Ancora molto spesso, nella confusione-fake delle varie considerazioni sul digitale, sembriamo dimenticare che per azionare i dispositivi tecnologici occorre che ci sia una mente in grado di dare l’avvio e che la stessa mente, anche se segue le fascinazioni degli ambienti digitali, è in grado di orientare le scelte che si fanno nel momento in cui si inizia l’esplorazione-sperimentazione.
E questo vale ancora di più per le attività diciamo “futili” che il web propone, rappresentate dal gioco e dall’intrattenimento relazionale. Un on mentale che occorre tener presente se non si vuole correre il rischio di arrivare a difficoltà ad azionare quell’ off che ci garantisce equilibrio e resilienza nell’abbandonare lo schermo.
Sembra ovvio, semplice, lineare nella considerazione fattuale di un on-off, di un enter e un exit fattuale che rassicura e non spaventa nella sua espressione comportamentale. Ma, come sempre, di fronte alla semplicità di azioni intuitive e dirette c’è il ma della mente che nell’utilizzo dei device esplicita quelle che sono le sue motivazioni interne, pre-determinate e onnicomprensive per tutti gli utenti nell’ingresso, ma diversamente strutturate nell’uscita. A tutti piace distrarsi, ma non tutti si perdono nella distrazione assentandosi da momenti di vita reale. Siamo nati per essere in relazione e comunichiamo anche attraverso i social ma non tutti vivono le relazioni nel digitale senza connettersi realmente.
Le leve di attivazione sono pre-determinate ma la sperimentazione porta ad azionare leve interne che fanno parte del singolo e non possono essere generalizzate se non nel risultato finale di deviazione della norma che porta ad utilizzare il digitale come un rifugio della mente.
L’ovvietà di questa considerazione viene sostanziata dal fatto che molte delle menti che hanno contribuito a definire le vie maestre del villaggio globale conoscevano bene i meccanismi d’azione motivazionali in relazione alla disciplina che ne regola il suo flusso direttivo: la psicologia.
I device sono strumenti ideati dall’uomo, a servizio dell’uomo e in cui l’uomo rischia di farsi male se le condotte di fruizione sono sbagliate. Nel ricordarci che il comportamento umano è azionato dalle spinte motivazionali che sono state ampiamente studiate da menti illustri che si sono interrogate sul perché di determinate azioni a partire dall’uomo adulto (Freud in primis) per arrivare, in ritardo a considerare il bambino come mente agente e pensante sin dalla tenera età, la psicologia come disciplina scientifica entra con il digitale nelle nostre case e ci permette di comprendere le deviazioni da un benessere digitale ancora poco considerato.
Le applicazioni digitali si sono conformate, spesso direttamente a partire dalla genesi applicativa di determinate invenzioni creative, altre indirettamente, sulle leve motivazionali che orientano il desiderio e la ricerca di essere in relazione, di competere, di divertirsi e intrattenersi.
Primo fra tutti Mark Zuckerberg che ha fatto della riproposizione del condizionamento operante di Skinner la leva dominante della piacevolezza di Facebook, nonché della spinta primaria dell’essere umano che è quella di socializzare e stare in contatto con gli altri esseri umani. Baluardo di onnipresente contatto con l’altro che nel momento in cui non viene sostanziato da comportamenti di appartenenza concreta può generare squilibri e tensioni che trasformano l’iniziale facilitatore relazionale a veicolo di esclusione, derisione o fuga dalla realtà con i nessi causali che ciò comporta.
Circuito della ricompensa ripercorso nella spinta a divertirsi, nel gioco, che ha contribuito al successo epidemico di Fortnite in cui dietro alle azioni dei personaggi c’è una mente operativa, quella della psicologa Julia Odent, che conosce i meccanismi d’azione avendone lei stessa usufruito sin da piccola con i suoi genitori. Traiettoria educativa sana che le ha permesso di ideare e riproporre un circuito esperienziale che ha bisogno di essere compreso e scoperto per non evitare il rischio di rimanerci intrappolati. Loots boots scrigni magici che ricalcano la curiosità del bambino, la voglia di imitare e divertirsi prendendosi gioco dei personaggi come nel balletto di marshmello di Fortnite.
Si gioca, si vince, e si è consapevoli che si sta giocando: e allora che bene venga il balletto.
Si gioca, si vince, si dipende, e non si è consapevoli di isolarsi: e allora che ben venga l’attenzione alla mente!
Serve, e credetemi, serve un Mindbook per orientare e strutturare interni che tengono la mente ben salda di fronte al flusso digitale che avanza imperioso nella considerazione/monito generale che è sempre la mente ad orientare non lo strumento.