I dati

L’Ue e la trasformazione digitale. Ma l’Italia è ancora indietro

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Gli obiettivi dell’Unione europea, la situazione del nostro Paese, il ruolo della Pubblica Amministrazione e delle aziende nella formazione e nella crescita delle competenze digitali.

Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui..

Tra gli obiettivi Ue, uno dei più pressanti è quello che riguarda la cosiddetta “digital decade initiative”, una serie di misure e interventi volti a favorire la trasformazione digitale a tutti i livelli entro questo decennio, fino ad arrivare a un utilizzo delle tecnologie ICT quotidiano per tutti. In questo senso un punto di partenza è il rapporto di Eurostat «Digitalisation in Europe – 2023 edition», da poco reso disponibile.

La pubblicazione di Eurostat, che analizza da vicino la trasformazione digitale europea, fornisce diversi dati preziosi per valutare questo preciso momento storico, dal punto di vista dei cambiamenti del mondo in cui ogni europeo vive e lavora: il tutto con l’obiettivo di aiutare almeno l’80% dei cittadini Ue ad avere competenze digitali entro il 2030 (nel 2021 la percentuale era del 54%). Uno dei grandi temi è senz’altro un digital divide che si muove sui binari della disparità di genere (gli uomini superano ancora di molto le donne in termini di lauree in ICT e occupazione nel settore), delle differenze sociali e di quelle anagrafiche, ma vale appena la pena di notare che questo passaggio epocale non può in alcun modo riguardare solo una parte, per quanto consistente, dei cittadini: deve contribuire a migliorare la vita di tutti.

Il ruolo delle aziende

La trasformazione digitale non riguarda, ovviamente, solo i privati, ma passa sopratutto dalle imprese, sia dal punto di vista della formazione (nel 2022, il 22% delle aziende Ue ha fornito formazione ICT al proprio personale dipendente) sia da quello dell’adozione delle nuove tecnologie. Per misurare quest’ultima variabile è stato elaborato un apposito indice, il DII o Digital Intensity Index, che monitora l’adozione in 12 tecnologie digitali diverse; nel 2022, il 70% delle imprese ha raggiunto almeno un livello di intensità digitale di base. Un elemento cruciale riguarda la dimensione delle aziende: per esempio, nel 2021 il 72% delle grandi imprese ha acquistato servizi legati al cloud computing, contro il 40% delle PMI (che, com’è noto, costituiscono una parte rilevantissima del tessuto industriale italiano). Insomma, grande è bello, almeno quando si parla di tecnologie digitali che richiedono un workflow molto strutturato e ingenti investimenti da effettuare in ricerca e sviluppo: uno svantaggio competitivo con cui l’Italia – che in altri tempi aveva costruito la sua fortuna industriale proprio su questa frammentazione – continua a fare i conti, e a cui andrà trovata una soluzione anche attraverso fusioni e acquisizioni.

SPID e CIE per molti, ma non per tutti

Uno degli aspetti in cui Internet sta influenzando di più la vita dei cittadini europei è senz’altro quello dell’E-Government, e con l’aumento dei servizi a cui si può accedere tramite SPID o CIE anche gli italiani cominciano ad accorgersene. Secondo il report di Eurostat, il 90% delle persone nell’Unione Europea ha utilizzato internet negli ultimi tre mesi del 2022, e il 42% delle persone che l’hanno fatto nei precedenti 12 mesi lo ha utilizzato per ottenere informazioni dai siti web delle autorità pubbliche. Tutto questo a pochi giorni dai dati dell’Agenzia per l’Italia digitale e dell’Istat, effettuata dal Centro Studi Enti Locali (Csel) per Adnkronos, che ha mostrato in Italia a oggi siano state erogate identità digitali pari a 36 milioni (il quadruplo di quelle attive nell’agosto del 2020), e siano state effettuate nel 2023 257.495.757 transazioni tramite PagoPa (nel 2021 erano state 163.635.088). Eppure oltre metà degli italiani è costretta ad affidarsi a intermediari per accedere ai servizi digitali messi a disposizione dalle amministrazioni pubbliche, mancando anche delle competenze digitali di base. Questo dato allarmante viene influenzato, oltre che dall’età (tra i 65 e i 74 anni solo il 17,7% ha tali competenze, contro il 61,7% di chi ha tra 20 e 24 anni), dalla regione di appartenenza e dalle dimensione del centro abitato in cui si vive: se nel Lazio i cittadini digitalmente alfabetizzati sono il 52,9%, in Calabria la percentuale è di quasi venti punti più bassa, al 33,8%. In media, le competenze riguardano il 40,7% di chi risiede in un paese con meno di duemila abitanti e il 54,1% di chi invece vive in una grande città.

Acquistare online, malgrado tutto

E poi c’è, in posizione privilegiata, la questione dello shopping online, e il rapporto mostra bene come la comodità dell’acquisto direttamente dal proprio PC o ancora di più dallo smartphone, a costo zero (oltre ai pochi euro del canone mensile della telefonia mobile, come mostrano le offerte messe a confronto su SOSTariffe.it), sia il volano più importante per una transizione digitale di successo. Nel 2022, il 75% degli abitanti dell’Unione Europea ha infatti acquistato od ordinato beni o servizi online: nel 2012, dieci anni prima, la percentuale era pari al 55%. Questa crescita impressionante non significa però che tutto sia rose e fiori: la pandemia e i problemi logistici che ne sono seguiti fanno ancora avvertire i loro effetti, e il 33% degli acquirenti online l’hanno scorso ha detto di aver incontrato problemi, come una velocità di consegna più lenta del previsto (anche se c’è da dire che siamo abituati molto bene, con un delivery spesso inferiore alle ventiquattr’ore) e la ricezione di beni danneggiati o errati. Ma va da sé che più si ordina più si rischia che qualcosa, prima o poi, vada storto, e che ci sia la possibilità di intasare i meccanismi di distribuzione.

Rischi e prospettive, aspettando il 2030

Due ultime note dal rapporto arrivano per l’Internet of Things, sempre più pervasivo (con il 72% degli utenti internet che ha utilizzato dispositivi o sistemi connessi a internet nel 2022) e la sicurezza (il 22% delle aziende UE che ha sperimentato incidenti di sicurezza ICT nel 2022, portando a una crescente enfasi sulle misure, pratiche e procedure di sicurezza per prevenire incidenti e assicurare l’integrità, la disponibilità e la riservatezza dei dati e dei sistemi). Ormai non c’è quasi aspetto della vita quotidiana e lavorativa di un cittadino europeo che, in varia misura, non sia influenzato dalla trasformazione digitale, ma non per questo le sfide mancano, anzi: il 2030 è dietro l’angolo.

Fonti:

https://www.adnkronos.com/economia/pa-csel-crescono-investimenti-e-diffusione-spid-e-pagopa-ma-competenze-cittadini-ancora-basse_14i6Y6qBfzAlNzeSEnOKjz?refresh_ce

https://ec.europa.eu/eurostat/web/interactive-publications/digitalisation-2023#:~:text=Nearly%2070%25%20of%20EU%20SMEs,businesses%20it%20stood%20at%2098%25.

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