CER, parte integrante della transizione energetica nazionale
La transizione energetica italiana è appena partita e il suo punto forte è e deve essere nelle fonti energetiche rinnovabili. Sole, vento e forza dell’acqua rappresentano un patrimonio di risorse energetiche pulite e rinnocvabili che non dobbiamo e possiamo disperdere, ma che al contrario siamo chiamati a valorizzare, massimizzando rese ed efficienza. L’evento “Le nuove Comunità Energetiche Rinnovabili. Il paradigma dell’indipendenza tra transizione verde e PNRR”, organizzato da Energia Italia News a Roma, ha affrontato il tema delle comunità energetiche come paradigma centrale nella transizione energetica nazionale, soprattutto per l’impiego crescente di tecnologie pulite e per favorire il rafforzamento dell’autonomia energetica.
L’incontro, moderato da Raffaele Barberio, Direttore Responsabile di Energia Italia News, ha dato quindi la possibilità ad imprese, professori universitari, ricercatori, esperti, rappresentanti del mondo dell’associazionismo e della politica, di confrontarsi sugli obiettivi di decarbonizzazione e neutralità climatica, su come realizzare concretamente le CER, su quale rapporto instaurare con enti locali, amministrazione pubblica e cittadini, di come lavorare ad un percorso legislativo che sia il più rapido possibile, su come semplificare burocrazia e iter autorizzativi.
L’intervento di apertura è stato di Marco Merlo, Professore al Politecnico di Milano – EnSiel, che ha ricordato un po’ la genesi delle comunità energetiche rinnovabili, i provvedimenti iniziali e la loro evoluzione normativa, fino agli attuali perimetri teorici, tecnologici e ambientali: “Le comunità energetiche sono considerate centrali per raggiungere molti degli obiettivi di decarbonizzazione che ci siamo posti da qui alla metà del secolo. Ma dobbiamo affrontare diversi punti di riflessione, tra cui gli obiettivi e i traguardi intermedi, le ipotesi di sviluppo e le stesse modalità con cui dovremo portare avanti i diversi progetti. L’origine delle comunità energetiche è nel famoso pacchetto 20-20-20 che tutti abbiamo imparato a conoscere e in cui si indicava la via per ridurre le emissioni di gas serra del 20%, alzare al 20% la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili e portare al 20% il risparmio energetico. Il quadro attuale di riferimento per le comunità energetiche rinnovabili parte dalle direttive europee RED II e EMD II, originate dal precedente pacchetto 20-20-20 e dal Clean energy package. Recentemente l’Europa si è dotata di ulteriori strategie, come il Green Deal, il Fit for 55 e il programma REPowerEU. Tutti perimetri normativi all’interno dei quali vanno costruite le comunità energetiche rinnovabili, valutando tutta una serie di punti critici su cui ci sarà da riflettere, perché non sempre sono senza impatto sull’ambiente in cui vengono ad essere realizzate e per questo motivo è fondamentale vincolarne anche ad un determinato perimetro geografico”.
“La loro ideazione richiede alcune attenzioni – ha aggiunto Merlo – a partire dallo storico delle bollette per una progettazione energetica approfondita e scrupolosa, onde evitare rischi commerciali per i consumatori finali e i responsabili della stessa comunità. Non si possono valutare le esigenze di una comunità energetica partendo dall’oggi, ma solo dal suo storico. Ogni progetto si evolve nel tempo ed è possibile che emergano ulteriori esigenze, a cui bisogna dare delle risposte e che vanno considerate come opzioni possibili nella progettazione iniziale. È indispensabile avere una piattaforma che consenta di fare scelte strategiche oggi e monitorarle nel tempo. Mai limitare l’iniziativa con tempistiche sbagliate. La progettazione è quindi il primo passo per costruire una comunità efficiente e produttiva, anche in chiave sociale. Queste comunità hanno un elevato ruolo sociale ed è per questo che è utile sostenere in fase di avvio soprattutto quelle che mostrano maggiori difficoltà. Anche perché, se vogliamo raggiungere gli ambiziosi target fissati al 2050 è indispensabile sfruttare tutte le opzioni a nostra disposizione. Dove l’esigenza è maggiore? Come la individuo? Lavoriamo su mappe georeferenziate assieme all’Enea per capire qual è il fabbisogno di un territorio, portando avanti analisi delle aree interne, del reddito di ogni ente locale, processando le informazioni si identificano i Comuni e/o i quartieri a maggior rischio di povertà energetica. Un processo d’analisi approfondito che potrebbe essere anche utile per stabilire dove indirizzare gli incentivi. Le comunità sono un primo passo per far capire ed educare tutti su come bisogna generare energia e utilizzarla, per rendere tutti co-partecipi e responsabili del processo”.
Comunità energetiche rinnovabili, scommessa obbligata per l’Italia
“Enel Green Power partecipa alla nascita di una comunità energetica rinnovabile in diversi modi, ad esempio, mettendo a disposizione gli impianti rinnovabili, abbracciando un’intera proposta commerciale, individuando i clienti, costituendo la comunità associata all’impianto in questione e gestendola per 20 anni. In questo senso, Enel ha un ruolo fondamentale nella nascita delle CER”, ha spiegato Sebastiano Ambrogio, Head of Renewable Energy Communities Business Unit di Enel Green Power, nel suo intervento dal titolo “Le Comunità Energetiche Rinnovabili: una scommessa obbligata per il sistema Paese”.
“Se guardiamo lo storico di installazione del fotovoltaico, negli ultimi 15 anni, c’è stato un picco nel 2011 di installazione di impianti di piccolissima taglia, ma polverizzati sul territorio. La Comunità energetica è frutto di interventi normativi in corso e poi c’è la fase più o meno lunga di implementazione, che non è affatto banale, e i player hanno e avranno sempre più un ruolo chiave. Riteniamo che lavorare con imprenditori, piccole imprese, sviluppatori, costruttori ed altre realtà sul territorio è centrale per il futuro delle CER. La collaborazione di Enel con tutti questi soggetti è inscritta in un percorso virtuoso. Stiamo sviluppando su questa strada numerose comunità energetiche in attesa che si definiscono tutti gli aspetti legislativi e si snelliscano quelli burocratici. Le CER – ha proseguito Ambrogio – comportano costi aggiuntivi per l’identificazione e la gestione dell’insieme dei clienti, i membri della comunità. Per questo esiste un incentivo, perché i rendimenti sono disottimizzati.
I passi chiave sono diversi: il decreto in lettura a Bruxelles, il ruolo fondamentale del GSE, il ruolo chiave dell’Arera con il TIAD il Testo integrato per l’autoconsumo diffuso, con un percorso che coinvolte tutti, compresa l’imprenditoriale locale, con ricadute economiche, ambientali e sociali molto ampie”.
Come realizzare le CER
Nel primo panel, dal titolo “Energia, città e territori” si è affrontato il tema del “come” realizzare le CER, a partire dalle caratteristiche ambientali e geografiche, ma anche dalle potenzialità che queste offrono in termini di scelte tecnologiche e di perseguimento dell’obiettivo, ma sempre considerando le criticità che si frappongono tra il progetto e la sua realizzazione, come ad esempio i nodi amministrativi, burocratici e autorizzativi.
Secondo Marco Bussone, Presidente dell’UNCEM, l’Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani, oggi è ampio l’interesse che si è andato costruendo attorno alle CER, “da parte di tutti gli enti locali, di ogni dimensione, di tecnici e professionisti, di grandi e piccoli player dell’energia, ma ci sono diverse difficoltà da affrontare e fare ordine diventa un passaggio necessario. Sulle Comunità energetiche aspettiamo comunque i documenti attuativi e le dimensioni delle misure di finanziamento e
di supporto. Perchè bisogna spiegare bene ai Comuni cosa sono le CER, che non c’è solo il fotovoltaico, soprattutto per le realtà montane, ci sono altre FER su cui lavorare, per comporre un quadro ampio di opportunità. Se tutti iniziassero a dotarsi di pannelli di 4-5 KW faremmo già qualcosa di buono per le CER nascenti ad esempio in aree montuose. Sulle Comunità energetiche termiche servono dei passaggi in più. Aspettiamo tutti che l’Europa dia il via libera al decreto e conseguentemente al bando, ma c’è da capire il ruolo finale dell’ente pubblico, che non gravi troppo sull’organizzazione complessiva della CER e sul lavoro da fare. Quando facciamo riferimento a questioni che riguardano le comunità non è solo una questione tecnologica, ma culturale, sociale, affinché tutti possano essere protagonisti. Non è solo un tema di KW prodotti, ma di come partecipare. Ci sono anche le concessioni idroelettriche che chiamano ad un protagonismo dei territori, attraverso cui crescere e accompagnare le CER in questa transizione energetica, tecnologica e sociale”.
“Vogliamo capire quali saranno le regole delle CER e il ruolo delle amministrazioni locali. I Comuni sono spesso additati come soggetto attuatore di alcune politiche. L’Anci, Associazione nazionale comuni italiani, ha sempre rimarcato l’opportunità di sviluppare un modello energetico più distribuito sul territorio”, ha dichiarato Giada Maio, Responsabile, Ufficio Energia, Qualità dell’aria, Mobilità sostenibile e Trasporto Pubblico Locale dell’ANCI.
“Il Comune però deve essere messo in grado di accompagnare un processo di questo tipo. Le risorse messe sul capitolo CER sono notevoli. È un tema che merita un riordino della materia e accompagni la transizione energetica nazionale. La questione delle procedure autorizzative è molto complessa. C’è un problema di transizione democratica e di transizione culturale, per questo l’amministrazione pubblica gioca un ruolo importante oltre quello che sceglie di fare in chiave CER. Il Comune è l’amministrazione più vicina alle persone e alle imprese, anche per capire quali sono le risorse più appropriate da impiegare sul territorio, ma deve avere gli strumenti giusti. L’amministrazione locale non può non avere tutti i dati sui consumi energetici di un territorio, anche in maniera semplice, ma ne ha bisogno per mappare i consumi e le potenzialità di una comunità. Prima bisogna efficientare, poi lavorare in termini di produzione, con l’obiettivo di arrivare a capire se conviene agire sull’autoconsumo, come previsto nel TIAD. Neanche il termico va sottovalutato e aspettiamo l’avviso nelle quattro regioni sisma in cui è compreso il teleriscaldamento. Altro tema sono i territori interni e montani – ha aggiunto Maio – tutto il mondo dei piccoli comuni, ben strutturati, ma con un fabbisogno variabile. Le città non vanno dimenticate e bisogna includere nelle CER anche le città metropolitane, con le tante esperienze di successo in termini di quartieri. Serve un riordino della materia, è necessario un testo unico sull’energia, la transizione energetica
va accompagnata e i comuni aiutati. Non possiamo procedere a colpi di emendamenti”.
Città “carbon neutral” e CER di prossimità
“C’è un’enorme opportunità di transizione energetica e le CER ne sono parte integrante. Con il progetto “100 Climate-neutral and smart cities by 2030” si vogliono realizzare in tutta Europa un centinaio di città a zero emissioni entro la fine del decennio. L’Italia partecipa con nove città, come la Germania, e sono Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino, selezionate dalla Commissione europea per raggiungere l’impatto climatico zero entro il 2030 e diventare hub di sperimentazione e innovazione per le altre città dell’Unione per raggiungere gli obiettivi del Green Deal entro 2050. Solo la Francia partecipa con dieci. L’obiettivo di base è comunque raggiungere la neutralità climatica entro pochi anni”, ha detto Carlo Alberto Nucci, Professore dell’Università di Bologna – EnSiel, Rappresentante Nazionale Mission EU Climate Neutral and Smart Cities.
“Le città occupano solo il 4% della superficie dell’Unione europea, ma ospitano il 75% dei cittadini europei. Inoltre, le città assorbono quasi il 75% dei fabbisogno energetici nazionali e sono responsabili di oltre il 70% delle emissioni globali di CO2. Sono per questo urgenti azioni di decarbonizzazione e maggiore sostenibilità ambientale. Tornando alle CER, la complessità che c’è è di natura prima di tutto burocratica e questo è stato uno dei grossi freni allo sviluppo delle rinnovabili. La nostra società è diventata molto complessa anche se più flessibile. Più che difficoltà di tipo tecnologico, che in realtà sono delle sfide intriganti, c’è il tema della messa a punto dei modelli di produzione di energia, di impiego di apparecchiature di nuova generazione. Altra difficoltà è attendere i decreti, le autorizzazioni, una nuova normativa cha si attende da mesi. Un’ulteriore criticità è legata alla gestione dell’energia. Se l’Unione europea vuole che il 15-20% dell’energia che si produce in una città deve venire dalle CER nessuna grande impresa dovrebbe rimanere esclusa da questa trasformazione”, ha aggiunto Nucci.
“La transizione energetica non si fa con le CERr, ma non si fa neanche senza le CER. Per risolvere i nostri problemi ambientali abbiamo bisogno di tutte le fonti rinnovabili e pulite, ma anche della rete digitale, la smart grid, che ci deve consentire di integrare le rinnovabili e anche i sistemi di accumulo, necessari per la mobilità elettrica. Prima di poter assistere ad un cambiamento radicale dovrà passare ancora molto tempo. Ciò che cambia tutto è il concetto che l’energia da oggi in poi non sarà più garantita a tutti in automatico, come avvenuto in passato. Occorrerà approfittare del momento di crisi, perché l’idea che l’energia possa essere razionata inizia ad entrare nella coscienza collettiva, soprattutto nelle generazioni più giovani. Le cosiddette ‘centrali’ elettriche sono state spostate sempre in periferia nel tempo, ma ora possono tornare “in centro”, da cui deriva il loro nome – ha precisato il Professore – perché conviene sempre produrre lì dove si consuma”.
Ritorna anche in questo panel il punto di vista di Sebastiano Ambrogio di Enel Green Power, secondo cui “Le Comunità Energetiche Rinnovabili rappresentano un abilitatore molto importante per accelerare la
transizione energetica dell’Italia e restituire valore al territorio, alle imprese e ai cittadini. Ci sono due passaggi chiave per noi nello sviluppo delle CER, uno è quello in cui le amministrazioni pubbliche e i cittadini sono interessati e in grado di sviluppare impianti rinnovabili e un altro è quello di realizzarli, in cui Enel ha un ruolo di supporto nella creazione e costituzione della comunità di clienti. Il modello di business che proponiamo cerca di accelerare lo sviluppo delle CER dove gli enti locali, i cittadini e le imprese non riescano o non vogliano possiamo intervenire noi, con un servizio completo offerto alle realtà territoriali. Enel è pronta a cogliere le ulteriori opportunità che nel medio lungo periodo saranno messe a disposizione anche grazie alla definizione dei punti cardine normativi da parte delle istituzioni”.
Edifici, infrastrutture e sostenibilità
“Il fabbricato va infrastrutturato in profondità per gestire la transizione digitale e soprattutto energetica. La questione chiave è che la transizione energetica ha bisogno del digitale, senza il quale non avremmo la possibilità di raccogliere, elaborare e gestire tutti i dati relativi alla parte energetica”, ha affermato Giuseppe Pugliese, esperto in sostenibilità finanziaria, nell’intervento dal titolo “Infrastrutture degli edifici e sostenibilità: una proposta”.
“Rete energetica e rete digitale terminano all’interno dell’edificio, dove ci sono gli utenti finali. Nelle bollette pagate si remunerano anche le infrastrutture che sono nell’edificio. Il nostro Governo nella legge del 2016 ha sancito che i proprietari sono assimilati a gestori di infrastrutture e quindi hanno il diritto e in alcuni casi il dovere per le nuove edificazioni di realizzare infrastrutture secondo le regole UE. È obbligatorio il tetto fotovoltaico, l’impianto termico ad alti rendimenti ed è obbligatorio l’impianto di fibra ottica per gestire tutti i servizi universali del condominio. Oggi 2,8 milioni di nuove case rispondono a questi requisiti. Per questo – ha aggiunto Pugliese – le professioni possono dare un grande contributo al sistema in termini di efficienza energetica, di riduzione di consumi e costi. Nel gruppo di autoconsumo/autoproduzione un’auto elettrica costa 9-10 volte meno della benzina, grazie all’uso ottimale dei dati e all’autoconsumo garantito dal tetto fotovoltaico, cosa che non accade se vado ad una colonnina pubblica, con il vantaggio economico che scende a meno della metà rispetto ai tradizionali carburanti fossili”.
Sul tema infrastrutture, edifici e sostenibilità è intervenuto anche Giovanni De Maggis, Presidente dell’Ordine dei periti industriali, secondo cui: “Il sistema di comunicazione non è solo internet, ma si costituisce anche di molti altri sistemi di rete. Abbiamo avuto da parte di Arera l’avvio di una sperimentazione, che si concluderà a giugno forse, dove i verticali sono addirittura pagati là dove esistono i vecchi contatori. L’Autorità ha dato diverse indicazioni ai gestori e la possibilità di fare i montanti elettrici nella stessa canalizzazione dove saranno realizzati anche i sistemi di comunicazione come previsto dalla legge”.
Energia, imprese e consumatori
“In Italia abbiano 11 GW di potenzia eolica installata a andrà raddoppiata entro il 2030 per gli obiettivi stabiliti dal nostro Governo e recepiti dall’UE. L’eolico ha raggiunto un’elevata maturità tecnologica e un costo molto competitivo. Non è un discorso di competizione tra fonti, dobbiamo sfruttarle tutte per raggiungere gli obiettivi green prefissati. L’Italia è un Paese ricco di fonti rinnovabili, che possono essere alimentate senza impattare sul nostro grande patrimonio naturalistico e paesaggistico”, ha affermato Davide Astiaso Garcia, Segretario Generale ANEV e Professore alla Sapienza Università di Roma, aprendo il panel “Energia, imprese e consumatori”.
“Nel caso di taglie sotto il MW, gli investitori se devono scegliere ad oggi scelgono il fotovoltaico, in termini economici e amministrativi è vantaggioso. L’eolico è una tecnologia meno prevedibile, perché il vento è irregolare e c’è bisogno di molti dati su cui lavorare per trovare le aree giuste. Dove la ventilazione è maggiore l’eolico è anche più vantaggioso del solare. Ci sono anche piccoli impianti sotto i 20 MW, con piccoli interventi e facili installazioni, anche in aree più urbanizzate. A Gubbio hanno installato una pala che produce il fabbisogno energetico di 1000 famiglie in un anno. I parchi eolici sono in diffusione, soprattutto quelli galleggianti, anche in Italia – ha aggiunto il Professore della Sapienza di Roma – ma con regole diverse rispetto al resto d’Europa. L’offshore è una tecnologia più costosa attualmente, ma che renderà di più nel tempo. Da noi arriveranno i primi impianti eolici offshore nel 2028, anche se a Taranto c’è n’è già uno vicino al porto”.
“Oggi parliamo di comunità energetiche dove il concetto fondamentale è la comunità, cioè i comuni. Nella normativa transitoria 2019 sono stati stabiliti i criteri che connotano una CER e sono due: la collettività come valore sociale ed anche energetico. In questo modo si partecipa democraticamente alla generazione di energia. Le nostre imprese guardano alle esigenze dei cittadini e delle comunità, che sono un fenomeno in rapida crescita. I distributori di energia elettrica associati a Utilitalia – con il supporto della Federazione – hanno realizzato nei tempi previsti dalla regolazione la mappatura del territorio di competenza, strumentale alla costituzione delle Comunità ai fini della possibilità di acquisire gli incentivi. La vera difficoltà è trovare una risposta che si adatti bene alle varie realtà locali e che veda soggetti promotori differenti. Ci sono imprese territoriali, di produzione, di vendita, di servizi energetici, che possono affiancare gli enti locali, che spesso sono soci azionisti. Vogliamo coinvolgerli perché possono rispondere in maniera efficace alle difficoltà crescenti di pagare le bollette degli ultimi anni. Ci stiamo relazionando con l’Anci per trovare soluzioni efficaci alle difficoltà energetiche che molti comuni stanno manifestando, dal punto di vista normativo e autorizzativo. Attendiamo il decreto legge PNRR dove ci sono norme indirizzate ai Comuni per l’utilizzo di aree per finalità CER. I modelli di partecipazione delle imprese possono essere diversi, il principale ostacolo è l’investimento. Si pone sempre il dilemma di chi investe a beneficio della comunità. Le nostre imprese possono partecipare come soggetti realizzatori e gestori delle CER, anche proponenti volendo, con ruolo tecnico e di gestione”, ha dichiarato Mattia Sica, Direttore Settore Energia di Utilitalia.
“Se l’Italia riuscisse a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità e decarbonizzazione guidata dalle grandi aziende nazionali e regionali sarebbe un grande risultato – ha poi detto Sergio Veroli, Presidente, Consumers’ Forum – il Paese effettuerebbe così la sua transizione ecologica, ma se vogliamo parlare di CER che possono raggiungere il 20% di questi obiettivi allora c’è bisogno di un cambiamento, di una vera e propria rivoluzione culturale. Le rivoluzioni non si fanno dal basso, si guidano dall’alto. Manca oggi una regia che accompagni il cambiamento e i cittadini non sono in grado di diventare protagonisti per costruire queste comunità, sia per mancanza di competenze, sia di cultura e consapevolezza. C’è poi il problema del digital divide che esiste sui territori. Per far diventare protagonisti i cittadini serve più informazione, quindi una vera e propria campagna di informazione per i cittadini e i piccoli comuni. Serve anche un elevato livello di formazione per far diventare i cittadini protagonisti, perchè solo così possono dialogare con le imprese e le istituzioni. A ragione di questo si potrebbero semplificare anche i contratti e la burocrazia. Non può non esistere un punto di informazione e di assistenza nei Comuni. Il cittadino oggi è sempre meno assistito per risolvere i suoi problemi”.
CER al centro del cambiamento del sistema Paese
Le conclusioni sono state affidate ad Antonio Salvatore Trevisi, Segretario della 8ª Commissione permanente (Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica) al Senato: “Le CER hanno avuto un percorso normativo complicato, reso ancora più critico dai diversi cambi di Governo degli ultimi anni, cosa questa che come spesso capita ha creato più problemi e fraintendimenti che opportunità. Un esempio è la scelta di destinare i 2,2 miliardi di euro ai comuni sotto i 5000 abitanti, che sarebbe da cambiare, destinandoli almeno a quelli sotto i 50.000. Spesso i piccoli comuni non hanno neanche la capacità e le competenze per spenderli. Così si favoriscono solo alcune regioni a discapito di altre che hanno una distribuzione demografica diversa”.
“Sono convinto che queste comunità possano rappresentare un tassello rilevante nel processo di cambiamento. La legge consente una pianificazione locale di approvvigionamento energetico per diverse tipologie di consumo. Le CER le vedo forti in termini di pianificazione locale ed uso efficiente dell’energia sul territorio. Le aziende saranno protagoniste, i cittadini meno. Per questo bisogna intervenire. Spendiamo 50 miliardi di euro in energia fossile acquistandola all’estero – ha aggiunto trevisi – quando un pannello energetico lo compriamo ugualmente all’estero, ma poi ti garantirà un ritorno economico pari a 20 volte la spesa iniziale. Male si sta facendo a bloccare il superbonus, perché potrebbe dare un aiuto concreto al Paese, facendo ripartire l’economia. Serviva una misura meno esagerata per dare una spinta alle case green, magari puntando su pompe di calore, fotovoltaico, cappotto energetico. Un ecobonus quindi che consenta di avere un equilibrio di bilancio, ma che permetta anche di intervenire tra le fasce di reddito più basse. Un’altra misura utile potrebbe essere quello che chiamo il reddito energetico, una società tra stato, cittadini e imprese. Una legge a costo zero, perché tutta l’energia che le famiglie non consumano se la vende lo Stato, che ha pagato l’impianto fornito dalle imprese. Un surplus attorno al 50% che torna alle casse pubbliche. Un miliardo investito nel fotovoltaico ne genera più di nove, soprattutto in alcune regioni, come quelle meridionali”.
Per accelerare la diffusione delle tecnologie energetiche rinnovabili e pulite e quindi decarbonizzare pi+ rapidamente il Paese, ha infine precisato Trevisi, “si potrebbero prendere i tetti in affitto o in comodato, o con sconti in bolletta ai proprietari, dove installare nuovi pannelli per solarizzare i tetti cittadini, di famiglie e imprese, senza contare gli edifici pubblici. Noi dobbiamo agire in città, fermando l’inquinamento. Sfruttando una giusta fiscalità ambientale. La stessa ombra del fotovoltaico può rappresentare un valore urbano di sostenibilità per ridurre l’isola di calore, attraverso un tipo di arredo urbano specifico. Anche l’eolico può dare il suo contributo, ma dobbiamo aumentare a 5 MW, puntando su pochi e grossi impianti, piuttosto che una selva di piccole pale eoliche. Al momento, stiamo ancora aspettando i decreti attuativi del ministero dell’Ambiente, fermi al palo da troppo tempo. Essi saranno chiamati a definire le tariffe incentivanti e dovranno fornire un quadro normativo completo e definitivo cui fare riferimento. Solo così potremo vedere nascere Comunità energetiche lungo tutto lo Stivale”.