Brexit, Macron non avra’ pieta’ di May
13 giu 11:01 – (Agenzia Nova) – Ora c’e’ “una leadership forte e stabile”, per usare le parole della premier britannica, Theresa May, ma non nel Regno Unito bensi’ in Francia, osserva l’editorialista del “Financial Times” Gideon Rachman. May iniziera’ i negoziati per l’uscita dall’Unione Europea indebolita, mentre il presidente francese, Emmanuel Macron, ha appena ottenuto la maggioranza alle legislative. I due leader si incontreranno oggi a Parigi. Nel campo Remain c’e’ chi pensa che la combinazione tra la forza del primo e la debolezza della seconda potrebbe risparmiare alla Gran Bretagna l’uscita dall’Ue nella modalita’ piu’ “dura”, ma e’ improbabile; il leader francese non ha molti incentivi ad aiutare Londra, mentre guardera’ sempre di piu’ alla Brexit come a un’opportunita’ storica. Il programma di rilancio della Francia di Macron ha l’Ue al centro e la sua visione di una Francia rivitalizzata in un’Ue rivitalizzata funziona meglio se la Brexit procede senza interruzioni. Macron e’ un esponente di quell’ala della politica francese che crede in “piu’ Europa”; vuole una maggiore integrazione nella difesa come nella finanza. Tradizionalmente il Regno Unito, invece, e’ stato un freno per il federalismo europeo; un’Ue senza Gran Bretagna, quindi, potrebbe essere piu’ aperta alle idee francesi e all’integrazione economica, alla protezione dei mercati e alla creazione di un’identita’ nella difesa. Tuttavia, la finestra dell’opportunita’ non e’ ampia e Macron non permettera’ che il processo della Brexit vada avanti per molti anni. Un’uscita dall’Ue che comporti qualche sofferenza alla Gran Bretagna servirebbe anche agli scopi di politica interna di Macron, lo aiuterebbe a rendere di nuovo popolare in patria il progetto europeo. Senza Regno Unito, inoltre, sarebbe piu’ facile far ripartire il motore franco-tedesco: la Germania e’ piu’ ricettiva alle proposte della Francia alla luce della Brexit e della presidenza Trump negli Stati Uniti. L’allargamento dell’Unione a est, nell’ex blocco sovietico, fortemente voluto da Londra, ha annacquato il tradizionale orientamento europeista francese. Ma l’Ungheria e la Polonia si sono autoemarginate con politiche illiberali e antidemocratiche. Con la Gran Bretagna fuori e i grandi paesi membri orientali ai margini, la Francia spera che l’Ue possa somigliare un po’ di piu’ all’originaria “Europa dei Sei”. Le opportunita’ a cui guarda Parigi sono tanto economiche quanto politiche. Col Regno Unito fuori dal mercato unico, la Francia avrebbe la possibilita’ di espandersi nei settori finanziario e manifatturiero. A tale scopo una Brexit “dura” funzionerebbe meglio.
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Usa, il Senato inasprisce le sanzioni alla Russia e le sottrae all’autorita’ della Casa Bianca
13 giu 11:01 – (Agenzia Nova) – I membri del Senato Usa hanno trovato l’accordo per discutere questa settimana il varo di un pacchetto globale di sanzioni alla Russia. Lo riferisce la “Washington Post”, secondo cui le misure sanzionatorie verranno allegate a un disegno di legge che inasprisce le sanzioni a carico dell’Iran. L’intenzione dei senatori e’ di “codificare” le sanzioni gia’ varate dagli Usa nei confronti di Mosca e introdurre nuove misure punitive “alla luce delle azioni aggressive della Russia in Ucraina (…) in Siria e sul fronte dell’hacking informatico”. Il provvedimento, inoltre, punta ad attribuire al Congresso il potere di revisionare preventivamente qualunque futuro tentativo da parte dell’amministrazione presidenziale Trump di ridimensionare le sanzioni a carico della Russia. Il leader della maggioranza repubblicana al Senato, Mitch McConnel, ha presentato l’emendamento nella serata di lunedi’, e il voto e’ stato calendarizzato per la fine di questa settimana. “Si tratta di un provvedimento legislativo completo”, ha commentato il presidente della commissione Affari esteri del Senato, Bob Corker. “Tocca davvero tutti gli aspetti” della politica sanzionatoria nei confronti della Russia. Il provvedimento recepirebbe tre distinte proposte di inasprimento delle sanzioni presentate dai senatori in relazione alla crisi ucraina, a quella siriana e alle presunte intromissioni della Russia nelle elezioni presidenziali statunitensi dello scorso anno. Il disegno di legge conterrebbe anche non meglio precisati provvedimenti atti a “contrastare in maniera piu’ efficace la propaganda russa negli Stati Uniti e in Europa”. Tra i bersagli delle sanzioni addizionali figurerebbero l’intelligence e l’apparato della Difesa russi, oltre ad operatori russi nei settori energetico, minerario, ferroviario e dei trasporti marittimi.
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Usa, Trump starebbe valutando di licenziare il procuratore speciale sul “Russiagate”
13 giu 11:01 – (Agenzia Nova) – Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, starebbe valutando di licenziare il procuratore speciale nominato dal capo del dipartimento di Giustizia, Jeff Sessions, per condurre le indagini sulle presunte relazioni tra la campagna elettorale di Trump e la Russia. Lo ha dichiarato Chris Ruddy, ad di Newsmaz Media e amico di lunga data del presidente Usa, nel corso di una intervista alla Pbs. “Credo stia valutando di terminare la commissione speciale. Penso stia valutando questa opzione, ha detto Ruddy, riferendosi alla squadra assemblata dal procuratore speciale – l’ex capo dell’Fbi Robert Mueller – per far luce sulle accuse che da oltre un anno gravano sul capo del presidente e dei suoi collaboratori, e che sinora non sono state corroborate da alcuna prova. La portavoce della Casa Bianca, Sarah Huckabee, ha diffuso un comunicato chiarendo che Ruddy “parla per se’ stesso”. L’amministrazione presidenziale, pero’, non ha espresso formalmente sostegno al procuratore speciale, e lo stesso ha rifiutato di fare il legale del presidente Trump, Jay Sekulow. La testimonianza dell’ex direttore dell’Fbi James Comey di fronte al Senato, la scorsa settimana, ha sollevato dubbi in merito all’imparzialita’ di Muellee, che di Comey e’ amico di lunga data. Comey, infatti, ha ammesso di aver divulgato alla stampa i suoi personali resoconti delle conversazioni private con Trump dopo essere stato licenziato dal presidente, proprio per ottenere la nomina di un consigliere speciale che indagasse sul presidente. Pochi giorni dopo, Mueller e’ stato nominato a capo delle indagini, ed e’ proprio con Mueller che Comey ha concordato anticipatamente i contenuti della sua testimonianza al Senato. Trump, insomma, dubita dell’imparzialita’ del procuratore speciale chiamato a far luce sul cosiddetto “Russiagate”; imparzialita’ che e’ messa in dubbio anche da una indiscrezione pubblicata da “The Hill.com”: stando al portale di informazione politico, quattro dei collaboratori nominati da Mueller per indagare sull’amministrazione hanno effettuato donazioni private al Partito democratico durante la campagna elettorale dello scorso anno.
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Venezuela, il Peru’ lancia Justine Trudeau come “arbitro” per la crisi
13 giu 11:01 – (Agenzia Nova) – La crisi in Venezuela rischia di finire “in un bagno di sangue”, con fughe disperate via terra e via mare analoghe a quelle “dei migranti nel Mediterraneo”. Ma anche se i vari tentativi messi in moto dalla diplomazia internazionale non hanno avuto successo, e’ necessario non rassegnarsi. Lo ha sottolineato il presidente del Peru’ Pedro Pablo Kuczynski, in questi giorni in visita ufficiale in Spagna, riassumendo i dettagli di una proposta di mediazione disegnata assieme al ministro degli Esteri Ricardo Luna. A far uscire il paese di Nicolas Maduro dalla crisi dovrebbero lavorare personalita’ di alto profilo indicate da tre paesi “democratici” – si parla di Cile, Colombia, Brasile o lo stesso Peru’ – e tre del fronte “bolivariano”, Nicaragua, Cuba e Bolivia. A fare da arbitro serve un uomo sopra le parti e per questo accettato dalle due fazioni. Il presidente non ha indicato direttamente un nome ma il suo ministro degli Esteri ha messo sul piatto l’ipotesi del primo ministro canadese Justin Trudeau, segnala il quotidiano “El Pais”, organizzatore del forum “El Peru’ del futuro”. Lima ritiene che i due paesi potenzialmente in grado di incidere sulle sorti della crisi – Stati Uniti e Cuba – non sono al momento in grado di esercitare la giusta influenza sul paese di Nicolas Maduro, sempre piu’ affondato nel duro confronto tra le opposizioni che chiedono la liberazione dei prigionieri politici e garanzie democratiche e il governo che accusa la “destra” borghese di ordire un colpo di Stato con il favore delle potenze straniere. Il ministro Luna ha anche riconosciuto lo scarso peso mostrato al momento dalle organizzazione regionali come l’Unasur (Unione delle nazioni sudamericane) o la Cealac (l’insieme dei paesi dei continenti americani, eccezion fatta per Usa e Canada). E a poco serve anche la linea di eccessivo protagonismo scelta dal segretario dell’Osa (Organizzazione degli Stati americani), l’uruguaiano Luis Almagro, interprete di un aspro faccia a faccia con Maduro. Nel frattempo la tensione a Caracas e dintorni non accenna a diminuire. Un uomo di 50 anni sarebbe morto per un arresto respiratorio dovuto alle inalazioni di un lacrimogeno lanciato dalle forze di sicurezza nel corso di una manifestazione. Nella capitale, un gruppo di manifestanti col volto coperto si e’ scagliato contro la sede della Direzione esecutiva della magistratura del Tribunal supremo de Justicia (Tsj): un duro scontro durato tre ore, riferisce il quotidiano spagnolo “El Mundo”, chiuso con l’incendio di una parte dell’edificio. E non meno polemica generano le denunce della procuratrice generale venezuelana Luisa Ortega Diaz, secondo cui funzionari dei servizi segreti starebbero minacciando lei e la famiglia. Nelle ultime settimane, la procuratrice ha accumulato diverse dichiarazioni pubbliche contro le decisioni del governo, arrivando anche a presentare una denuncia formale per l convocazione dell’Assemblea costituente, strumento scelto dall’esecutivo per rinnovare il dialogo nel paese, ma mai accettato dalle opposizioni.
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Spagna, Rajoy affronta una mozione di sfiducia che non perdera’
13 giu 11:01 – (Agenzia Nova) – Il parlamento spagnolo celebra oggi un fatto relativamente eccezionale: la formazione antisistema Podemos, terza forza politica nel Congreso, presenta una mozione di sfiducia al presidente del governo Mariano Rajoy. Lo strumento, speso solo altre due volte nella storia democratica del paese, assomiglia a quello previsto dall’ordinamento tedesco e poco ha a che vedere con quello italiano. L’aula infatti non dovra’ solo decretare la fine di una maggioranza di governo ma votare un candidato alternativo a Rajoy. Il nome e’ quello di Pablo Iglesias, segretario generale del movimento, gia’ sicuro peraltro di non avere i voti utili a presiedere un nuovo gabinetto. Si tratta dunque di una mossa ad alto contenuto strategico, tutta puntata a mettere in difficolta’ il governo conservatore insediatosi grazie all’astensione dei deputati del Partito socialista (Psoe). E, di conseguenza, a creare difficolta’ agli stessi socialisti, discutendone il profilo di primi oppositori al governo. Il dibattito, che inizia alle 9 e potrebbe impegnare l’aula per tutto il giorno, seguira’ i paletti fissati dal regolamento. Il primo a parlare sara’ la portavoce di Podemos Irene Montero, incaricata di argomentare le tesi secondo cui il governo non merita la fiducia. Poi sara’ la volta di Iglesias, impegnato a perorare la sua candidatura alla guida dell’esecutivo presentando ai deputati un programma di governo che si prevede soprattutto centrato sulla lotta alla corruzione e alla “rigenerazione democratica”. I due interventi saranno senza limiti di tempo, anche se Montero e Iglesias hanno promesso di non abbandonarsi a interventi fiume. Ampi anche i poteri concessi alla risposta del governo. Il presidente, il suo vice o uno qualsiasi dei ministri puo’ intervenire in qualsiasi momento, e – anche in questo caso – senza limiti di tempo. Il dubbio che rimbalza sui media nazionali e’ su quando e come il presidente Rajoy intendera’ giocarsi il suo intervento. In assenza di un riferimento regolamentare chiaro sul punto, il quotidiano “Abc” parla di una lotta strategica tra Iglesias e Rajoy per l’uso dello spazio finale del dibattito, l’ultimo intervento che precede il voto. Podemos potrebbe pero’ uscire danneggiato dal voto, scrive il quotidiano “El PAis” denunciando una rottura nei vertici del partito sulla “questione catalana”: l’ala sinistra – “Anticapitalista” – appoggia il governo di Barcellona nella sua richiesta di convocare un referendum sull’indipendenza della regione dal resto della Spagna. I vertici del partito sarebbero invece meno schierati e la distanza tra le due fazioni potrebbe essere esaltata sotto i riflettori del dibattito parlamentare. in tutto cio’, assicura “El Mundo”, l’enotourage di rajoy fa trasparire sicurezza e serenita’ di fronte a un dibattito che ritiene di poter controllare.
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Barnier avverte il Regno Unito, non c’e’ tempo da perdere nel negoziato sulla Brexit
13 giu 11:01 – (Agenzia Nova) – Michel Barnier, capo negoziatore per la Brexit della Commissione europea, in un’intervista al “Financial Times”, esorta il Regno Unito, alle prese con un parlamento privo di una maggioranza assoluta dopo le elezioni anticipate della scorsa settimana, ad avviare “molto rapidamente” le trattative per l’uscita dall’Unione Europea e a nominare una squadra negoziale “stabile, responsabile e con un mandato”; la Gran Bretagna, avverte, rischia di uscire dall’Ue senza un accordo, se “spreca” il poco tempo a disposizione per trattare. “La prossima settimana saranno trascorsi tre mesi dall’invio della lettera con l’invocazione della clausola di uscita, l’articolo 50. Non abbiamo trattato, non abbiamo fatto progressi. Dobbiamo iniziare questo negoziato. Noi siamo pronti non appena lo e’ il Regno Unito”, fa notare il politico francese. “La mia preoccupazione – prosegue – e’ che il tempo sta passando, sta passando piu’ velocemente di quanto qualcuno possa credere, perche’ le materie che dobbiamo affrontare sono straordinariamente complesse. Non posso negoziare con me stesso”. L’ex commissario europeo accenna a un punto in particolare: “Ci vorranno diversi mesi solo per delineare le condizioni di un’uscita ordinata… quindi non sprechiamo tempo”. Sottolineando che un accordo sul divorzio e’ “un punto di passaggio necessario”, Barnier si dice pronto a discutere tutte le opzioni sulle relazioni future, anche diverse dalla visione originaria della premier britannica, Theresa May. “Non so che cosa si intenda per Brexit dura o Brexit morbida. Ho letto perfino di una Brexit aperta! La Brexit e’ l’uscita dall’Ue, ed e’ una decisione del Regno Unito. Noi la stiamo implementando. Lo diro’ chiaramente: non c’e’ alcuno spirito di rivalsa, di punizione, e nemmeno ingenuita’. Ed esiste la verita’. La verita’ su cio’ che la Brexit significa, su cio’ che lasciare l’Ue significa in termini di conseguenze. I cittadini hanno il diritto di conoscere questa verita’”, continua il negoziatore di Bruxelles. A questo proposito, aggiunge che in Gran Bretagna “molte persone hanno sottovalutato queste conseguenze”. Dopo aver ribadito che non c’e’ ostilita’ verso Londra, ma solo l’obiettivo di limitare i danni, Barnier ammette che anche per l’Ue, finora allineata sulla Brexit, non sara’ semplice: “L’unita’ non cade dal cielo. Bisogna costruirla ogni giorno. L’abbiamo costruita insieme per sei mesi; non e’ stato facile. La mia missione sara’ preservarla. So che sara’ messa alla prova”. Il capo negoziatore della Commissione respinge l’idea di una proroga del negoziato oltre il marzo del 2019: “Se lavoriamo seriamente, non vedo l’utilita’ ne’ l’interesse di andare oltre quella data. Perche’? Perche’ ogni giorno e’ fonte di un’instabilita’ di cui non abbiamo bisogno, di cui l’economia non ha bisogno, di cui l’occupazione non ha bisogno”. Insiste anche sulla sequenza prevista nella posizione negoziale della Commissione: prima i termini del divorzio, poi la relazione futura. “Non e’ negoziabile per noi”, afferma, precisando che “non e’ stata creata e voluta per creare problemi. E’ stata concepita per risolverli”. Per la futura relazione tutte le opzioni sono sul tavolo, ovviamente con delle condizioni. Il punto piu’ sensibile e’ la partecipazione al mercato unico. “Non e’ un supermercato, e’ una comunita’, uno spazio di vita economica, sociale e umana. Per questo le quattro liberta’ vanno insieme. E non scenderemo a compromessi sull’autonomia delle decisioni dell’Ue”, conclude Barnier.
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Germania, i giovani preferiscono Angela Merkel
13 giu 11:01 – (Agenzia Nova) – I giovani elettori in Germania preferiscono il cancelliere Angela Merkel al candidato della Spd Martin Schulz. E’ quanto emerge da un sondaggio condotto da Forsa per “Rtl” e “Strern”, secondo cui il 57 per cento dei giovani tedeschi dai 18 ai 21 anni si e’ detto a favore del cancelliere uscente, contro il 21 per cento favorevole al candidato Spd. Il dato e’ in controtendenza rispetto alle elezioni britanniche, dove i giovani hanno votato in massa per il candidato laborista. “Il fatto che anche in Germania i giovani votino a sinistra come nel Regno Unito non e’ confermato dal sondaggio”, ha detto Manfred Gullner, capo di Forsa. I dati del sondaggio sono pressoche’ uguali ai risultati dello studio condotto nella settimana precedente: l’Unione perde un punto percentuale e si attesta al 38 per cento, mentre la Spd resta al 24 per cento. La Fdp guadagna un punto percentuale e sale al 9 per cento, seguita da Verdi e Linke (8 per cento) e Afd (7 per cento). La Merkel si conferma favorita alle elezioni di settembre con il 53 per cento delle preferenze, contro il 24 per cento andato al candidato dell’Spd.
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Germania, investire in Africa
13 giu 11:01 – (Agenzia Nova) – Le conferenze possono dirsi riuscite quando i partecipanti riescono a prendere contatto con i loro partner commerciali. In questo senso il G20 Africa aperto ieri a Berlino e’ stato un successo. “Vogliamo attrarre investitori tedeschi ed europei”, ha detto il ministro dell’economia nigeriano Okechukwu Enelamah, presente alla conferenza insieme a numerosi altri capi di stato e di governo africani. Il summit e’ stato aperto dall’intervento del cancelliere tedesco Angela Merkel, la quale ha invitato i presenti a riflettere sull’efficacia dell’aiuto allo sviluppo. “Se in Africa non c’e’ speranza non deve sorprendere che in molti cerchino di crearsi un futuro altrove. Un Africa stabile ridurra’ i flussi migratori”, ha dichiarato Merkel. Negli ultimi dieci anni, le aziende tedesche hanno destinato solo il tre per cento degli investimenti diretti esteri all’Africa. Solo dopo la crisi dei rifugiati nel 2015, il dato e’ cambiato. Per favorire gli investimenti il governo tedesco ha lanciato l’iniziativa “Compacts with Africa”, che da’ la possibilita’ ai governi africani di sviluppare un programma insieme a Banca mondiale, Fondo monetario internazionale e banche africane di sviluppo, presentarlo al G20 e chiedere il sostegno finanziario dei singoli paesi. Il ministro dello Sviluppo, Gerd Muller (Csu), ha garantito ai nuovi paesi parte dell’iniziativa, Tunisia, Ghana e Costa d’Avorio, ulteriori 300 milioni di aiuto allo sviluppo. I “Compacts with Africa”, tuttavia, non devono essere visti come una possibilita’ di eliminare velocemente le cause dei flussi migratori, in quanto si rivolgono sia a paesi con governi stabili che a paesi fragili”, ha fatto notare Baerbel Dieckmann, presidente di Welthungerhilfe.
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Francia, Macron di fronte alle trappole di una vittoria schiacciante
ì13 giu 11:01 – (Agenzia Nova) – Il primo turno delle elezioni legislative francesi ha spazzato via qualsiasi dubbio su quale maggioranza potesse avere in Parlamento il neo presidente Emmanuel Macron: il suo partito La Republique en Marche (Lrem; “La Repubblica in Marcia”; ndr) sembra ben piazzato per conquistare una maggioranza schiacciante di 400-450 deputati sui 577 seggi dell’Assemblea Nazionale. Una simile maggioranza non si era mai vista nella storia della Quinta Repubblica francese e, come nota il quotidiano economico “Les Echos”, fa temere una “dominazione egemonica” che non farebbe bene ne’ al funzionamento della dinamica democratica ne’ allo stesso esecutivo. C’e’ infatti il rischio, sostiene l’opinionista Gregoire Poussielgue nell’articolo di commento che apre la prima pagina del giornale, che in Parlamento la voce delle opposizioni diventi inaudibile; mentre i battaglioni di deputati Lrem sono in buona parte costituiti da neofiti della politica che devono ancora imparare il funzionamento della macchina parlamentare e che del resto devono la loro elezione essenzialmente al presidente Macron. La portata del ciclone che ha investito ill panorama politico francese e’ tale che persino i vertici del partito macronista ne avvertono i pericoli: innanzitutto in vista del secondo turno di ballottaggio. E’ vero infatti che la clamorosa vittoria di domenica scorsa 11 giugno e’ stata ottenuta soprattutto grazie al massiccio astensionismo degli elettori degli altri partiti: ma c’e’ il rischio che la sua ampiezza provochi una qualche smobilitazione, sia tra i candidati ai ballottaggi di domenica prossima 18 giugno che tra gli elettori. Quanto al “deficit democratico” che una cosi’ schiacciante maggioranza presidenziale potrebbe provocare sul lungo periodo nel dibattito pubblico, se ne rende conto lo stesso presidente Macron, che gia’ in campagna elettorale aveva evocato la possibile introduzione di una dose di proporzionale nel sistema elettorale francese fortemente uninominale. “E’ una questione che affronteremo”, ha promesso ieri lunedi’ 12 il portavoce Lrem Benjamin Griveaux; e secondo una fonte governativa citata dal sito “Francetvinfo”, gia’ nel 2018 potrebbe essere lanciata la riforma che introdurra’ una dose di proporzionale nella legge elettorale.
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Italia, il M5s grande perdente delle elezioni municipali
13 giu 11:01 – (Agenzia Nova) – Si sono appannate in Italia le stelle del Movimento di Beppe Grillo: lo scrive sul quotidiano economico francese “Les Echos” il corrispondente da Roma Olivier Tosseri commentando i risultati del primo turno delle elezioni municipali svoltosi domenica 11 giugno; circa 9 milioni di elettori erano chiamati a rinnovare sindaci e consigli municipali di 1.020 Comuni, tra i quali citta’ come Genova, Palermo, Parma, Taranto e L’Aquila. Era, scrive Tosseri, un vero e proprio test per i partiti politici e per le possibili alleanze in vista delle elezioni parlamentari che si terranno al piu’ tardi nella primavera prossima: e se nessuno schieramento ne e’ uscito chiaramente vincitore, il Movimento 5 stelle (M5s) di Grillo e’ stato sicuramente il grande perdente. Tutti i suoi candidati sono stati eliminati al primo turno nelle sette principali citta’ in cui si e’ votato, e non andranno ai ballottaggi che si terranno il 25 giugno prossimo: dopo le clamorose vittorie dell’anno scorso nelle amministrative di Roma e Torino, per il M5s si tratta di una battuta d’arresto a quella che sembrava una marcia trionfale verso la conquista del governo nazionale. Quest’anno invece lo scrutinio comunale segna il ritorno del bipolarismo destra-sinistra, che si disputeranno i ballottaggi tra due settimane a livello locale: a livello nazionale al contrario, rileva “Les Echos”, i sondaggi indicano un tripolarismo pressoche’ perfetto, con il M5s che cavalca in testa alle intenzioni di voto. A rallentare la corsa del M5s, secondo il giornalista francese, sono stati alcuni scandali e le divisioni interne nella scelta dei candidati-sindaco a Genova ed a Palermo; ma soprattutto i deludenti risultati registrati nell’amministrazione di Roma della sindaca Virginia Raggi e la perdurante incapacita’ del M5s di selezionare una classe dirigente capace di elaborare e portare avanti programmi che vadano aldila’ del semplice voto di protesta e di emanciparsi dalla gestione autoritaria del partito da parte di Beppe Grillo. Le stelle grilline impallidiscono ma non si sono spente, commenta pero’ “Les Echos”: di fronte ad un centrosinistra fragile e ad un centro-destra in preda alla guerra dei nervi tra i capi Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, il M5s puo’ ben sperare di avere rapidamente la sua rivincita alle elezioni parlamentari.
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