Lo smart working ha fatto il suo tempo?
Quindi ci eravamo sbagliati, il lavoro agile, il lavoro da remoto è stato soltanto uno scherzo?
Lo smart working è stata soltanto una fase passeggera, una ricreazione? In realtà, non abbiamo lavorato in quest’ultimo anno e mezzo chiusi in casa?
E quindi la copertura a banda ultralarga e la digitalizzazione del paese non sono più una priorità?
Gli statali non sono affidabili, sono tutti lavativi e per controllarli devono per forza stare a vista e sotto tiro e senza badge non ci si può fidare?
E’ questo di fatto il messaggio che emerge dall’ultima sortita del ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta, che in una lunga intervista concessa al Giornale detta la linea per quanto riguarda il lavoro agile nella PA ma anche il suo auspicio nel privato: lo smart working è stata un’ottima àncora di salvezza durante la fase acuta del lockdown, ma ora è tempo di tornare a lavorare col green pass e produrre sul serio, non per finta come in smart working da casa, per contribuire davvero alla crescita del PIL.
Come? In presenza. Il che tradotto significa che secondo il ministro della PA lo smart working non è vero lavoro, ma un semplice ripiego, un palliativo che nella fase di ripresa e di ritorno alla nuova normalità non deve trovare spazio.
Sarebbe interessante sapere se la pensano allo stesso modo i colleghi della Transizione ecologica Roberto Cingolani (quante emissioni di CO2 si risparmiano con la smart working?) e il ministro della Transizione Digitale Vittorio Colao (lo smart working non era una leva fondamentale per la digitalizzazione del Paese?).
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Smart working sì, smart working no: lavorare via Internet dopo la pandemia
Brunetta: smart working ha tenuto in piedi Italia, ma ora basta
“La pandemia è stato uno shock che ha richiesto misure straordinarie. Lo smart working, sia nel pubblico sia nel privato, è stata una grandissima sperimentazione sociale che è riuscita a tenere in piedi il Paese” dice il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta in nell’intervista al Giornale. Ma adesso “grazie ai vaccini, grazie alla campagna dell’ottimo Commissario Figliuolo, stiamo tornando verso la normalità” e bisogna tornare in presenza. “Già prima della pandemia esistevano montagne di arretrati. Negli ospedali, nei tribunali, negli uffici comunali. Tanti freni allo sviluppo, al benessere, alla giustizia. La pandemia ha moltiplicato questo cumulo di arretrati e di ingiustizie. Adesso abbiamo bisogno di dare gambe alla crescita, anche ‘riempiendola’ di capitale umano. Il lavoro in presenza è l’anima di questa rinascita.
Lo #smartworking è stata una grande intuizione, ma il Paese sta crescendo al 6% e quindi occorrerà che prima parta la scuola e, se parte la scuola, io son convinto che riparte il Paese e riparte il nostro futuro. @LaStampahttps://t.co/h1jRVjCxOi
— Renato Brunetta (@renatobrunetta) September 2, 2021
PA: Brunetta, il lavoro in presenza anima della rinascita
E poi un ulteriore allarme. “L’assenza – secondo Brunetta – è ancora più pericolosa nel privato, perché rischia di essere prodromica ai licenziamenti di massa. È un mio grande timore”. Il ministro analizza il lavoro svolto dall’attuale coalizione di Governo “Stiamo, come da mandato, salvando l’Italia, portandola fuori dalla crisi pandemica ed economica. Tutti insieme, tutti i partiti della grande coalizione, come non era mai accaduto in passato – sottolinea – È una missione che solo sei, sette mesi fa sembrava impossibile. Tutti insieme, a partire da Berlusconi, abbiamo voluto Draghi. Non è una cosa da poco”. Secondo Brunetta “È quasi un miracolo. È una congiuntura astrale mai vista: i soldi dell’Europa, la grande apertura di credito di Angela Merkel. Draghi sta dando a questo Paese un posizionamento internazionale mai visto”. E alla domanda sul partito unico risponde “È possibile, ma ci vuole lavoro, fatica. È un percorso lungo. Bisogna crederci, ma ce ne vuole”.
— Renato Brunetta (@renatobrunetta) September 2, 2021
Sarà interessante a questo punto capire cosa ne pensano i sindacati e in che modo si intenderà procedere nel concreto. La scuola sarà il primo banco di prova per il green pass nel pubblico, con un rientro in presenza sempre più auspicato.
Ritorno in presenza per gli statali a fine settembre
Il ritorno in ufficio per gli statali è stato fissato per fine settembre inizio ottobre. Il ministro Brunetta ha già cancellato la norma voluta dal precedente governo, quando al ministero c’era la grillina Fabiana Dadone, che obbligava i dirigenti pubblici a far lavorare da remoto almeno il 50 per cento dei propri dipendenti. Eppure eliminare questo tetto non è bastato. Non c’è stato, almeno per ora, nessun rientro di massa negli uffici. Per adesso i lavoratori pubblici possono rimanere in smart working perché in base al decreto Cura Italia, il provvedimento adottato a marzo del 2020 allo scoppio della pandemia, prevede che fino al termine dell’emergenza sanitaria, oggi prorogato fino a fine anno, il lavoro agile viene considerata una delle «modalità ordinarie» di svolgimento della prestazione lavorativa. Ma le cose potrebbero presto cambiare con un decreto ad hoc.