre più attivi sui social network, da Facebook passando per Instagram, e soprattutto negli ultimi tempi, TikTok, che utilizzano non solo in maniera “ludica”, ma anche per creare un vero e proprio network criminale.
Un interreale mafioso
Sono queste le caratteristiche principali emerse dal rapporto Le mafie nell’era digitale, stilato dalla Fondazione Magna Grecia e presentato a maggio scorso alla Camera da Antonio Nicaso, docente di Storia della criminalità organizzata presso la Queen’s University in Canada, Marcello Ravveduto, professore di Public and digital history alle Università di Salerno e di Modena-Reggio Emilia e responsabile della ricerca, e Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Catanzaro.
TikTok e Instagram, i nuovi linguaggi della criminalità
Sono addirittura 20mila commenti a video YouTube, 90 GB di video TikTok (per un totale di 11.500 video) e 2 milioni e mezzo di tweet i contenuti analizzati dagli esperti, che hanno evidenziato come questi: “Raccontano i nuovi linguaggi della criminalità organizzata sui social e confermano la capacità delle mafie di reinventarsi continuamente in base alle esigenze del presente. E di progredire, man mano che il digitale prende la scena facendo cadere i confini tra il reale e il virtuale. Dopo una prima fase in cui la le mafie usano i social in modo quasi ludico infatti – si legge nel Rapporto della Fondazione presieduta da Nino Foti -, anche nel mondo criminale subentra una maggiore consapevolezza del mezzo. Che diventa luogo di sponsorizzazione e comunicazione con gli affiliati così come con i nemici. Fino ad arrivare, con lo sbarco in Rete della nuova generazione criminale, alla creazione dell'”interreale mafioso”. Ovvero di una continuità tra quanto accade in rete e il mondo reale”.
‘Le Mafie nell’era digitale’ della Fondazione Magna Grecia (scarica il PDF)