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L’”onda nera” in Francia si gonfia ma non sfonda: ballottaggi decisivi verso nuova competitività e modello sociale europei

Il voto francese è un voto europeo nella consapevolezza che i valori dello Stato di Diritto liberale e social-democratico che ci reggono da 80 anni sono diventati una barriera invalicabile, irreversibile e non negoziabile nonostante le ancora molte diseguaglianze e l’impoverimento delle classi medie e con una percezione di insicurezza aumentata diffusamente.

Insomma, rappresentano un perimetro di confronto politico sul futuro e sulle necessità dei cambiamenti da iniettare in una Europa lenta e pesante che possa tenere fermo il proprio modello sociale di welfare rendendolo più efficace, snello e inclusivo e diventando più competitiva.

Dunque rendendo inaccettabile qualsiasi cedimento a democrature stile Orban entro logiche “illiberali” anche perché dialoganti con il putinismo aggressivo del presente e in contrasto con lo Stato di Diritto di bilanciamento dei poteri (legislativo, giudiziario, esecutivo) nato dalla caduta delle monarchie assolute e dall’affermazione di Libertè, Egalitè, Fraternitè del 1789. Una Francia e una Europa che seguiranno dunque l’uscita dal IIWW nel 1945 con l’aiuto degli americani come rifiuto e rottura con i regimi nazi-fascisti che queste destre estreme non hanno mai definitivamente riconosciuto affermando valori social-democratico-liberali quali fonti dell’identità francese e poi europea e dei nostri valori fondativi di democrazie mature.

Detto questo, va rilevato che Il 66% dei francesi comunque non ha votato l’estrema destra con un aumento del 20% dei votanti nonostante una campagna brevissima (doppia rispetto alle legislative precedenti) e incentrata sui tre temi chiave: potere d’acquisto-inflazione, migrazioni, sicurezza) a conferma della criticità del passaggio storico e sociale che stiamo attraversando. Certo assistiamo ad una polarizzazione tra centri e periferie, tra città e campagna oltre che tra ceti popolari “non protetti” da un welfare squilibrato (ricordiamo i gilèt jaunes) e ricchi “protetti” (sempre meno) svuotando le classi medie e impoverendole ( con meno case popolari, meno lavoro e meno sanità pubblica).

Ma anche tra Parigi e il resto della Francia ricordando tuttavia che l’avventura di Jan Marie Le Pen iniziò nel 1974 dall’Ile di France). Per vincere Il RN deve raggiungere la maggioranza assoluta (di 289 seggi) che le opposizioni di centro-sinistra contrasteranno con la desistenza cioè il voto a favore dei primi candidati nei ballottaggi per raggruppare appunto le opposizioni di Centro-Sinistra: i centristi di Macron ( che perdono molti consensi) con le sinistre di Melenchon e Glucksmann (che avanzano).

Decideranno le 264 circoscrizioni incerte e dove peseranno i “triangulaire” di desistenza (“per una nuova resistenza” si legge nelle piazze francesi), facendo votare i candidati democratici ed europeisti per un “governo di scopo democratico” dove Macron dovrà sacrificarsi sul fuoco della democrazia. Infatti avremmo conseguenze forti sugli assetti europei se l’8 luglio porterà Bardellà al Governo ( “la melonizater” ?) certamente con maggiori fragilità e debolezze in Europa sulla maggioranza che si andrebbe confermando con Ursula Von Der Leyen e i top jobs gia’ concordati (Costa ala CdE e Kallas Alto Rapp.Estero).

Intanto registriamo il rifiuto del Partito Popolare  di uno “sdoganamento” della Meloni perché la difesa dei valori democratici fondanti superano la contrapposizione destra-sinistra ma anche – potremmo dire – la tradizionale distinzione tra guerra e pace se la prima vuole difendere libertà e diritto internazionale.

Se ne sono accori anche i mercati che “spaventati” hanno votato a favore della riaggregazione a sinistra intesa come difesa degli equilibri di bilancio (deficit e debito pubblico) che potrebbero essere sconvolti dalle promesse populiste-sovraniste e protettive degli interessi consolidati affermati dall’estrema destra. Anche per questo la partita in Francia è aperta, come in Europa e negli USA.

Marin Le Pen “uccidendo” (politicamente) il padre ha portato il RN verso la trasmutazione che fa apparire il RN meno estremista e qui forse anche la maggiore differenza (o contiguità?) con l’esperienza italiana di FdI. Ma che è sostanzialmente un’operazione di politic-washing, mentre la sostanza rimane, compreso il suo “putinismo” e le criticita’ verso la NATO in chiave antieuropeista. Una operazione insomma di maquillage politico ben riuscito, per ora, dietro il viso per bene del giovanissimo Jordan Bardellà che comunque rilancia sotto traccia razzismo e xenofobia con le teorie di critica al bi-francesismo (da bloccare nelle istituzioni francesi) sottolineando i temi della sicurezza e delle migrazioni  e che molti francesi vogliono fermare e rigettare ricordando la “diaspora algerina” e del “deserto magrebino e nordafricano” di un anti-colonialismo mai domato e mai sopito ma periodicamente riemergente nelle banlieue. Banlieue che da troppo tempo vanno sanate, rilanciate, curate e rigenerate e dove Macron è arrivato troppo tardi. Ma le idee di Bardellà e Le Pen che cavalcano da decenni quei focolai di malessere contrastano con la Costituzione francese.

La destra italiana da che parte starà visto l’appoggio immediato a Marine Le Pen di Salvini nel silenzio del Popolare Tajani e ora di sostegno anche di Meloni per non scoprirsi a destra? Con Orban che ha costituito un nuovo gruppo super-sovranista e iper-nazionalista  dei “Patrioti” con il quale aggregare tutto l’estremismo antieuropeista che deve però raggiungere almeno 7 gruppi  di paesi diversi perché i gruppi di estrema destra della Cechia e dell’Austria non basteranno per potere superare l’ECR di Meloni, a meno che tutto entri in “fusione”, ma improbabile per la “confusione” che produrrebbe e che Marine Le Pen ha già respinto. Insomma, anche in Francia assistiamo ad un esperimento di un “campo largo” che possa mettere  le basi per il dopo riducendo intanto galli e galline del pollaio costringendo  ad un confronto non ideologico su piani strategici lunghi e idee nuove per il futuro viste le grandi sfide planetarie che richiedono “aggregazione politica federativa” e non frammentazione  salvaguardando socio-diversità a regolazione equitativa e contrasto dinamico dei Grandi Interessi Globali Monopolistici (GIGM)?

Comunque vada certo l’Europa dovrà cambiare a partire dal finanziamento del Green Deal con risorse pubbliche e private indicando con chiarezza come finanziarlo e lo stesso per i servizi pubblici creando la diffusione soprattutto nei territori non urbani. Quindi non basterà una barriera valoriale da opporre alla destra, ma togliere le condizioni che hanno alimentato la protesta francese e il malessere diffuso (in tutta Europa oltre che negli USA) ma che rischia di alimentare il sovranismo-nazionalista europeo nel suo complesso. Ossia una Europa che torni a crescere anche re-internalizzando molte delle produzioni (soprattutto strategiche) che per decenni abbiamo decentrato in Cina. Dall’aeronautica, ai satelliti, dai chip fino ai vaccini come per ampie parti della componentistica elettronica e automobilistica fino all’AI.

In quest’ultimo caso non basterà per esempio agire solo sulle regole ma si dovranno investire miliardi in questo come in altri settori in una grande progetto come il Green New Deal o come nelle risposte al Covid-19, come fatto dalla Cina e da USA con politiche industriali acconce e di scala adeguata.

Rilanciando dunque una grande politica riformista liberal-social-democratica rinnovata nella riduzione delle diseguaglianze includendo nell’equità che possa valorizzare, consolidare e diffondere il modello sociale europeo come esempio funzionante di una grande democrazia globale. Rilanciandone autonomia energetica, di difesa e di relazioni estere in un quadro sempre più multipolare a prescindere dall’esito delle elezioni americane e a garanzia delle funzioni di difesa e di equilibrio della NATO per un mondo meno diseguale e più giusto e di contrasto a tutte le autocrazie oltre che di tutti i monopoli in economia senza penalizzare l’emersione di campioni europei in grado di competere con colossi cinesi e americani (l’esito del ricorso Unicredit contro BCE per gli investimenti in Russia o la controversia Lufthansa-ITA, oppure l’esito degli incentivi  per rilancio-risanamento dell’ILVA di Taranto saranno rivelatori della traiettoria scelta).  

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