Non ha avuto paura, questa Autrice alle prese con la sua opera prima, di affrontare uno dei temi forse più ampi, problematici, scivolosi e spigolosi oggi sul tappeto. Quello dello straordinario e rapidissimo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale e del nostro rapporto con essa, nel mondo del lavoro e non solo.
Piuttosto, il suo libro – “Nemmeno gli struzzi lo fanno più. Vivere bene con l’Intelligenza Artificiale”, uscito per Licosia con la prefazione di Francesco Rotondi – attraversa questo campo minato con leggerezza, con la quale invita il lettore, utilizzando un linguaggio chiaro e volutamente semplice, a riflettere sì, ma anche ad accettare “di buon grado” la convivenza con questa tecnologia, di fatto già presente nelle nostre vite. Nelle vite di tutti. Pur avendo una sua posizione ben precisa ed ottimistica nel dibattito in corso tra i fautori del Bene (semplificazione, aiuto alla ricerca, alla persona, alle organizzazioni, alla comunità, progresso) e quelli del Male (sopraffazione dell’Umano, alienazione, solitudine) dell’AI, prova però semplicemente a somministrare un antidoto alla paura che prende molti di fronte alle sue attuali applicazioni, con una pozione composta da tre elementi: curiosità, cambiamento, comunità.
Dalla sua esperienza lavorativa nelle Risorse Umane e da quella della sua vita fin qui, della quale tasselli e ricordi e appigli affiorano tra le righe e si fanno riconoscere, punta e propone di puntare sulla ancora (per ora forse) tutta umana intelligenza emotiva. E collettiva: creare e far crescere communities di valore nella direzione, anche, di un welfare che sappia sfruttare la tecnologia più avanzata per il bene per tutti. Una visione un po’ semplicistica? Forse, ma il pregio di questo libro, 326 pagine che si leggono piacevolmente, è soprattutto nella sua mobilità tra diversi piani e livelli. Da un lato entra nel cuore del problema, parla di conoscenza e cultura digitale, della necessità e urgenza di acquisire un più che adeguato digital mindset, dimostrando competenza, rivelando letture – che pure ci regala – e scientifiche ispirazioni (anche se si ha il sospetto che siano le persone e i suoi incontri, soprattutto, ad ispirare l’Autrice).
E su questo versante non elude certo le grandi problematiche, come quella legata ai dati su cui si fonda l’economia della società digitale e della loro governance.
Dall’altro prova a stimolare la nostra curiosità, si pone come un’agile guida, elenca nomi e descrizioni di app che (già) ci rendono, o potrebbero renderci, la vita più facile grazie proprio alle declinazioni più immediatamente pratiche dell’AI, invita a dotarci tutti – nessuno escluso – di specifici tools tecnologici, di un corretto glossario, e a coltivare altrettanto specifiche agilities che ci facciano muovere con agio, appunto, in questa realtà.
Con focus sul lavoro: da HR Manager, l’Autrice piega il suo privilegiato osservatorio alle esigenze di questo mondo nuovo e dispensa, con un pizzico di ironia qua e là, consigli e suggerimenti per le competenze – e perché no gli ‘stratagemmi’ – più utili a chi oggi cerca lavoro, lo vuole cambiare, o non vuole perderlo.
Ying e Yang
La barra, ci sembra, che guida l’Autrice nella sua navigazione, è quella di una visione che superi l’assunto di decretare per forza alla fine del percorso, quando sarà, un vincitore e un vinto tra Uomo e Tecnologia. E anche che vada oltre la contrapposizione online-offline, passato e futuro, cosa è meglio, cosa è peggio. In una accettazione, invece, qui ed ora, quanto più consapevole e attiva però, di un futuro “futurogico” ibrido, che si reggerà, dovrà reggersi, su entrambe le intelligenze, artificiale ed emotiva.
La seconda al momento un passo indietro, ma da sviluppare e coltivare nuovamente invece. Se, come è confermato dalla ricerca scientifica, il digitale sta modificando geneticamente il nostro cervello, a livello delle stesse connessioni neuronali, ecco che la tecnologia può apparirci meno come qualcosa di esterno, ma piuttosto già parte di noi (al di là degli esperimenti più avanzati di veri e propri collegamenti tra uomo e macchina o parti di essa). Due forze, intelligenza artificiale e intelligenza emotiva, capaci di sostenersi a vicenda.
Il cambiamento del singolo
Il titolo. Quando qualcuno finge di non accorgersi di una situazione sgradevole o ignora un problema sperando si risolva da solo, si dice che fa come lo struzzo quando mette la testa sotto la sabbia, animale pauroso, che spera così di evitare il pericolo. Povero struzzo frainteso… In realtà questo uccello appoggia il corpo a terra chinando il lungo collo, sia per nutrirsi, sia per camuffarsi e trarre così in inganno il predatore. Ecco, nella realtà gli struzzi cambiano, adottano consapevolmente l’atteggiamento necessario alla situazione, non fanno finta di niente. Perché dovremmo farlo noi? Semmai, sembra anche dirci l’Autrice, non imitiamo gli struzzi per un altro motivo: sono uccelli che non volano. Lasciamo invece la nostra curiosità libera di farlo.
Intorno al libro
Il libro di Tatiana Coviello è in tour. A Roma torna Giovedì 20 febbraio alle 18,30, nell’incontro organizzato da FERPI Lazio a BINARIO F (c/o Hub di LVenture Group e LUISS EnLabs). Oltre all’sutrice, saranno presenti Bruno Mastroianni, filosofo, Simonetta Pattuglia, professore di Marketing, Comunicazione e Media, Facoltà di Economia, Università di Roma Tor Vergata, Antonio Scala, presidente BDHS Big Data in Health Society e primo ricercatore al CNR. Modera l’incontro il consigliere regionale Ferpi Mauro Covino. La partecipazione è possibile solo tramite iscrizione all’evento: https://it.surveymonkey.com/r/YFLZJSC