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L’I3A di Torino sarà un faro di innovazione, forte e autorevole. Intervista a Don Luca Peyron

Chi ha la passione per la tecnologia, si sa, predilige il fare al parlare. Don Luca Peyron ha fatto e sta facendo molto, assieme all’attivo sostegno dell’Arcidiocesi e di tutta la città, per portare a Torino il progetto dell’Istituto Italiano di Intelligenza Artificiale (I3A). Un progetto che non deve essere solo di facciata, ma che dovrà aiutare il territorio e l’Italia, realizzando un centro di eccellenza che crei ricadute favorevoli sull’intero tessuto produttivo e che diventi un volano per l’innovazione.

In questi giorni, con il cambio al governo nazionale, ed essendo passati ormai diversi mesi dalle ultime notizie, ho voluto sentire nuovamente Don Luca per capire a che punto siamo con l’I3A.

Istituto Italiano di Intelligenza Artificiale

Luca Sambucci. Solo pochi giorni fa la sindaca di Torino, Chiara Appendino, nel suo post di supporto al Governo Draghi menzionava in maniera specifica l’I3A come “atto concreto” del governo Conte a favore della città. Pensa che con il cambio del Governo nazionale si debba ricominciare da capo?

Don Luca Peyron. Mi auguro che questo non avvenga, tuttavia esiste un rischio di rallentamenti e di quanto altro possiamo immaginare. Una ragione in più per sostenere come questo, ed altri progetti, debbano avere la politica come ispiratrice e poi il sistema Paese come asse portante. Le Istituzioni è giusto che vigilino ed ispirino, ma dopo l’I3a deve essere un soggetto indipendente dalle stagioni perché ci possa traghettare in mezzo ad esse verso il futuro. Questa stabilità, nella fluidità odierna, è necessaria. Se Il centro deve essere un faro non possiamo costruirlo su di una piattaforma galleggiante.

Luca Sambucci. Torino si è sempre dimostrata compattamente a favore del progetto, ma ovviamente la semplice volontà spesso non basta. Quali passi concreti dovrà fare la città per portare a casa il risultato?

Don Luca Peyron. Creare una sorta di AI commission che permetta all’indotto nazionale ed internazionale di atterrare sul nostro territorio, uscire da logiche di tavoli ed approdare convintamente a logiche di sistema: un solo tavolo con più sedie e maggiore contaminazione di pensiero. Soprattutto non immaginare l’I3a, così come i denari del Recovery, come risorse per tappare buchi di bilancio o a copertura di carenze progettuali. Il Centro deve essere volano di innovazione e non di restyling di progetti noti con note titolarità.

Draghi e il progetto I3A: cosa si farà?

Luca Sambucci. Se Torino è pronta, logisticamente, organizzativamente e politicamente, allora – usando una metafora sportiva – in quale campo si trova la palla? Chi è che deve calciarla?

Don Luca Peyron. Il nuovo Governo certamente, in termini di risorse, anche parziali per poter partire, ed in termini di imputazioni di responsabilità. Si deve agire per cominciare e con una definizione giuridica iniziale. Draghi ha molti pensieri, siamo ben disposti a farci carico di alcuni di questi avendone il mandato. Faremo bene, faremo presto, faremo per il Paese, come Torino sempre ha fatto.

Luca Sambucci. Alcuni hanno scritto che è uno spreco di denaro pubblico e che meglio farebbe il sistema universitario da solo, cosa ne pensi?

Don Luca Peyron. Sono convinto della bontà del nostro sistema accademico e del fatto che debba avere più fondi, ma altrettanto convinto che una guerra tra poveri non è mai una buona guerra. Il sistema universitario è animato anche dalla terza missione, cioè la ricaduta sui territori dei saperi generati in accademia, ma è illusorio pensare che tale missione possa coprire il bisogno culturale ed industriale di un Paese, illusorio e decisamente poco sostenibile dai numeri reali, proprio quelli con cui l’accademia si confronta. Abbiamo bisogno di un centro forte ed autorevole che si ponga come interlocutore a più fronti con gli enti internazionali omologhi e non solo. Da più parti in questi mesi sono stato contattato da enti sovranazionali per saperne di più e per cominciare alleanze e collaborazioni. C’è un modo oltre la cinta daziaria di Torino e dell’Italia che non vede l’ora che I3a esista, neppure funzioni… esista!

Il ruolo della Diocesi di Torino

Luca Sambucci. La Diocesi continuerà ad essere in campo?

Don Luca Peyron. Sino a che essere a servizio è considerato utile, mantenere una posizione terza e soprattutto garantire che I3a sia anche una operazione culturale e valoriale, come le linee guida del Mise da cui I3a nasce, esplicitano in continuazione, noi siamo a disposizione. Abbiamo raccolto molte idee, suggestioni, visioni. Dai più piccoli ai grandi, con degli sviluppi internazionali davvero interessanti, è il vantaggio di essere una istituzione globale e locale sino alle midolla. Siamo pronti a condividere tutto questo. Abbiamo dato un’anima ad I3a, è in attesa – come nel racconto della Genesi – di avere quella struttura di terra che poi sarà carne e sangue, in cui soffiarla!

Luca Sambucci. Perché non lo avete fatto?

Don Luca Peyron. Per rispetto delle filiere istituzionali e per rispetto della preziosità delle idee che ci sono state consegnate. La Chiesa è abituata a farsi messaggera di un messaggio non suo, prezioso, decisivo. Va consegnato nei tempi e nei modi consoni perché nulla di ciò che è autenticamente umano vada perduto. O, e sarebbe peggio, scartato. Come già avvenuto diversi mesi fa invito i portatori di interessi e di rappresentanza a mettersi attorno ad un tavolo. Come dice un amico con cui condividiamo pensiero da diversi mesi, Vittorio Di Tomaso, stiamo aspettando Godot. Non arriverà, non arriva mai. Andiamo noi in esplorazione della terra promessa.

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