L’European Media Industry Outlook divulgato pochi giorni fa dalla Commissione europea fa il punto sulle peculiarità del Vecchio continente per quanto riguarda l’industria audiovisiva, intesa sia dal punto di vista dei media (cinema, televisione e servizi on demand) sia da quello dei contenuti (film, serie e altri prodotti).
L’Europa, con circa 4.000 emittenti televisive e 96.400 aziende produttrici a vario titolo di contenuti (più 19.218 attive nella post-produzione), totalizza oggi 8.700 cinema (probabilmente troppi, come vedremo) e più di 9.000 canali televisivi, oltre a quasi 3.200 servizi di video on demand. Una delle differenze più macroscopiche in questo senso con gli Stati Uniti è senz’altro l’importanza che in Europa ha il settore pubblico, un fenomeno che si avverte molto meno oltreoceano, e che in qualche modo ha tamponato parzialmente la crisi dovuta al Covid.
Anche per quanto riguarda questo campo, infatti, i numeri stanno migliorando: dopo la discesa del fatturato pari a -5,5% tra 2019 e 2020, il tasso di crescita l’anno successivo ha fatto segnare un +8%, per un totale di 91,4 miliardi di euro nel 2021. In questa ottica però permangono significative differenze tra i diversi sotto-settori: tutto bene per la tv streaming on demand (di cui su SOStariffe.it si possono trovare le offerte più interessanti), molto meno per il cinema e i supporti fisici come il DVD (quasi scomparsi), mentre la televisione rimane stazionaria.
In Europa vincono ancora i servizi USA
È l’on demand, quindi, a tirare la proverbiale carretta: nel 2017 rappresentava solo il 4% del fatturato totale del settore, cinque anni dopo era più che triplicata, al 13% (e con il Covid di mezzo). Il cinema, invece, è crollato del 70% nel 2020 e alla fine del 2021 il fatturato era ancora inferiore del 40% rispetto ai livelli precedenti alla pandemia. In quanto a ricavi, nel 2019 l’on demand ha superato il cinema, e nel 2021 i film in sala rappresentavano solo il 3% della quota nel settore audiovisivo (nel 2017 era il 7%).
A differenza del gaming – settore più giovane e caratterizzato da una forte frammentazione in Europa – l’industria audiovisiva continentale è altamente concentrata: nel 2021, le principali 20 società fatturavano il 71% del totale delle prime 100, e non solo: il 30% del fatturato di queste top 100 era riferibile a società USA. In particolare, tra i 189 milioni di abbonamenti a servizi streaming in Europa, il 71% era riferito a una delle “big three” a stelle e strisce: Netflix (36%), Amazon Prime (23%) e Disney+ (12%).
Tagliare o limare la corda?
I discorsi sul fatturato, però, dipingono solo una parte del quadro generale, che è molto più complesso. Per capirlo basta vedere quali sono le preferenze degli spettatori europei: sette su dieci continuano a guardare film o serie tv con la tv tradizionale almeno una volta al mese (per lo streaming la percentuale è del 60%). Al cinema una volta al mese ci va solo una persona su quattro. Importano però anche le tendenze, e gli orientamenti degli intervistati: la percentuale più alta tra le attività del settore che verranno praticate “molto più spesso” l’anno venturo appartiene proprio ai film o alle serie trasmesse per un servizio in streaming a pagamento (14%), mentre il 15% dichiara che diminuirà il tempo passato al cinema.
Altri due fenomeni che si fanno sentire anche in Europa sono il cosiddetto cord-cutting (quando si cancella l’abbonamento a un servizio di televisione tradizionale a pagamento, come ad esempio la tv satellitare, per passare allo streaming) e il cord-shaving (quando grazie allo streaming si passa da un servizio di televisione a pagamento a uno meno costoso): un utente su tre lo ha già fatto.
Un immaginario a stelle e strisce
Quali sono i vantaggi che attirano sempre più persone verso il mondo della tv streaming? In primo luogo, la facilità d’uso, indicata come la caratteristica più importante e seguita dalla vastità di un catalogo di alta qualità. Al terzo posto c’è la qualità del brand, visto che lo spettatore si aspetta che un prodotto pubblicato da Netflix o Disney+ non sia mai di basso livello. Il rapporto si interroga anche sui punti che possono spingere uno spettatore a sottoscrivere l’abbonamento per un nuovo servizio: in cima c’è l’ampia varietà di contenuti, film e serie, a cui si può accedere, a pari merito con un prezzo interessante; seguono la qualità dei suddetti contenuti, la frequenza con cui vengono resi disponibili nuovi prodotti, la presenza di programmi esclusivi che non si trovano altrove ma anche di contenuti da tutto il mondo, anche se il fascino per ciò che arriva dagli Stati Uniti sembra non tramontare mai: il 45% degli intervistati per il report dichiara che gli piacerebbe vedere più film e serie targati USA, praticamente la stessa percentuale di chi vorrebbe nuovi contenuti dal proprio Paese d’origine (il 44%). Solo il 28%, meno di una persona su tre, dichiara di mostrare interesse nel vedere più contenuti da altri Paesi europei.
Poca Italia nella top 100
Riguardo ai titoli più popolari in Europa nel periodo oggetto dello studio, il primo posto tra le serie è un ex aequo (e una doppietta Netflix) tra l’americano Stranger Things e lo spagnolo La casa di carta, seguiti da Squid Game. Al quarto e al quinto posto ancora Stati Uniti, con The Big Bang Theory e The Walking Dead, al sesto la britannica Peaky Blinders, ed è di nuovo una quaterna made in USA a chiudere la top ten: Bridgerton, Lucifer, The Blacklist e Grey’s Anatomy. All’undicesimo posto ancora Europa con Vikings, e produzioni europee (o “anche” europee) si trovano al tredicesimo posto (The Witcher), al ventesimo (Elite), al ventiquattresimo (il poliziesco tedesco Hubert ohne Staller), al trentatreesimo (la serie comica spagnola La que se avecina). Per trovare il primo prodotto (e unico) prodotto italiano tra le migliori cento bisogna arrivare fino a LOL, di Amazon Prime, al cinquantaquattresimo posto. Non va meglio, anzi, per i film, dominati dalla triade americana Don’t Look Up, Encanto e Red Notice (ma va molto bene il Regno Unito grazie alla saga di Harry Potter): il primo italiano qui è Gomorra, al settantanovesimo posto, e nella top 10 delle produzioni europee c’è anche (al centoquarantovesimo) Come un gatto in tangenziale – Ritorno a Coccia di Morto.