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L’IoT farà flop? Oggetti connessi a rischio data breach, la sicurezza è un problema

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Secondo un report Gemalto, soltanto il 48% delle imprese è in grado di sapere se uno dei suoi dispositivi connessi ha subito un attacco hacker. Oggetti connessi a caccia di sicurezza e standard.

Soltanto il 48% delle imprese è in grado di sapere se qualcuno dei suoi dispositivi IoT sia stato oggetto di data breach. Lo rende noto un’indagine condotta da Gemalto, dalla quale si evince che il problema della sicurezza è tutt’altro che risolto nel grande mercato degli oggetti connessi del comparto industriale, nonostante il ruolo potenzialmente positivo della blockchain. Ed è forse questo aspetto, l’impossibilità di garantire la sicurezza e la privacy dei dati che transitano per gli oggetti in rete, che sta frenando il decollo sul mercato di massa dell’Internet of Things. Sì, perché il mercato IoT non sta mantenendo le promesse, o quanto meno le grandi aspettative che secondo gli analisti avrebbero dovuto testimoniare già oggi una vera invasione di oggetti connessi a tutti i livelli della nostra società.

Previsioni ridimensionate

Di Internet of Things a diverso titolo si parla ormai da circa vent’anni, e il mercato ha cominciato a decollare grazie alle applicazioni M2M (Machine to Machine) nel 2010 quando le previsioni più ottimistiche vedevano almeno 50 miliardi di oggetti connessi nel 2020. Ma oggi sappiamo che quelle previsioni erano troppo ottimistiche e gli esperti si aspettano circa 20 miliardi di oggetti connessi in circolazione per l’anno prossimo, pari al 40% delle stime di 10 anni fa.

L’IoT è morto?

Possiamo quindi dire che l’IoT, come sostengono alcuni, è morto prima di nascere? Oppure dobbiamo dire che l’IoT ha semplicemente cambiato rotta e forma rispetto alle previsioni di qualche anno fa?

Alcuni anni fa, gli esperti prevedevano che entro il 2019 ogni casa sarebbe stata una “smart home” zeppa di dispositivi interconnessi all’interno del network integrato dell’Internet of Things. Le cose non sono andate così. L’IoT è morto? E in questo caso chi lo ha ucciso?

Il quadro

Il termine IoT si riferisce a tutti gli oggetti e dispositivi connessi in un network. La smart home, ad esempio, è composta da tutti gli oggetti, elettrodomestici e oggetti casalinghi connessi a Internet, con backup dei dati in cloud, in grado di inviare informazioni sul loro funzionamento e di essere controllati a distanza. Ma per ora la smart home non è del tutto decollata, i consumatori sono interessati ad alcune soluzioni come la smart tv e il telecontrollo dei termostati e dei contatori. Altri dispositivi, come il frigorifero o la lavatrice connessa o il tostapane connesso, non hanno riscosso successo.

Al contrario, sempre più interesse suscitano le applicazioni IoT per il mondo industriale, che sfrutta le capacità dei chip RFID per il monitoraggio di partite di prodotti o sfrutta i sensori per determinare se i macchinari sono in funzione.

Perché è calato l’entusiasmo?

  • Una volta sgonfiato il sensazionalismo dei media, l’IoT è un po’ passato di moda nel mondo del Tech. Troppe aspettative hanno circondato l’Internet of Things, provocando un’attesa eccessiva da parte degli utenti.
  • C’è poi un problema più economico, che riguarda i vantaggi percepiti o attesi a fronte di costi certi. L’acquisto di un frigorifero connesso al posto di un normale frigorifero costa, ma qual è il valore aggiunto della nuova componente IoT? Poter contare sulla lista automatizzata delle verdure che si sono esaurite in frigo non rappresenta forse una ragion sufficiente per comprare un frigo che costa molto di più un normale frigorifero. Insomma, l’IoT applicato alla casa non è stato finora percepito come una rivoluzione irrinunciabile da parte dei consumatori.
  • Alcuni dispositivi implicano continui aggiornamenti software da parte dei consumatori. Il che scoraggia certamente i consumatori meno tecnologici e quelli più anziani, che non vogliono occuparsi di costanti aggiornamenti software, con procedure diverse magari per 10 apparecchi sparsi per casa. Servirebbe quindi una sorta di fornitore universale di dispositivi IoT per rendere le cose più facili, con un’interfaccia unica per tutti i dispositivi connessi. Ma per ora non c’è.
  • Il capitolo privacy e sicurezza è forse il più delicato. Dal punto di vista di un hacker, basta un’unica porta d’ingresso per agganciarsi poi a tutti i device connessi in un network e prenderne il controllo. Un unico oggetto connesso e protetto in modo blando alla rete WiFi di casa rischia di compromettere tutto il resto. Inoltre, molti consumatori sono ben consapevoli delle potenzialità di monitoraggio insite negli oggetti connessi; ad esempio, una telecamera di sicurezza tiene d’occhio cosa succede in casa, ma può anche mettere in cloud le immagini riprese, rendendole così potenzialmente vulnerabili ad un attacco hacker. Inoltre, ogni azienda che offre oggetti connessi potrebbe accedere ai tuoi dati a scopi pubblicitari.
  • Manca un set di standard ben definito, il che impedisce di creare dispositivi di origine indipendente che possano lavorare insieme.

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