Che il mercato tlc europeo sia troppo frammentato non è certo una novità. Basta fare il paragone con gli Usa, dove si contano appena 4 grandi operatori mobili, contro i circa 150 attivi in Europa.
Da anni, ormai, si parla del consolidamento come panacea di tutti i mali, ma i regolatori – nazionali ed europei – non sono troppo propensi a dare il loro placet a operazioni di concentrazione che si ripercuoterebbero negativamente sui consumatori.
Proprio i consumatori, spesso considerati come un’entità astratta, sono al centro di questo cambiamento epocale che sta investendo il settore. E’ infatti il cambiamento delle loro abitudini di fruizione che obbliga gli operatori a guardare oltre il consolidamento, verso l’acquisizione, cioè, di aziende che forniscano loro le capacità per andare oltre le loro attività tradizionali.
Molti di questi business, infatti, sono al collasso: basti pensare a quante poche telefonate facciamo e quanti pochi sms inviamo e riceviamo da quando sono arrivati i vari Skype, Whatsapp, Facebook Messenger e così via.
E’ ormai l’ecosistema digitale a generare il grosso della spesa dei consumatori e gli operatori si devono adeguare per non soccombere. Entro il 2020 una porzione significativa dei loro ricavi sarà generata dal media digitali, mentre le entrate ‘tradizionali’ – come il roaming ad esempio – andranno via via a diminuire.
“Con i fornitori di soluzioni di instant messaging che aggiungono servizi voce e capacità di pagamento mobile per migliorare la loro offerta, la legacy degli operatori tradizionali è minacciata”, spiega l’analista Mike Young, di Reed Smith LLP. “E’ essenziale, quindi, concentrarsi sul digitale sfruttando le capacità tradizionali”.
Per monetizzare i media digitali, “gli operatori dovranno rivedere le loro convinzioni su quello che i consumatori vogliono veramente. Essere un fornitore wholesale di connettività non basterà più. Sarà pertanto cruciale un passaggio verso modelli consumer-centric che abbraccino le tecnologie digitali per soddisfare i consumatori”, ha spiegato ancora Young.
I consumatori, soprattutto i più giovani, sono cresciuti in un contesto all digital, sono avvezzi alle interazioni senza soluzione di continuità, hanno grandi aspettative e le loro abitudini di consumo si evolvono rapidamente. Secondo Deloitte, nel 2016, il 26% degli utenti smartphone nei mercati maturi non farà telefonate tradizionali in una settimana tipo, mentre è stimato che il 90% di tutte le foto condivise saranno scattate da uno smartphone. I dispositivi mobili, inoltre, si apprestano a generare il 50% di tutto il traffico internet. Si va, dunque, verso modelli di utilizzo sempre più concentrati sui dati. “E sono proprio questi i modelli di consumo che imporranno agli operatori di calibrare le loro offerte”, anche in modo da sfruttare la loro posizione per cogliere le opportunità legate ai Big data.
“Analizzare e utilizzare i dati provenienti dagli ecosistemi digitali potrebbe anche fornire alcune delle risposte su come riconoscere e soddisfare le esigenze dei consumatori” e va letta in questa direzione quindi la crescente attività di M&A nel settore dei media digitali.
Se infatti gli incumbent delle telecomunicazioni hanno il vantaggio delle infrastrutture, una maggiore agilità sarà essenziale al fine di affrontare le mutevoli esigenze dei clienti. Per raggiungere questa agilità, Young afferma che occorre perseguire strategie di ‘acqui-hiring’, un termine coniato nel 2000 per indicare l’acquisizione di aziende di minori dimensioni e i loro uomini chiave.
Non a caso, i più ferventi ‘acqui-hirers’ sono i giganti del web come Facebook, Twitter, Apple, Google e Alibaba.
Gli operatori, insomma, devono entrare in quest’ottica per acquisire talenti freschi, per accelerare l’agilità dell’organizzazione, accorciare i tempi di commercializzazione e implementare le capaictà di data analytics.
“Cosa più importante con l’andamento dei consumi che cambia, l’acqui-hiring permette una migliore comprensione del mercato, dei clienti e dei concorrenti. Anche perchè l’acquisizione di target piccoli non significa necessariamente che gli investitori debbano sacrificare il loro guadagno finanziario; anzi, spesso, si ottiene un maggiore ritorno sugli investimenti in un periodo di tempo più breve”, continua Young.
L’analista nota infine che nonostante gli evidenti vantaggi alcune aziende rimangono diffidenti nei confronti dell’acqui-hiring per motivi culturali e strategici. Tuttavia il 2016 potrebbe essere l’anno buono per convincere le telco a intraprendere questa strada.