Due autorevoli ‘No’ arrivano dall’Italia alla riforma del copyright dell’Ue. Oltre a quello del vicepremier Luigi Di Maio, anche Antonello Soro, Garante Privacy, è contrario alla proposta di aggiornare il diritto d’autore al tempo della digital economy come prevede il testo approvato dalla Commissione giuridica del Parlamento europeo. “Io ho posizioni simili a quelle del ministro Di Maio. Con l’obiettivo di salvaguardare un valore vero, quello del copyright, il testo della riforma Ue rischia di affidare ai gestori delle piattaforme social il rubinetto dell’informazione, cambiando così la natura di Internet”, ha detto Soro intervenendo questa mattina alla presentazione del quarto rapporto Agi/CENSIS nella sala della Regina della Camera dei Deputati.
La critica di Soro è verso la cosiddetta Link tax o tassa sui link previsto dall’articolo 11 della proposta di riforma, ossia quello che andrebbe a disciplinare la “Protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo digitale”.
Si vuole far pagare alle piattaforme (Facebook, Twitter, ecc..) e gli aggregatori del web (Google News) la licenza per la pubblicazione dei contenuti giornalistici protetti da copyright. In parole semplici la condivisione sui social delle news non avverrebbe più gratuitamente, ma gli Ott per farlo dovrebbero pagare gli editori. “In questo modo si affiderebbe altro potere ai gestori delle piattaforme che avrebbero così la possibilità di scegliere quali contenuti pagare. Il rischio è affidare a loro la selezione delle notizie da veicolare sui social’, ha messo in guardia Antonello Soro.
La proposta di legge diventerebbe realtà solo con l’ok del Parlamento europeo: il voto è atteso per i primi di luglio.
Soro: ‘La reputazione è il bene più importante nell’economia digitale in cui viviamo’
Oltre alla riforma del copyright Soro ha posto l’attenzione sia sul GDPR sia sullo scandalo Cambridge Analytica. “Si fa cattiva informazione quando si dice che il regolamento europeo è un costo per le aziende: è un’opportunità, invece. Le imprese che sono in grado di mettere al sicuro i dati dei clienti raggiungono un grande valore reputazionale”, ha dichiarato il Garante. Infatti la reputazione è il bene più prezioso nell’economia digitale. Lo scandalo Cambridge Analytica ha fatto nascere la “techlash”, la caduta della fiducia negli “dei” dell’innovazione digitale e fortunatamente è iniziata a nascere una maggiore consapevolezza dei rischi legati a un uso distratto dei propri dati personali sui social. “Io non posterei mai la foto di mia figlia il giorno del suo battesimo” ha fatto sapere Soro.
Un monito per molti genitori che alla privacy dei loro figli minorenni preferiscono un pugno di like. Ogni giorno. E più volte al giorno.