In Germania, Francia e Stati Uniti il 25% della forza lavoro avrà più di 55 anni entro il 2030. Il 38% in Giappone e il 32% in Italia
Il mondo del lavoro è in subbuglio, almeno nei Paesi cosiddetti occidentali, più in generale nelle economie avanzate. Dopo la pandemia da Covid-19 sono stati diversi i cambiamenti avvenuti, dal lavoro da remoto al fenomeno delle grandi dimissioni, dalla mancanza di competenze al rapporto difficile con l’economia dei software, l’automazione e il mondo dell’intelligenza artificiale.
Secondo un nuovo studio di Bain & Company, realizzato da James Root, Andrew Schwedel, Mike Haslett e Nicole Bit, entro il 2030 saranno circa 150 milioni i nuovi posti di lavoro occupati da personale con un’età maggiore di 55 anni.
La variabile demografica sembra iniziare ad incidere in profondità nel tessuto sociale, imprenditoriale e lavorativo. In Canada, Germania, Regno Unito, Giappone, Stati Uniti, Francia e Italia, si stima che i lavoratori più anziani rappresenteranno circa il 25% della forza lavoro nazionale.
In particolare, il dato giapponese arriverà al 38% della forza lavoro e l’Italia potrebbe registrare un 32% di forza lavoro con più di 55 anni entro la fine del decennio.
Gli anni della pensione si spostano sempre più in avanti
Nascono meno figli, si formano meno famiglie, l’età dell’istruzione e della formazione si allunga, di conseguenza si entra nel mondo del lavoro ad un’età più avanzata rispetto al passato. Tutti fattori che stanno favorendo uno slittamento in avanti anche dell’età pensionabile
Nel Regno Unito uomini e donne vanno in pensione a 66 anni e si pensa già di avvicinarsi ai 70 anni di età. In Giappone il Governo ha chiesto alle imprese di licenziare gli over 55 e di riassumerli subito dopo con contratti ridotti.
In Europa i lavoratori di età superiore a 55 anni sono praticamente raddoppiati negli ultimi 20 anni, passando 10.6% del 2001 al 20,7% del 2021. Contestualmente, i lavoratori con età uguale o inferiore a 24 anni sono passati dal 12,3% all’8,7%.
Entro il 2031, i lavoratori giapponesi di età pari o superiore a 55 anni si avvicineranno al 40% della forza lavoro. Secondo Gallup, il 41% dei lavoratori americani prevede di lavorare oltre i 65 anni.
Scenari inimmaginabili, fino a qualche anno fa, che ora iniziano a concretizzarsi e certamente pongono dei quesiti chiave alle imprese: come integrare i lavoratori in età avanzata nel ciclo lavorativo/produttivo?
In un sondaggio globale sui datori di lavoro del 2020, l’AARP ha rilevato che meno del 4% delle aziende era già impegnato in tali programmi di formazione dedicata, con solo un 27% che affermava di essere “molto propenso” ad esplorare questa strada in futuro.
Come spesso si dice, però, il futuro è adesso.
I tre fattori chiave per integrare in azienda personale in età avanzata
I ricercatori hanno suggerito una strategia di base a cui le aziende possono ispirarsi per affrontare quello che al momento sembra un problema, ma che forse in futuro, se ben gestito, potrebbe anche rivelarsi un’opportunità.
Per integrare al meglio questa nuova fascia di lavoratori di fine decennio, si potrebbe agire su tre fattori chiave:
- trattenere a assumere/riassumere lavoratori over 55, ma “comprendendo bene cosa li spinge a lavorare e cosa li motiva di più;
- riqualificare in maniera ragionata la forza lavoro più avanzata con l’età, soprattutto in termini di competenze ICT e digitali;
- individuare e sfruttare i punti di forza di queste persone, cioè quello che sanno fare meglio.
Certo, non è possibile immaginare una forza lavoro di oltre 55 anni di età in occupazioni logoranti, o che necessitano di forza fisica e capacità di sopportazione di alti livelli di stress mentale, ma la tecnologia oggi ci offre numerose possibilità di impiego.
Secondo lo studio, ci sono già molti esempi in tal senso. Mitsubishi ha creato un Career Design Center esclusivamente per i dipendenti di età pari o superiore a 60 anni, offrendo formazione personalizzata e servizi di consulenza individuale per i lavoratori anziani.
Tokyo Gas ha il suo Grand Career System con obiettivi simili, per tutti i dipendenti con più di 50 anni. Il programma fornisce supporto per lo sviluppo della carriera, attraverso formazione e mentoring individuale.
La barriera della formazione, la centralità delle competenze per tornare a lavoro
Una delle principali barriere all’ingresso del mondo del lavoro di persone con età uguale o superiore a 55 anni è la mancanza di preparazione mentale e culturale. Solo il 3% considera fondamentale formarsi maggiormente al nuovo impiego.
Il 30% ha affermato di non avere necessità di aderire ad un programma di formazione per apprendere competenze tecnologiche adeguate al profilo professionale richiesto.
Per ovviare a questo problema, già oggi negli Stati Uniti si offre formazione adeguata al 50% dei lavoratori over 55.
Tutto sta a premiare il lavoratore con 60 anni di età, semplicemente con una giusta retribuzione, magari adeguata ad un orario ridotto rispetto al tempo pieno di oggi, e un supporto formativo soprattutto in relazione alle competenze tecnologiche, senza le quali queste tendenze non troverebbero modo di realizzarsi.
Il National Institutes of Health negli Stati Uniti recluta attivamente persone in cerca di una seconda carriera, spesso ex militari ed ex accademici. Nel 2013, quasi la metà della forza lavoro del NIH aveva più di 50 anni e i lavoratori più anziani affermano di sentirsi soddisfatti del proprio impiego. Il NIH è stato riconosciuto come uno dei posti migliori per i lavoratori più anziani per le politiche di lavoro flessibili, le opportunità di fare da mentore ai colleghi più giovani e l’accesso ai programmi sanitari.