Giacomo Mazzone, a nome di tutta la redazione di Democrazia futura e dell’Associazione Infocivica, rievoca in una lettera immaginaria al giovane consigliere d’Amministrazione della Rai prematuramente scomparso stanotte, le tante battaglie da lui sostenute in seno all’azienda e i suoi ripetuti voti contrari in seno al CdA , da ultimo quello contro la bozza del prossimo Contratto di Servizio “perché – come amava ripetere – non bisogna mai smettere di indignarsi”.
Caro Riccardo,
Non so se lì dove ti trovi adesso, arriva la Rassegna Stampa RAI del mattino, o se sarai in grado di leggere queste righe. Tutto sommato, forse è meglio che tu non possa leggerle, perché lo sanno tutti che sei sempre stato allergico alle celebrazioni. Ma ti prometto: questa non sarà una celebrazione, né un’elegia, (anche se te lo meriteresti) ma un messaggio ad un amico andato via senza salutare.
Vorrei cominciare con un rimprovero sincero.
Te lo avevo detto tutte le volte che ci siamo visti (non molte in questi anni, a causa del mio lavoro fuori dall’Italia) di non prendertela così tanto per la RAI e per il Servizio Pubblico, di non prendere i rifiuti ed i dinieghi che ricevi nel Consiglio di Amministrazione (CdA) e dall’azienda come un fatto personale, perché alla fine ci avresti rimesso in salute. Purtroppo, invece, così è accaduto quando, ieri sera, un infarto ha posto fine alla tua esistenza terrena.
Tutti quelli fra noi che credono nel Servizio Pubblico come missione sanno benissimo quanto sia importante il ruolo della RAI per fare dell’Italia un paese migliore, e farebbero di tutto perché la nostra amata azienda possa finalmente essere all’altezza del compito che dovrebbe svolgere.
Ma – come dicevano i latini – “ad impossibilia nemo tenetur” e quindi non puoi pensare da solo e spesso contro tutti (come dimostrano i tuoi voti in CdA), di poter risolvere gli enormi problemi della RAI, che sono quasi sempre intrecciati a filo doppio con quelli del Paese, di cui essa è molto spesso espressione fedele.
Lo so, anch’io sono convinto che la RAI debba esser migliore del Paese, perché questo è proprio il ruolo del Servizio Pubblico, come non si stancava di ripeterci un grande padre nobile della RAI come Massimo Fichera.
Anch’io so benissimo che essa dovrebbe fungere da benchmarking dell’intero sistema dei media del nostro Paese, perché questo è il ruolo che le ha assegnato la Corte Costituzionale dopo la liberalizzazione dell’etere. Ma di fronte ad ostacoli insormontabili, pur senza smettere di lottare, è inutile farne una “questione personale” come, invece, l’hai vissuto tu.
Lo so bene che dicevi sempre che non bisogna mai smettere di indignarsi (ricordi “IndigneRAI” ?), che le battaglie sui principi sono quelle che val la pena di combattere più di ogni altra. Però non bisogna mai dimenticare che hai di fronte -dentro e fuori viale Mazzini – interessi colossali (conflitti d’interesse mai risolti, gruppi di pressione che vedono nella RAI solo un osso da spolpare fino in fondo, partiti miopi od ostili al servizio pubblico, colleghi che usano la politica come un tram per acquisire nomine, potere e privilegi). Quindi se non riesci a cambiare le cose, non è colpa tua. Il dovere morale (che è sempre stato la stella polare che ha guidato i tuoi comportamenti) ti imponeva di segnalarne le derive, di votare contro – come dicevi – anche solo “per questioni di principio”, ma badando bene a non farne una malattia, o addirittura lasciarci la pelle.
Prendiamo il tuo ultimo cruccio: la battaglia in Consiglio per il nuovo Contratto di Servizio e perché esso diventasse oggetto di pubblico dibattito: dentro l’azienda e nel Paese. Invece dopo due anni di cincischiamenti, a fine giugno 2023 ti vedi arrivare la copia del contratto segretata, in un documento identificato col tuo nominativo in filigrana, accompagnata dalla raccomandazione di non parlarne al di fuori del CdA. Perdippiù con la richiesta di emettere un parere entro 48 ore e con la calda raccomandazione di non toccare una virgola. Tu ti sei giustamente ribellato, hai chiesto più tempo ed hai ottenuto una settimana in più. Ma poi alla fine il testo è rimasto esattamente quello arrivato in CdA, con due sole modifiche. In un paragrafo sugli obblighi del Servizio Pubblico, l’espressione “dieta mediterranea” è stata sostituita con “dieta sana e sostenibile” (ma in un altro articolo è rimasta tale e quale) ed in una frase dedicata alla “transizione digitale” è stata aggiunta anche quella “ambientale”. Mentre sul resto, a partire dalla non casuale rimozione dell’obbligo di promuovere il giornalismo di inchiesta, il testo non è cambiato, ma vi siete dovuti accontentare delle promesse dell’AD di vigilare contro eventuali derive.
Il tuo voto contrario in seno al Consiglio d’Amministrazione alla bozza di nuovo Contratto di Servizio, l’esposto contro i 150 milioni di euro scippati alla Rai “perché non bisogna mai smettere di indignarsi”
Per questo, ancora una volta, da solo hai votato contro: perché non bisogna mai smettere di indignarsi. Prendiamo ancora l’esposto della RAI contro i 150 milioni scippati da Matteo Renzi con l’aiuto di Luigi Gubitosi. Eri l’unico che ogni anno si prendeva la briga di ricordare all’azienda che questi soldi dovevano esserle restituiti e hai cosi obbligato i membri del CdA RAI e i vari AD succedutisi a proseguire un’azione in giustizia contro i governi responsabili di quel furto, composti da quegli stessi partiti che ne hanno determinato la nomina. Un’azione che molti di loro avrebbero preferito far finire nel dimenticatoio. Oppure la tua battaglia (anche questa solitaria) contro gli agenti e gli impresari che da anni impongono scelte editoriali all’azienda e la ricattano. Anche in questo caso ti sei battuto per ricordare al management almeno di rispettare gli impegni presi in passato per limitare questi condizionamenti, poi regolarmente e perennemente disattesi. Disattesi si, ma mai dimenticati, perché c’era qualcuno in CdA che puntualmente stava lì a ricordare all’azienda quanto essa stessa aveva deciso per proteggersi e non applicava. In fondo sai, la differenza fra te e “loro” era e resterà sempre quella che tu non mancavi mai di ricordare. E cioè che tu– in un Olimpo composto da manager transeunti in affannosa ricerca del prossimo incarico – eri l’unico che invece pensava al lungo termine e si preoccupava che quest’azienda, questo servizio indispensabile per il Paese (cosa di cui il Paese stesso è largamente inconsapevole) potesse pensare al suo futuro e non ragionare solo con gli orizzonti temporali – misurabili in mesi e settimane – della sua leadership.
L’unica cosa che non avevi tenuto in adeguata considerazione è che anche il tuo mandato (non quello in CdA RAI, ma quello su questa Terra, quello determinato dal tuo battito cardiaco) potesse arrivare a scadenza con così largo anticipo. Conoscendoti, sono pressocché sicuro che anche se lo avessi saputo, non avresti mai rinunciato al tuo diritto di indignarti e di lottare per i principi in cui noi tutti crediamo e tu per primo, di un servizio pubblico indipendente, autonomo, credibile e migliore del Paese che deve servire.
Se ciò ti può consolare lì dove ora ti trovi, sappi che saremo in molti a continuare il lavoro da te lasciato incompiuto e che continueremo ad indignarci anche in tuo nome.
Arrivederci, amico caro
Giacomo