l'intervista

Parte 2. ‘L’innovazione tecnologica al bivio, o diventa sociale oppure è un buco nell’acqua’. Intervista ad Alberto Contri (Iulm)

a cura di Raffaele Barberio |

La seconda parte dell'intervista ad Alberto Contri, docente di Comunicazione Sociale all'Università Iulm per parlare di tecnologia e futuro: "Se l’innovazione tecnologica non produce anche innovazione sociale, che innovazione è?"

La seconda parte dell’intervista a 360° ad Alberto Contri, Docente di Comunicazione Sociale alla Iulm di Milano, da anni ai vertici delle associazioni della pubblicità, sulle prospettive di sviluppo in ambito tecnologico e previsioni per il 2019. Sul tavolo intelligenza artificiale, sviluppo dei robot, lo strapotere degli OTT, l’uso smodato dei dati personali a scopi di pubblicità e le prospettive del GDPR.

Key4biz. E le agenzie di pubblicità tradizionali?

 

Alberto Contri. Come ho ribadito nel mio saggio, si devono ancora riprendere dall’errore fatto nel diventare soprattutto intermediatori di acquisto spazi. Ma come se non bastasse, si sono buttate anche loro sugli algoritmi, dimenticando di avere in mano un grandioso know-how che va ovviamente ritarato e aggiornato ai tempi della “costante attenzione parziale”. Saper coinvolgere i consumatori sempre più distratti con una narrazione particolarmente interessante si può fare a patto di saper recuperare quel sano back-to-basics che poi è il loro DNA di base. Perché se è vero che viviamo immersi nelle innovazioni, è anche vero che le pulsioni dell’essere umano sono sempre le stesse da centinaia di migliaia di anni, così come è sempre lo stesso il funzionamento del cervello e della mente.

Key4biz. Ma robotica, digitale e intelligenza artificiale fanno proprio parte della ricerca che lei auspica.

 

Alberto Contri. Occorre distinguere. Innanzitutto di intelligenza artificiale si parla da settant’anni, e quindi non è poi questa grande novità. Ciò che sorprende e stordisce è l’enorme quantità di calcoli che oggi possono essere fatti, e la altrettanto enorme quantità di dati che possono venire elaborati in tempo reale. Stiamo assistendo alla nascita di applicazioni impensabili fino a poco tempo e fa, e che si succedono con una rapidità mai vista prima.

Ma con poche riflessioni, anche filosofiche, sui loro effetti.

Così, coloro che hanno accumulato un vantaggio in termini di consulenza informatica cercano in ogni modo di tenerselo coltivando il mito delle magnifiche sorti e progressive dell’intelligenza artificiale, proponendosi come i soli in grado di padroneggiarla. Se non fosse troppo offensivo, verrebbe da ribattezzarli apprendisti stregoni alla caccia di business.

Può sembrare una bestemmia, ma penso si possa affermare che oggi abbiamo a disposizione forse molta più tecnologia di quella che ci serve, o meglio di quella che può essere applicata coerentemente con lo sviluppo umano. Si mitizza troppo il futuribile, come si fa ad esempio con le auto senza pilota. Ottima invenzione, adatta però ad una città progettata appositamente, nei vicoli di qualunque città possono solo fare incidenti mortali. Trasferire le lavorazioni ripetitive dall’uomo al robot è un ottimo intento, se non si stesse dimostrando che con l’impiego dei robot agli esseri umani che vengono lasciate mansioni residuali. E’ il caso di quanti lavorano presso i grandi distributori on-line o per le consegne a domicilio: costretti ad accontentarsi di salari risibili, lavorando senza sosta proprio come nel film Tempi Moderni di Charlie Chaplin. Avviene così che centinaia di migliaia di lavoratori stiano regredendo al livello dei tempi in cui imperavano i Padroni delle Ferriere. E’ forse innovazione questa? Se l’innovazione tecnologica non produce anche innovazione sociale, che innovazione è?

Key4biz. Più d’uno la biasimerà per questa critica dell’era robotica e digitale…

 

Alberto Contri. Certo. Già mi hanno accusato di essere un “laudator temporis acti”. Ma lo sarei io, o chi sta riportando i diritti dei lavoratori indietro di cento anni? So benissimo riconoscere i meravigliosi successi della robotica, della cibernetica  e dell’intelligenza artificiale ad esempio in campo medico. Ho visto poi applicazioni strepitose al Cefriel diretto dal professor Fuggetta, come ad esempio l’airbag per i motociclisti realizzato per la Dainese. Ma è solo uno dei molti esempi dello splendido lavoro che fanno. Fantastici poi gli esoscheletri per sostenere i malati di SLA che ho visto all’Istituto Italiano di Tecnologia, mentre trovo un semplice inganno i robot antropomorfi come quelli del giapponese Hiroshi Ishiguro, osannato e ripetutamente intervistato da reporter ansiosi di raccontare per primi l’ultima novità. Insieme ad altri futurologi, anche nostrani, Ishiguro ama discettare di creature umanoidi dotate di pensiero autonomo, quando si tratta di macchine che sanno agire solo eseguendo il programma che è stato scritto nella loro memoria, reagendo agli stimoli in maniera precostituita. E che, alla faccia del machine learning e del deep learning (tutte parole molto “cool” pronunciate spesso da chi non sa nemmeno di cosa si tratti esattamente), non possono che riprodurre all’infinito il pre-giudizio iniziale, incapaci come sono di immaginare e di pensare in forma astratta. Ma come si può sostenere che un linguaggio bidimensionale come quello informatico possa elaborare pensieri astratti, che sono ben più che tridimensionali?

Ho visto sul tema una interessante presentazione della professoressa Stefania Bandini, Direttore del Complex Systems & Artificial Intelligence Researche Center dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, con cui mi confronto spesso. C’è una slide in cui si vede un uomo che tiene in braccio un gatto che si divincola, e ci si domanda se un robot saprebbe mai farlo: chi vuol capire capisce, e pure in un fulminante attimo, cosa non può fare un robot, e che invece un uomo sa fare con tutta semplicità.

Key4biz. Detto tutto questo, cosa prevede e cosa si aspetta lei dal 2019?

 

Alberto Contri. Da un certo punto di vista sono molto preoccupato per l’invadenza e il progressivo strapotere delle imprese OTT, che oltre a maneggiare con disinvoltura i nostri dati, spingono sull’innovazione non per aiutare gli esseri umani, ma per sfruttarli maggiormente. Per certi aspetti le loro intuizioni e le loro applicazioni sono state strepitose, e forse per questo nessuno ha pensato di porre dei limiti ai monopoli che si stavano costruendo ramificandosi nella società e nei più diversi business. Oggi poi, grazie all’accumulo di capitali enormi, si possono permettere di avviare progetti di ricerca con università sempre affamate di risorse, acquisendo pure benemerenze di tipo sociale. Per non parlare delle potenti lobby di cui dispongono per influenzare governi e istituzioni. Se ci aggiungiamo poi che politici e governanti si comportano con loro quasi come bimbi davanti ad un albero di natale rutilante di lucine, può essere oramai che i buoi siano già scappati dalle stalle.

Key4biz. Ma con l’approvazione del GDPR sono stati messi importanti paletti all’impiego dei dati.

 

Alberto Contri. Io rimango scettico, perché è noto che alla domanda “vuoi permetterci di usare i tuoi dati in cambio del servizio gratuito che ti diamo”, la stragrande maggioranza risponde affermativamente. A che mi serve sapere dove risiedono i miei dati, se poi possono essere usati comunque in molti modi grazie al mio consenso?

L’altro grave problema che osservo è l’impoverimento della democrazia (che paradosso rispetto alle aspettative su internet come ambiente totalmente democratico!) sia per l’abile uso dei dati da parte di pochi eletti, sia per la diffusione di una notevole ignoranza, anche legata al nuovo problema della “costante attenzione parziale”: nessuno ha più tempo di approfondire nulla, e così si finisce per rimanere schiavi della “dittatura dell’istante” reagendo più di pancia che di testa, sia nella comunicazione che nella decodifica della medesima..

Potrebbe poi anche esplodere la bolla delle start-up, e forse non sarebbe nemmeno un male: a leggere le ricerche, di poco più di 7000 che esistono oggi in Italia, la metà rimane al palo e l’altra metà vivacchia. Perché non si trovano finanziatori o perché le innovazioni non sono poi così rivoluzionarie? Davvero illuminante in merito il parere di Stefano Epifani, presidente del Digital Transformation Institute: “Dobbiamo stare attenti a che non si finisca in quello che qualcuno definì tanto tempo fa ‘modello Klondike’: ossia quel modello in cui quando c’è una corsa all’oro gli unici che ci guadagnano sicuramente sono coloro i quali vendono picconi. E non serve chiedersi chi sia, nel mondo delle startup, a venderli”.

Vedo poi un altro grande paradosso: nel momento in cui si inneggia all’I.A e la parola innovazione è la più ripetuta fin oltre la noia, stiamo oggettivamente vivendo in un contesto che sembra non ritenere un valore la competenza, il che sarà la causa del definitivo tracollo del paese.

Per questo motivo, dò volentieri un’anticipazione a key4biz: nel 2019, insieme a tanti altri colleghi, docenti, manager, professionisti, promuoveremo il movimento GRU, che significa “Gruppi di resistenza umana” per risollevare il paese. In poche parole: resistenza umana contro l’improvvisazione, la facile retorica, lo scarso studio, il degrado del senso critico, del sapere, dell’educazione, della formazione. Tenendo in tutta Italia i miei seminari, ovunque ho incontrato persone che quotidianamente svolgono il proprio compito  con analoghi intendimenti, e quindi ritengo che possa prendere piede rapidamente. Ma non per scendere in piazza, bensì per puntare ad un nuovo Rinascimento, “in spe contra spem”. Perché a sognare in grande non si sbaglia mai.

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