È iniziata la “lunga camminata nel deserto” di TIM, senza alcuna certezza di trovare qualche oasi dove potersi abbeverare e ripararsi dal sole cocente e forse senza avere più la possibilità di tornare indietro.
FiberCop è infatti un’avventura piena di incognite e nessuno sa oggi quando e quale sarà il risultato finale per TIM e per chi deciderà di investire in questo nuovo veicolo.
In passato, la vecchia Telecom Italia aveva provato per ben due volte la strada della separazione volontaria.
In tutti e due i casi ha però dovuto interrompere il percorso, proprio per gli esiti regolamentari estremamente negativi che avrebbero aggravato i suoi risultati economici.
Nessun regolatore può promettere il risultato a priori, nonostante i titoli fuori mira di molta della stampa italiana di questa mattina.
E forme di separazione volontaria dell’incumbent non possono dare alcun vantaggio regolamentare (che è la speranza recondita di TIM), come ben sanno altri incumbents europei.
Anzi la regolamentazione dovrebbe essere inasprita proprio per garantire la concorrenza.
AGCOM dovrà rifare nel corso del 2021 tutte le analisi di mercato alla luce delle restrizioni nel nuovo assetto competitivo del mercato che si viene a creare e una volta rifatte le dovrà inviare a Bruxelles per la sua valutazione.
Il processo dovrebbe durare nel suo complesso almeno un anno, se tutto va bene.
Qual è il cuore della questione?
Il cuore della questione è essenzialmente economico. E vediamo perché.
Tutto ruota intorno ai prezzi cui sarà obbligata FiberCop dalle autorità regolatorie a valle di questa analisi di mercato.
Sarà infatti AGCOM insieme alla Commissione Europea a imporre i prezzi applicati da FiberCop e quindi a stabilirne il suo valore.
È chiaro che saranno necessari nuovi remedies molto più stringenti rispetto a quelli attuali visto che TIM rafforza la sua posizione di dominanza, facendo crescere i rischi per la concorrenza nel mercato italiano, che ne uscirebbe mortificata con grave danno per i consumatori.
AGCOM e Commissione Europea dovrebbero, secondo logica, e visti anche i rischi del percorso di ri-monopolizzazione a cui è legata l’operazione FiberCop, imporre sin da subito prezzi orientati ai costi di un operatore efficiente abbandonando così la metodologia più favorevole oggi applicata di long running incremental costs che ha permesso a TIM di tenere prezzi più alti. Secondo alcuni esperti di contabilità regolatoria con il cambio di metodologia il taglio delle tariffe dovrebbe essere circa il 40% rispetto ai prezzi praticati oggi da TIM per gli stessi servizi.
E questo sarà cruciale per stabilire il vero valore di FiberCop (l’enterprise value) che dovrebbe pertanto essere molto inferiore a quello stimato e letto sino ad oggi sui giornali.
Staremo a vedere, ma ci aspettiamo questa volta una analisi rigorosa e severa da parte delle autorità di regolazione italiana ed europea.
Se ciò non avvenisse, il nostro Paese rischierebbe di fare nuovi passi indietro, regalando rendite di monopolio all’ex-incumbent che non avrà più incentivi ad investire sullo sviluppo della rete.
E non sarebbe neanche una buona partenza per la nuova AGCOM appena insediata e neanche per i consumatori italiani.
Vedremo ciò che accadrà nei lunghi mesi che abbiamo davanti.