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L’Italia è un Paese che invecchia. Popolazione scesa sotto i 59 milioni e andrà peggio entro il 2050

Quanti siamo in Italia? I nuovi dati

Siamo una popolazione che invecchia. Lo sappiamo bene, ce l’hanno detto per tempo, ma sottovalutiamo le conseguenze demografiche di questo processo al momento inevitabile. Un inverno demografico inevitabile per diversi motivi, soprattutto culturali ed economici, che continuerà in Italia per molti anni ancora, almeno stando ai dati attualmente in nostro possesso.

Al 1° gennaio 2022 la popolazione italiana è fissata a 58.983.000 individui, secondo stime preliminari fornite dal Presidente dell’Istat, Giancarlo Blangiardo, in audizione alla V Commissione “Programmazione economica, bilancio” del Senato della Repubblica e alla V Commissione “Bilancio, tesoro e programmazione” della Camera dei Deputati

Bisogna tornare al 2011 per trovare un dato analogo. Che poi è l’anno in cui ha preso il via, in maniera decisa, l’inversione demografica italiana.

L’inverno demografico italiano

Quando una popolazione inizia a diminuire e non si vedono in prospettiva segnali di frenata del fenomeno demografico si prospettano diversi problemi: di crescita economica, di produttività, di innovazione, di costi sociali crescenti.

Dal 2014 ad oggi, secondo Blangiardo, l’Italia ha perso 1,36 milioni di abitanti.

Lo scenario demografico del nostro Paese è caratterizzato da una significativa crescita della sopravvivenza e da un altrettanto marcato calo della natalità, con un conseguente invecchiamento della popolazione molto più rapido rispetto al resto d’Europa”, ha detto il Presidente Istat in audizione.

Nel 2019 in Europa si contavano 446,8 milioni di abitanti. Secondo stime Eurostat, entro il 2026 si sfioreranno i 500 milioni di individui, ma anche a livello continentale è atteso un progressivo calo da quella data in poi. Alla metà del secolo si supereranno di poco i 441 milioni di abitanti.

A livello mondiale siamo più di 8 miliardi di esseri umani, ma, grazie ad un nuovo studio condotto da un team internazionale di ricercatori, è stata ricalcolata la corsa demografica mondiale e per la fine del secolo il pianeta potrebbe essere abitato da circa 8.8 miliardi di persone e non 11 miliardi come precedentemente stimato. Insomma, la frenata demografica è generalizzata.

Prospettive demografiche entro la fine del secolo

Le nuove previsioni sul futuro demografico del Paese, aggiornate al 2021, confermano la presenza di un potenziale quadro di crisi: “La popolazione residente in Italia è in decrescita – ha spiegato Blangiardo – da 59,2 milioni al 1° gennaio 2021 a 57,9 mln nel 2030, a 54,2 mln nel 2050 fino a 47,7 mln nel 2070. Il rapporto tra individui in età lavorativa (15-64 anni) e non (0-14 e 65 anni e più) passerà da circa tre a due nel 2021 a circa uno a uno nel 2050. Entro 10 anni in quattro Comuni su cinque è atteso un calo di popolazione, in nove su 10 nel caso di Comuni di zone rurali. Sarà in crescita il numero di famiglie, ma con un numero medio di componenti sempre più piccolo. Ci saranno, inoltre, meno coppie con figli, più coppie senza: entro il 2041 una famiglia su quattro sarà composta da una coppia con figli, più di una su cinque non ne avrà”.

I piani per la natalità del Governo Meloni

Nel programma del Governo Meloni sono stai introdotte diverse misure per favorire matrimoni e natalità, con il taglio delle imposte sui prodotti destinati all’infanzia e aumentando i sussidi per le famiglie, ma certo la sfida è ardua perché, come anticipato, non è solamente una questione economica, ma culturale, forse storica.

Particolarmente attivo su questo versante è il Dipartimento per le politiche della famiglia.

Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità, ha dichiarato all’indomani della sua nomina nell’esecutivo di centro-destra: “Promuovere la famiglia e la maternità in tutte le politiche. È questo l’approccio trasversale che ha portato il nuovo esecutivo ad accendere i riflettori sulla natalità, primo tema del programma di governo. Ed è nostra intenzione mettere in campo un’azione strategica che coinvolga tutti i dicasteri, con interventi di taglio sia culturale sia economico”.

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