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L’Italia per la fibra. Ora CDP non disperda le energie e si concentri su Open Fiber

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Quale sarà il futuro della rete italiana dopo le vicende della scorsa settimana intorno ad Open Fiber? Come è a tutti noto, con il nuovo governo guidato da Mario Draghi le cose sono cambiate ed il vecchio piano TIM per una rete unica è stato messo definitivamente in soffitta. O, se si vuole, come si fa con le pulizie di primavera, è stato buttato via tra le robe vecchie.

Ora è il tempo delle scelte: per il mercato e contro i monopoli

Ma ora per Cassa Depositi e Prestiti (CDP) è tempo di scelte.

Al contrario di quello che hanno interpretato analisti finanziari ed investitori, infatti, non crediamo che il cambio azionario in Open Fiber sia da leggere come un via libera o strada spianata alla rete unica in capo a TIM.

Draghi sa bene che la UE non accetterebbe mai la ri-monopolizzazione delle telecomunicaioni italiane. Ecco perché serve un nuovo piano ed una nuova strategia per coprire rapidamente tutto il paese con la fibra fino a casa.

Ursula Von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, avrebbe molto insistito nei suoi colloqui con Draghi proprio sull’importanza per il nostro Paese di preservare e rafforzare la concorrenza nei mercati regolamentati ed uno dei più importanti è proprio quello delle telecomunicazioni.

Per la Vestager, Vice Presidente della Commissione Europea e Commissario alla Concorrenza, è necessaria una netta separazione tra il gestore della rete e le aziende che si rivolgono al cliente finale. In poche parole un incumbent verticalmente integrato come TIM non potrebbe far parte della società della rete, se vende anche servizi retail.

Enel esce da Open Fiber e investirà all’estero ciò che non potrà investire in Italia

Ma vediamo cosa è realmente accaduto ed analizziamo innanzitutto i fatti. 

Enel è stata costretta dal precedente governo a uscire da Open Fiber. Per cui venderà interamente la sua quota entro la fine dell’anno. Il 10% a CDP ed il 40% al fondo australiano Macquarie.

Senza dubbio Enel ne esce trionfante. È il vero vincitore della partita. Ha costruito, assieme a CDP, Open Fiber, che ha creato la concorrenza nel mercato wholesale ed è riuscita a collegare già oltre 11,5 milioni di case. Enel incasserà ora 2,65 miliardi di euro con una importante plusvalenza rispetto all’investimento iniziale. Ma c’è di più. Enel ha già dichiarato l’intenzione di creare altre Open Fiber all’estero. Per cui il risultato è sotto gli occhi di tutti. Il precedente governo (per iniziativa dell’allora ministro al MEF Roberto Gualtieri e dello stesso premier Giuseppe Conte) ha costretto l’Enel azienda italiana, con azionista di riferimento il MEF, a vendere un asset posseduto in Italia e ad investire all’estero.

Macquarie, fondo australiano che acquista il 40% di Open Fiber, avrebbe poteri sulle decisioni di rilievo della società tra cui quella relativa agli investimenti. I dettagli di governance non sono ancora noti. Ed eserciterebbe quindi un joint control insieme a CDP.

Anche qui il risultato raggiunto appare molto discutibile.

Una società che era interamente italiana adesso è in mano anche ad un fondo australiano con poteri speciali, il che vuol dire, tanto per capirci, che tutte le decisioni d’investimento devono essere condivise con loro. Ovvero, non siamo più padroni in casa nostra.

Ora CDP si concentri su Open Fiber!

Ma va anche aggiunto che ci sono anche delle buone notizie.

CDP sale in Open Fiber al 60% e conquista la maggioranza assoluta della società. CDP ed Enel si impegnano a finanziare la società con nuovi capitali. Oltre 194 milioni.

Questo rafforzerà ulteriormente la società permettendole di accelerare gli investimenti e la copertura di FTTH. Ora finalmente si può puntare su Open Fiber. Se era già chiaro prima, ora diventa ancor più chiaro che di fatto nel nostro paese la rete FTTH la farà Open Fiber.

E si intravede già un ulteriore banco di prova. A breve saranno lanciate le gare per le aree grigie. Come sappiamo la Commissione europea favorirà il modello wholesale only, per cui entro il 2026 sarà possibile coprire l’intero territorio.

TIM non serve più. Ha una copertura FTTH molto limitata, è fortemente indebitata ed è di fatto nelle mani di un socio straniero.

La presenza di CDP in TIM non si giustifica più. È ora che esca da TIM e venda la sua partecipazione. La presenza di CDP potrebbe infatti comportare seri problemi a Bruxelles, quando l’operazione sarà notificata. D’altra parte l’ingresso di CDP in TIM è stato un errore sin dall’inizio.  

CDP lavori adesso per rafforzare ulteriormente Open Fiber, come peraltro ha già dichiarato, e per mantenere la concorrenza infrastrutturale in Italia a beneficio della competitività del mercato e dei consumatori che potranno così goderne in termini di qualità dei servizi e di prezzi a cui sono offerti.

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