Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui..
Il rituale è ormai universale e guida tutti, o quasi tutti, i nostri acquisti. Una ricerca su Google, una rapida occhiata alla valutazione degli utenti (“Quante stelle ha?”), qualche recensione scorsa distrattamente: magari le più estreme, in positivo o in negativo.
È un gesto semplice, quasi automatico, fatto al PC o con uno swipe sullo smartphone, che precede ogni acquisto o prenotazione. Con pochi clic, leggiamo giudizi su un hotel dall’altra parte del pianeta, scopriamo se vale la pena comprare quel gadget tanto desiderato o scegliamo il ristorante perfetto per una serata speciale.
Eppure è un sistema vulnerabile. E dire che lo sappiamo, che ciò che si cela dietro quelle stelle e quei commenti non è sempre limpido: si sentono quotidianamente storie di recensioni comprate, oppure di concorrenti che cercano di screditare il successo altrui con giudizi falsi.
Di certo ancora più di qualche tempo oggi le recensioni online, nate per democratizzare il giudizio su prodotti e servizi, si sono trasformate in un campo di battaglia, dove si scontrano la volontà di aiutare gli altri utenti (o esprimere la propria soddisfazione e insoddisfazione) e manipolazione, con un giro di miliardi tutt’altro che trascurabile.
Recensioni: un rituale quotidiano che vale miliardi
Le recensioni online non sono più semplici opinioni: sono il fondamento su cui si costruisce la reputazione di aziende, prodotti e servizi. Il 77% dei consumatori a livello globale dichiara di leggere le recensioni prima di effettuare un acquisto, in una sorte di controllo qualità collettivo e condiviso. Eppure, secondo il recente report The State of Fake Online Review di BusinessDit, un terzo delle recensioni è falso.
E dietro ogni commento fasullo c’è un intento specifico: aumentare artificialmente le vendite, screditare un concorrente o manipolare l’algoritmo di una piattaforma. Il fenomeno, noto come astroturfing, genera un mercato parallelo che vale oltre 152 miliardi di dollari.
Il termine «astroturfing», ispirato al marchio di erba sintetica “AstroTurf”, indica la creazione di un sostegno artificiale nato per sembrare spontaneo ma che poi non lo è affatto: aziende e intermediari assumono recensori – spesso anonimi – per scrivere commenti positivi su un prodotto o negativi su quelli della concorrenza.
Un caso emblematico è quello di Realreviews.it, un sito italiano che incentivava gli utenti a scrivere recensioni false in cambio di premi e rimborsi. Il Tribunale di Milano ha ordinato la chiusura del sito nel 2024, riconoscendo che le sue attività violavano le regole della concorrenza leale; ma per ogni sito chiuso, ne nascono molti altri, alimentando un ciclo senza fine.
Un problema globale con un impatto locale
Va detto che il fenomeno delle recensioni false non è limitato a specifici settori o regioni, ma è un problema globale che tocca ogni angolo del mercato digitale: dalle grandi piattaforme come Amazon e Tripadvisor ai siti di e-commerce locali, nessuno è immune, a prescindere dalle contromisure che può prendere. In Italia manca una normativa specifica contro l’astroturfing, e quindi anche i siti più truffaldini prosperano nello spazio dell’interpretazione della legge: le recensioni false possono essere sanzionate come pratica commerciale scorretta o concorrenza sleale, ma l’applicazione della normativa è spesso complessa e costosa.
Così, i grandi siti cercando di porre rimedio. Nel 2022 Amazon ha dichiarato di aver bloccato oltre 200 milioni di recensioni sospette, mentre Google ha rimosso 115 milioni di commenti fraudolenti. Il problema è che il controllo è algoritmico, essendo impensabile delegarlo a esseri umani: gli strumenti non sono infallibili, e se da un lato, alcune manipolazioni riescono a sfuggire al radar, dall’altro, le recensioni autentiche possono essere erroneamente rimosse.
Nuove soluzioni per vecchi problemi
Nonostante le difficoltà, emergono anche soluzioni innovative per riportare autenticità nelle recensioni. Share Me, ad esempio, è una startup che offre un menu digitale per il settore della ristorazione, e questo strumento consente ai clienti di lasciare feedback direttamente al tavolo, in tempo reale. L’approccio non solo favorisce la trasparenza, ma permette ai ristoratori di rispondere prontamente a eventuali problematiche, trasformando un potenziale commento negativo in un’opportunità di miglioramento. Inoltre Share Me integra funzionalità che incentivano le recensioni autentiche su piattaforme esterne, creando un ecosistema più equilibrato.
Poi c’è il caso di Enterpret, uno strumento che aiuta le aziende a comprendere e sfruttare il feedback dei clienti in modo strategico. Creata dai fratelli Varun e Arnav Sharma, la piattaforma raccoglie dati da fonti come chiamate di vendita, ticket di supporto, risposte ai sondaggi e recensioni online, utilizzando algoritmi avanzati per estrarre insight utili.
Enterpret permette di individuare temi ricorrenti e problemi, collegando queste informazioni ai dati di utilizzo del prodotto e alle entrate aziendali. Oggi utilizzata da aziende come Canva e Monday.com, Enterpret supporta la creazione di prodotti migliori, anticipando segnali di abbandono e suggerendo ipotesi di sviluppo, trasformando allo stesso tempo il feedback in un motore di crescita per le imprese, garantendo al contempo la conformità con normative sulla privacy come il GDPR.
Di certo, oltre alle soluzioni tecnologiche, è fondamentale investire nell’educazione digitale, perché i consumatori più consapevoli sono anche meno vulnerabili alle manipolazioni. Imparare a riconoscere i segnali di una recensione falsa – tra cui un linguaggio eccessivamente generico o un entusiasmo sospetto e, almeno all’apparenza, immotivato: facciamoci qualche domanda se leggiamo inni in lode di un contenitore in plastica per alimenti – è cruciale per navigare in modo sicuro, soprattutto per le fasce più deboli, che devono ponderare ogni acquisto per evitare contraccolpi economici (a questo proposito, una buona base di partenza è trovare una connessione efficiente ma non troppo costosa: per chi cerca le proposte di questo mese per Internet casa, questesi trovano sul comparatore di SOSTariffe.it).
La recensione come forma d’arte
In questo panorama di manipolazioni e lotte per la trasparenza, c’è chi ha trasformato le recensioni in qualcosa di completamente diverso. Come ha raccontato di recente il New Yorker,Kevin Killian, poeta e drammaturgo americano, ha scritto oltre 2.400 recensioni su Amazon, raccolte oggi nel volume Selected Amazon Reviews. Le sue non erano semplici valutazioni, ma veri e propri racconti, intrecciati con memorie autobiografiche e invenzioni surreali.
Killian ha recensito ogni tipo di prodotto, dagli omogeneizzati ai sali da bagno, usandoli come pretesti per esplorare temi universali. Le sue recensioni, spesso lunghe quanto saggi brevi, rappresentano un esempio unico di come anche uno spazio banale possa diventare un veicolo per l’arte.
Oggi, però, sarebbe quasi impossibile replicare un esperimento simile: le politiche più rigide adottate dalle piattaforme eliminerebbero probabilmente contenuti così fuori dal comune. La scure dell’algoritmo, per quanto sofisticata, non fa eccezioni per l’arte.