Gli enormi sviluppi delle tecnologie digitali stanno accelerando l’affermazione di una nuova specie umana che potremmo definire con un ossimoro: l’uomo artificiale. Una specie evolutissima e, per la prima volta, determinata non esclusivamente dalla selezione naturale, ma dall’inserimento selettivo nel corpo umano di elementi artificiali “intelligenti” prodotti dall’uomo stesso.
Una sorta di inedita auto-evoluzione che si lascerà alle spalle l’ultima specie naturale sapiens per entrare definitivamente nell’era degli esseri cyborg (cybernetic organisms). Il tema delle tecnologie digitali che tramite sistemi hardware-software intelligenti possono modificare il modo di pensare e di agire degli esseri umani è ormai uscito dai libri di fantascienza per entrare decisamente nella realtà quotidiana, fino a diventare elemento determinante del processo evolutivo apparentemente non più arrestabile. L’evoluzione naturale ha portato in milioni di anni all’Homo sapiens, mentre la specie che si sta annunciando si affermerà in meno di un centinaio di anni, mostrando una rapidità evolutiva che soltanto le macchine possono avere.
Sono tanti i contributi di riflessione su questi temi che gli specialisti di diverse discipline stanno fornendo e che hanno un’importanza sempre maggiore per il futuro dell’umanità. Ad esempio, nell’ultima opera divulgativa del fisico Stephen Hawking (Le mie risposte alle grandi domande), pubblicata postuma nell’ottobre scorso, si ipotizza un futuro non lontano dominato da superuomini capaci di azzerare i propri limiti biologici e di sfruttare le nuove capacità per colonizzare i pianeti vicini a noi. Nel suo saggio Hawking ribadisce la necessità di vigilare sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale (IA), che «in futuro potrebbe sviluppare una propria volontà indipendente, in conflitto con la nostra». Secondo Hawking il rischio maggiore che l’intelligenza artificiale, può creare non è la malvagità ma la competenza. «Un’IA super intelligente sarà estremamente brava a raggiungere i suoi obiettivi, e se questi non saranno allineati ai nostri, saremo nei guai. Probabilmente non siete degli odiatori di formiche che calpestano questi insetti per cattiveria, ma se siete responsabili di un progetto idroelettrico sostenibile e c’è un formicaio nella regione che dovete allagare, andrà a finire male per le formiche. Cerchiamo di non mettere l’umanità nella posizione delle formiche».
Anche per dare una risposta a queste preoccupazioni, la Commissione Europea nel giugno scorso ha costituito un gruppo di lavoro sull’intelligenza artificiale (High-Level Expert Group on Artificial Intelligence) formato da 52 esperti che hanno lavorato alla definizione di un codice etico per l’uso dell’intelligenza artificiale. Nei giorni scorsi è stato rilasciato il draft delle linee guida che hanno l’obiettivo di tutelare i cittadini dall’uso improprio delle tecnologie digitali intelligenti e definisce in che modo gli sviluppatori e gli utenti possono assicurare che l’IA rispetti i diritti fondamentali delle persone e i principi delle nostre società e come l’intelligenza artificiale possa essere resa tecnicamente solida e affidabile. L’obiettivo è di massimizzare i benefici dell’IA minimizzando i rischi, compito molto difficile da raggiungere. Per fare ciò è necessario mantenere un approccio all’intelligenza artificiale centrato sull’uomo, sui benefici che potremo avere come esseri umani e come collettività. Secondo gli esperti del gruppo di lavoro europeo «L’IA affidabile deve essere basata su due elementi: (1) dovrebbe rispettare i diritti fondamentali, una concreta regolamentazione verificabile e i principi e valori fondamentali dell’uomo, assicurando uno “scopo etico” e (2) dovrebbe essere tecnicamente solida e affidabile poiché, anche con le migliori intenzioni, la mancanza di una padronanza tecnologica può causare danni non intenzionali.» L’obiettivo è anche quello di diffondere a livello globale, partendo dall’Europa l’uso di un approccio etico all’intelligenza artificiale come elemento fondamentale per consentire la competitività responsabile, generando fiducia da parte degli utenti e facilitando la sua diffusione per scopi utili agli esseri umani.
L’umano artificiale non si sta realizzando soltanto tramite l’inserimento nel corpo di protesi digitali ma anche tramite l’espansione del corpo umano con protesi “intelligenti” che apparentemente sono esterne, ma che invece sono ormai innestate strettamente sino a convivere costantemente con noi. Lo smartphone è l’esempio più semplice ed evidente di questi innesti tecnologici che usano in maniera massiva software intelligenti. È facile far notare che ormai sono tantissimi quelli che osservano il mondo che li circonda non più attraverso i loro occhi, ma tramite la videocamera del loro cellulare e interagiscono con i loro amici usando i messaggi testuali e gli emoji e non con i gesti e la voce. Tutto ciò non può avvenire senza una necessaria attenzione etica agli effetti di tutto ciò sulle persone.
Lo scenario rivoluzionario si completa con la diffusione dei robot che si avviano a sostituire gli umani in molti lavori, in tante funzioni non semplicemente meccaniche, ma anche affettive e in diversi settori, dalla medicina all’assistenza. Tutte queste innovazioni radicali fanno sì che le generazioni contemporanee siano le ultime a essere nate sulla Terra in assenza di macchine superintelligenti e di robot. I nati degli ultimi anni e quelli delle prossime generazioni coabiteranno con i robot e dovranno sviluppare comportamenti e attitudini per gestire l’interazione con il mondo cyborg. Devono anche convivere con i comportamenti non etici codificati negli algoritmi e, d’altra parte, con il rischio di preferire i robot agli umani perché un androide si può programmare per essere ubbidiente, affettuoso, sempre gentile, mentre il rapporto con gli altri umani può essere più complesso, meno semplice e fonte anche di disaccordi e dispiaceri. In sintesi, esiste il rischio che sia più comodo scegliere un robot come amico al posto di una persona.
Non basta e non serve aver paura delle macchine artificiali, ma occorre conoscerle e regolarle per gestirle, per armonizzare il loro impatto, per usarle utilmente, perché confrontarsi con esse significa confrontarci con il nostro futuro. L’uomo ha creato uno scenario del tutto inedito che pone a se stesso sfide dalle quali potrebbe avere enormi vantaggi anche nella gestione delle grandi emergenze mondiali e nell’affrontare le crisi che nascono dallo sfruttamento delle risorse naturali e dal degrado dell’ambiente. Allo stesso tempo, in queste sfide l’essere umano potrebbe risultare sconfitto fino a perdere la guida del mondo e del suo ecosistema. Per evitare che questo possa accadere occorre, come ha scritto Elon Musk, «regolamentare l’intelligenza artificiale e i robot, come facciamo con il cibo, con le medicine, con le auto e gli aerei. I rischi per le persone richiedono regolamentazioni». Regole e consapevolezza, sono elementi imprescindibili. Le linee guide per un’intelligenza artificiale etica e affidabile a cui sta lavorando l’Unione Europea, se non rimangono un mero auspicio formale, possono rappresentare un primo passo importante in questa direzione.