Digital economy

Legge di Bilancio. Davide Rossi (OPTIME): ‘Per favore non chiamatela Web Tax’

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Davide Rossi (OPTIME): 'Chiamarla Web Tax è sbagliato e forse strumentale. Si tassano in pratica non i siti di vendita o quelli informativi, ma solamente quelle che la norma chiama 'interfacce digitali' ovvero le piattaforme di marketplace (sia per la vendita di beni fisici che di servizi) e i social networks'.

Come è noto, nel maxi-emendamento alla Legge di Bilancio il governo ha inserito la “Web Tax”. Si legge che l’imposta sui servizi digitali si ottiene applicando l’aliquota del 3% all’ammontare dei ricavi tassabili realizzati in ciascun trimestre e si applica alle imprese che nel corso di un anno solare realizzano congiuntamente un ammontare complessivo di ricavi ovunque realizzati non inferiore a 750 milioni di euro o un ammontare di ricavi derivanti da servizi digitali realizzati nel territorio dello Stato non inferiore a 5,5 milioni di euro.

Si tratta di una misura che punta a colpire i giganti del web, ovvero gli Over the Top (il cosiddetto GAFAGoogleAppleFacebook e Amazon) e non tutte le imprese che offrono servizi digitali. Naturalmente la narrazione corrente tende ad accreditare alla proposta caratteri che non ha e per fugare ogni dubbio abbiamo chiesto a Davide Rossi, direttore generale AIRES e presidente dell’Osservatorio OPTIME per la tutela in Italia del mercato dell’elettronica.

 

Key4biz. Avvocato Rossi lei sembra essere una delle poche voci dissenzienti rispetto alla levata di scudi che sembra avere creato la proposta della cosiddetta “Web Tax”. È così?

Davide Rossi. Se mi permette vorrei ribaltare i termini. Ho personalmente l’impressione che molti si stiano schierando apoditticamente contro il provvedimento, senza averlo adeguatamente letto e compreso.

Key4biz. Da dove vogliamo cominciare?

Davide Rossi.   Partirei con il dire che chiamarla “Web Tax” è sbagliato e forse strumentale. Si tassano in pratica non i siti di vendita o quelli informativi, ma solamente quelle che la norma chiama “interfacce digitali” ovvero le piattaforme di marketplace (sia per la vendita di beni fisici che di servizi) e i social networks. Vedo una certa strumentalizzazione semantica: far pensare che si tassa l’uso di internet è come far pensare che si vuole tassare l’aria.

 

Key4biz. E invece non è così?

Davide Rossi. Assolutamente no. Il testo lo dice chiaro: sono tassati i proventi che derivano da tre fonti. La prima è la veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia. La seconda è la messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi. La terza è la trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale.

Key4biz. Il che vuol dire che ad essere tassati…

Davide Rossi. Vuol dire che ad essere tassati saranno unicamente i soggetti che operano in rete come “intermediari” e non coloro che utilizzano la rete per offrire propri beni o servizi.

Key4biz. E in ambito pubblicitario?

Davide Rossi.   Anche sulla pubblicità mi sembra chiaro che non si pensa di tassare il sito editoriale che ospiti spazi pubblicitari, ma solo le imprese che si occupano di veicolare messaggi pubblicitari su interfacce digitali, ovvero sui social networks. In altre parole se un quotidiano vende abbonamenti alla propria versione on-line non sarà soggetto a nessuna tassazione.

Key4biz. Un esempio?

Davide Rossi. Prendiamo il caso di un hotel prenotabile e pagabile on-line. Dovranno pagare imprese come Youtube e Booking che – pur avendo pochissimi dipendenti e non facendo nulla se non sviluppare e far funzionare algoritmi – ottengono altissimi margini di guadagno attualmente non adeguatamente tassato. Ecco allora che la definizione più giusta dovrebbe essere non “Web Tax” ma “Tassa sulle Intermediazioni Online”.

 

Key4biz. Si è detto però che anche le imprese Italiane saranno danneggiate, non solo gli Over The Top, cosa c’è di vero?

Davide Rossi. Nulla. Lo escludo categoricamente.

 

Key4biz. Perché?

Davide Rossi. Per essere soggette a tassazione, secondo questa norma, le imprese dovranno avere un limite dimensionale molto alto, almeno 750 milioni di euro e avere ricavi di almeno 5 milioni e mezzo di fatturato derivante dalle attività di cui parliamo.

Key4biz. E al di sotto di queste soglie?

Davide Rossi. Sotto queste soglie la tassa non si applica. Piuttosto, qualcuno sa indicarmi una impresa italiana che realizza questi numeri e svolge attività di intermediazione online? Se escludiamo Facebook, Amazon, Instagram, eBay e pochi altri giganti, altro non c’è…

Key4biz. Si dice che tassando le piattaforme marketplace come Amazon si danneggiano gli artigiani e le piccole imprese che si appoggiano a queste piattaforme per trovare mercati anche all’estero. Cosa c’è di vero?

Davide Rossi. Questa è la più grande assurdità, tra le molte cose imprecise, che ho sentito. Può sostenerlo solo chi immagina che l’economia italiana sia fatta di misere botteghe dove uomini, donne – e magari bambini – intagliano statuette in legno o modellano vasellame in creta che poi cercano di vendere a ricchi stranieri che inteneriti da questi primitivi manufatti li possono ordinare on-line dalle loro comode magioni di Boston o di Francoforte.

Key4biz. E invece?

Davide Rossi. Per fortuna le nostre imprese, anche le più piccole, non sono assolutamente e la ragione per la quale vengono apprezzate non è la pietà, ma lo straordinario valore qualitativo che sanno esprimere. Al di là di questo, francamente non capisco perché qualcuno dice che le imprese che producono e vendono beni avrebbero un danno dalla norma? Se l’acquisto viene fatto dall’estero il fatturato di quelle transazioni non si calcola ai fini della tassazione italiana. E comunque in ogni caso pagherebbe la piattaforma, non il cosiddetto merchant. Ricordo infine che i margini di guadagno netto delle piattaforme applicati alle transazioni arrivano anche al 20 per cento, quindi una imposizione del 3% potrebbe assolutamente essere assorbita dalle piattaforme senza alcuna ricaduta sui propri business partners.

Key4biz. A sentire le sue ragioni, questa normativa è perfetta. È davvero sicuro che sia così?

Davide Rossi. Vedo, e questo mi sembra l’aspetto più rilevante, la volontà politica di iniziare a porre rimedio alle asimmetrie normative che in questi anni sono state a tutto vantaggio di imprese che hanno considerato l’Italia non come un Paese dove investire seriamente, ma solo come un mercato da sfruttare senza dare nulla in cambio né in termini occupazionali né a livello di creazione di ricchezza o infrastrutture.

Key4biz. Quindi problema risolto o quasi?

Davide Rossi. La perfezione non è di questa terra, ma certo questa è la migliore proposta di tassazione delle transazioni web che ho visto in giro in questi anni.

Key4biz. E sarà ulteriormente migliorabile?

Davide Rossi. Ritengo proprio di sì. Sarà comunque importante che – in questi quattro mesi che ci attendono per l’affinamento della legge – siano ascoltate attentamente le voci delle imprese (esclusi gli starnazzi di chi per superficialità o per calcolo sta assumendo posizioni di contrarietà pregiudiziale) in modo da evitare ogni e qualsiasi effetto collaterale non voluto.

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