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L’economia dell’idrogeno farà risparmiare all’UE 2 trilioni di euro, ma sarà verde o blu?

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Cresce la domanda di idrogeno in Europa

Raggiungere la neutralità climatica continentale e ridurre quindi a zero le emissioni di CO2 sono due degli obiettivi primari dell’Unione europea per la metà del secolo. Se la meta è nobile, però, arduo è il cammino e Bruxelles sa bene che un traguardo così ambizioso necessità di un mix di fonti energetiche diversificato e il più possibile sostenibili a livello ambientale, tra cui c’è da considerare l’idrogeno.

Secondo un Rapporto Deloitte, entro il 2050 la domanda di idrogeno in Europa potrebbe essere di oltre 100 milioni di tonnellate. Circa 50 milioni di tonnellate dovrebbero essere impiegate nel settore dei trasporti, altre 45 milioni circa in quello dell’industria pesante.

Rimane il problema di quale tipo di idrogeno troverà subito impiego. Le grandi società energetiche puntano dritto sull’idrogeno blu, ottenuto però a partire da combustibili fossili, la Commissione europea, invece, guarda all’idrogeno verde, prodotto da fonti energetiche rinnovabili.

La distanza tra le due posizioni è tutta nel nuovo RapportoHydrogen4EU”, condotto da un partenariato di ricerca e sviluppo a livello multidisciplinare, finanziato dai giganti dell’industria petrolifera e del gas, come BP, la nostra ENI, ExxonMobil, Shell, la nostra Snam, Total, Gassco e molte altre.

Idrogeno blu per partire

Secondo lo studio, entro la metà del secolo l’economia e l’industria dell’Unione europea avranno bisogno di almeno 100 milioni di tonnellate di idrogeno, come detto, ma vista la scarsità di quello verde, sarà vantaggioso impiegare quello blu.

L’idrogeno blu si ottiene a partire dai combustibili fossili, come il gas naturale ad esempio, ma generalmente si affianca l’utilizzo permanente di un sistema di cattura e stoccaggio della CO2 emessa proprio durante la sua produzione.

Stando a quanto affermato dai ricercatori, tale economia “blu” potrebbe garantire all’Europa un risparmio di circa 2 trilioni di dollari nel processo di decarbonizzazione in corso, ma anche nella costruzione di una catena del valore dell’idrogeno, un giorno magari più verde.

Come dire, oggi produrre idrogeno blu non è molto costoso, quindi va usato il più possibile.

Anche il suo trasporto potrebbe essere facilitato dalle preesistenti infrastrutture del gas naturale, gli investimenti necessari per una parziale riconversione non dovrebbero superare il 20% dei costi sostenuti per realizzare i vecchi gasdotti.

Idrogeno verde per correre verso gli obiettivi di neutralità climatica

Una tesi che i sostenitori dell’energia pulita però contestano. Estrarre idrogeno a partire dal gas naturale significa sostenere ancora l’industria dei combustili fossili, sottraendo così sussidi per quella delle rinnovabili e per la transizione ecologica nel suo insieme.

Ad esempio, se è vero che entro il 2050 l’Europa avrà bisogno di una capacità degli impianti fotovoltaici pari a 1.000 – 1.700 GW, a cui aggiungere una capacità dell’eolico non inferiore al range stimato di 860-1.500 GW, è chiaro che serviranno molti più investimenti di quelli attuali.

Oggi non superiamo una capacità di 120 GW nel fotovoltaico e di 170 GW nell’eolico, che non riuscirebbero a soddisfare che il 10% della domanda di idrogeno verde attesa per il 2050.

La Commissione europea crede nell’idrogeno pulito e lo ha inserito nella sua strategia per la neutralità climatica, ottenuto grazie al 100% di energia da fonti rinnovabili, concedendo però che per la partenza di questa nuova economia l’idrogeno blu possa essere utile, ma solo come “lanciatore” di un nuovo razzo per l’economia e l’industria europee, che non può che essere green.

Entro il 2030, intanto, avremo modo di comprendere se la volontà dell’Unione di accelerare la decarbonizzazione sarà reale o meno, visto dovrebbe realizzare altri 40 GW di elettrolizzatori in grado di produrre 10 tonnellate di idrogeno verde in più rispetto ad oggi.

Tassare di più la CO2

Gli stessi colossi dell’energia elettrica hanno invitato la Commissione europea ad imporre una tariffa più alta sul carbonio d’importazione, cercando così di evitare che si importi più idrogeno dall’estero, soprattutto Russia e Iran.

Una ricerca dell’ICIS ha stimato che entro il 2030 il mercato che regola lo scambio di emissioni di carbonio potrebbe raggiungere un prezzo massimo di 90 euro per tonnellata, quasi il doppio rispetto alle quotazioni di questi ultimi mesi (tra 50 e 60 euro per tonnellata).

Un’impennata dei prezzi in parte frutto delle politiche che mirano a rafforzare gli obiettivi di neutralità climatica europei, in parte dovuta all’estrema variabilità del prezzo del gas naturale, che sale sempre di più.

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